Caos shipping: prezzi boom, frutta a terra

Mancano container, traffici in calo dopo 10 anni. E la Cina gioca sporca

Caos shipping: prezzi boom, frutta a terra
Tra rincari e ritardi, la situazione dello shipping è sempre più complessa. Anche per l'ortofrutta. "Ogni settimana rimane a terra merce per la mancanza di spazio sulle navi, la carenza di container o il ritardo dell'arrivo delle navi stesse", fa presente Riccardo Martini di Dcs Tramaco. Esportare e importare è diventato complicato e a volte i carichi di freschi devono restare in "sosta" nelle celle frigorifere per giorni.

Le portacontainer, stracolme, rimangono bloccate nel traffico nei porti e ciò sta soffocando l'economia. I contenitori in ritardo sono diventati sia un sintomo che un contributo ai problemi della catena di approvvigionamento globale.

L'aumento della domanda si incrocia infatti con la mancanza di cargo e contenitori che ha determinato una corsa dei prezzi di cui non si intravvede la fine. Da Hapag Lloyd riferiscono come le tariffe siano passate da 1.500 dollari (circa 1.330 euro) per un container da 20 piedi (6 metri) e 2.800 dollari (circa 2.500) per uno da 40 piedi (12 metri) alla fine del 2019 fino a, rispettivamente 3.000 e 5.800 dollari nel 2020 per decollare, in questo 2021 fino a circa 4.000 e 6.400, dollari. Ma in certi casi si arriva anche a 16.000 dollari (oltre 14mila euro).



"Dall’inizio del 2021 - aveva spiegato nelle scorse settimane Martini in un webinar Cso sui rincari delle materie prime  - si è verificata una fortissima ripresa mondiale, con la conseguenza di una crescita esponenziale di container sulle principali rotte dall’Asia agli Usa e dall’Asia all’Europa. Il traffico è sbilanciato per il ritardo della ripresa della produzione industriale di alcune nazioni degli Usa e dell’Europa e si riscontra un accumulo enorme di container vuoti in Nord America ed Europa che non torna in Far East. Il blocco del canale di Suez prima e il successivo lockdown nel principale porto cinese di Yantian, che prevedeva 16 giorni di attesa per l’entrata, hanno peggiorato la situazione. Oggi ci sono ritardi nei principali porti mondiali del mondo che alterano la regolarità dei servizi marittimi". 

"Porti e terminal sono congestionati ovunque - fa presente Paolo Caneva, branch manager dalla filiale di Verona della Savino Del Bene - nella costa occidentale Usa le navi restano in attesa per settimane prima di attraccare, caricare e scaricare: nei porti Californiani la coda è arrivata a un centinaio di navi".

Lo scorso anno peraltro, per la prima volta dal 2010, la movimentazione di container è calata: il traffico mondiale - ha reso noto nei giorni scorsi la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo - non è andato oltre 815,6 milioni di teu, con una flessione dell'1,2% rispetto a 825,3 milioni di teu nel 2019.



A totalizzare le più rilevanti riduzioni dei volumi di traffico container dai porti nazionali sono stati Regno Unito con 8,7 milioni di teu (-15%), Filippine con 7,5 milioni di teu (-14,9%), Francia con 5,1 milioni di teu (-13,0%), Sud Africa con 4,0 milioni di teu (-12,3%), Canada con 6,2 milioni di teu (-10,2%), Messico con 6,4 milioni di teu (-9,2%) e Germania con 18,0 milioni di teu (-8%). L'Italia, con 9,8 milioni di teu movimentati, ha fatto registrare un calo del 3,2%.

La Cina, il più grande produttore mondiale di container marittimi, sta cercando di recuperare terreno: solo a settembre le aziende locali hanno prodotto 300.000 container secondo quanto riportato dalla Reuters. Ma se da un lato cerca di contribuire alla crisi, dall'altra per certi versi l'alimenta: dalla fine di ottobre le portacontainer in acque cinesi sono praticamente scomparse dagli schermi dei global trackers, utili per regolare il traffico e gli smistamenti. I segnali inviati sono scesi da 15 milioni al giorno a solo un milione. 



L’Automatic Identification System permette di inviare dati sulla posizione, la rotta e la velocità ed è diventato uno strumento utile a migliorare le "supply chain", segnalando il traffico in prossimità dei porti e i tempi di attesa per l’attracco e le operazioni di carico e scarico dei container. Ora però, le navi in acque cinesi sono invisibili sull’Ais, che nella seconda economia del mondo ha praticamente smesso di funzionare. 

Va detto che il primo novembre a Pechino è entrata in vigore la legge sulla protezione delle informazioni personali: le società che gestiscono dati non possono trasferirli fuori dal territorio cinese prima del benestare del governo. E anche se nella normativa non viene citato il traffico navale, lo spegnimento dei segnali potrebbe essere collegato a questo provvedimento legislativo. Un ulteriore motivo d'incertezza e preoccupazione: non ci voleva.

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