«Disastro meloni e angurie: ora basta!»

Francescon: prezzi bassi e invenduto, produrremo meno e solo con accordi certi

«Disastro meloni e angurie: ora basta!»
"Meloni e angurie hanno toccato il fondo, è stata una stagione disastrosa. Ripenseremo gli investimenti, l'impostazione aziendale e cambieremo modo di lavorare perché non è possibile operare nella più totale incertezza, senza rispetto della programmazione e degli accordi": non usa mezzi termini Bruno Francescon, presidente dell'omonima Op riferimento nella produzione delle due referenze.


C'è merce rimasta sul campo e altra venduta sotto i costi di produzione a reclamare una presa di posizione netta di uno dei big del comparto: "Per quanto riguarda il melone, solo in questi giorni c'è una piccola ripresa delle quotazioni legata allo stop dei raccolti nelle principali aree nazionali ed estere; un breve e tardivo ritorno all'equilibrio tra domanda e offerta che non servirà a far quadrare i bilanci dopo settimane in cui si è venduto sottocosto, con poco export, con il mercato interno che ha tenuto ma avaro di soddisfazioni in termini di remunerazione nonostante la qualità generalmente molto elevata".

"Una delle più brutte annate che ricordi - incalza Francescon - e, in generale, un consuntivo estremamente negativo per il melone italiano, che ha spuntato quotazioni di circa 20-30 centesimi il chilo inferiori a quello del 2020 e costi di produzione in costante e rilevante aumento per il boom delle materie prime"



E' andata ancora peggio alle angurie: "Un'estate catastrofica - dice tranchant l'imprenditore mantovano - con tanto prodotto invenduto o commercializzato male, a pochi centesimi. Solo Perla Nera ha performato in modo discreto. Ma non basta. Si parla tanto di sostenibilità ma quella economica va messa al primo posto, altrimenti il sistema non regge. Per cui le cose cambieranno: dal prossimo anno rivedremo l'organizzazione, produrremo meno e solo sulla base di contratti vincolanti o quanto meno accordi che tengano conto anche dell’aleatorietà del mercato. Perché è assurdo coltivare con tanta professionalità e programmazione senza sapere però quanto e come si venderà, con molti distributori che pretendono di operare solo sul brevissimo periodo, magari chiedendo al fornitore di fare da tappabuchi quando esauriscono il prodotto. Così non può più funzionare. Ne va della, appunto, tanto decantata sostenibilità della filiera. Ed è un fatto anche etico".



Una presa di posizione netta quella di Francescon: "Come Op non abbiamo paura di ridurre drasticamente le superfici; le nostre aziende sono sane, possono sostenere progetti non improntati sulla quantità in cambio di una programmazione reale, di progetti e di una serenità che oggi manca. E' arrivato il momento di cambiare musica".

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