A quale paese appartiene questo boom dell'export?

Uno stato sudamericano, africano o della lontana Oceania?

A quale paese appartiene questo boom dell'export?

Per scoprire l'arcano occorre fare un passo indietro. Se vi chiedessimo quali sono i frutti con i trend di crescita più significativi dell’export italiano negli ultimi 10 anni, probabilmente pensereste a prodotti come le mele, kiwi e uva da tavola, per la loro rilevanza, oppure a frutti estivi con buone dinamiche come angurie e meloni. Ci dispiace deludervi, ma sareste fuori strada, anzi, saremmo perché, quando abbiamo letto “Il manuale delle statistiche europee” redatto dal team di Fruit Logistica in collaborazione con Fruitnet, non credevamo ai nostri occhi, tanto da ricontrollare noi stessi i dati (che sono, ovviamente, corretti).
Infatti, al primo posto svetta l’avocado con 15 punti di crescita a volume dal 2012 al 2021 e, sullo stesso piano, troviamo mirtilli e lime. La top 5 è chiusa da mango (+13%) e dai lamponi (+12%).
Oggettivamente, un paniere di 5 prodotti difficilmente prevedibile, ma non giungiamo a conclusioni affrettate. Chiaramente l’Italia non è diventata tutto d’un tratto un produttore importante di frutta esotica come avocado, mango e lime e, parimenti, non siamo così rilevanti a livello produttivo nel settore dei piccoli frutti. 

Difatti, la top 5 dei frutti italiani più venduti all’estero è in linea con le nostre aspettative: mele, uva da tavola, angurie, kiwi e pesche/nettarine.
Evidentemente è facile registrare incrementi considerevoli quando i volumi di partenza sono limitati; però, allo stesso tempo, il trend in atto fornisce alcuni elementi da approfondire. In prima battuta, le aziende italiane sul prodotto esotico sono agguerrite e, oltre a cavalcare l’onda della crescita tumultuosa di un prodotto come l’avocado, stanno consolidando l’export di un prodotto “basico” come la banana, che è il sesto frutto più esportato grazie alle 100 mila tonnellate commercializzate nel 2022 (anche se costituite prevalentemente da riesportazioni), con una crescita del 25% in 4 anni, che gli ha permesso di sorpassare le arance.

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Inoltre, non dimentichiamo come effettivamente a livello produttivo, complice anche l’innalzamento delle temperature, le superfici destinate alla frutta esotica siano in continua espansione, soprattutto nelle aree del Sud Italia. Quindi, è in atto una “tropicalizzazione” della filiera ortofrutticola italiana che vede gli esportatori già pronti a questo cambio di paradigma.

Discorso analogo per i frutti di bosco: le esportazioni in crescita seguono di pari passo lo sviluppo a livello produttivo lungo la penisola, in particolare modo per mirtillo e lampone
Tuttavia, c’è un “problema” che si chiama Spagna. Il Paese iberico sta anch’esso crescendo su queste categorie con gli stessi ritmi dell’Italia, ma sappiamo bene che i volumi che può esprimere sono nettamente superiori ai nostri. Nel caso dell’avocado, la banca dati della FAO nemmeno registra una produzione italiane fino all’anno 2022, a fronte delle 100 mila tonnellate spagnole; nei mirtilli, invece, il Belpaese si posiziona fra le 7-9 mila tonnellate annue e la Spagna fra le 50 e 70 mila tonnellate. Sostanzialmente non c’è partita, così come, a parti inverse, gli spagnoli non toccano palla su mele, kiwi e uva da tavola. Rimanendo in ambito sportivo, è giusto seguire i nuovi trend ma al contempo non scordiamoci i “fondamentali”.(gc)

Ha collaborato Alberto Biffi

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