Attualità
«Prezzi stracciati? E' vergognoso ingannare i consumatori»
Roberto Piazza: il sottocosto nel cibo è una «pandemia» che farà chiudere non poche imprese
Dopo i risultati del nostro sondaggio sui consumatori dedicato al sottocosto delle fragole Eurospin (clicca qui per leggere l'articolo), e l'editoriale scritto da Roberto Della Casa (clicca qui), il lettore di Italiafruit News Roberto Piazza, accademico ordinario dell'Accademia Nazionale di Agricoltura, già direttore di Fedagro Acmo Mercati Bologna, ci ha inviato una lettera per ragionare sull'impatto che la pratica delle offerte sottocosto può generare su consumatori ed aziende agricole.
E’ vergognoso attrarre la clientela ingannandola con prezzi stracciati riferiti ai prodotti agroalimentari, in particolare frutta e ortaggi.
E’ un pensiero generalizzato ritenere che la comunicazione e la pubblicità, effettuata da importanti e potenti società o cooperative che si occupano della distribuzione finale (sia di beni alimentari che di prodotti industriali), sia il frutto di chissà quali algoritmi o di chissà quali strategie commerciali. Le stesse che appaiono volte all’interesse di chi compera, e ad un maggiore interesse se si compra di più. Penso sia venuto il momento di correggere il nostro pensiero, e di fermarsi qualche secondo con un atteggiamento mentale un po’ più critico verso offerte che, sempre più spesso, assomigliano al lancio dell’esperto pescatore, che con una ben studiata esca ricopre il lamo a cui si impiglieranno non pochi “pesci consumatori”, naviganti in quel fiume o laghetto attrezzato per la “pesca sportiva” (super o ipermercato).
Ma non solo esche per consumatori distratti. Da qualche anno a questa parte fra le comunicazioni più inverosimili che la televisione ci propina, ci sono quelle relative ai consumi alimentari per i nostri amici a quattro zampe: cani e gatti. Quella che mi rende più perplesso, è l’invito ad alimentare “il tuo gatto sterilizzato” con un certo prodotto. Il messaggio è chiaro: “se lo ami proprio, dagli da mangiare ciò”. Ma, mi chiedo: è vero amore averlo sterilizzato? Il gatto sarà stato contento di avere subito questo abuso? Ma poi, cosa penserà nel momento in cui lo obbligheranno a cibarsi con prodotti a base di mirtillo al fine di proteggere, come dice lo spot, le sue vie urinarie? Anche per i cani non si risparmiano costosi annunci, come non si trattasse di animali, ma di buoni parenti prossimi (non parenti serpenti).
Roberto Piazza
Sul latte e sui suoi derivati, più che gli spot invitanti al consumo, osserviamo la giungla dei prezzi. In questi giorni, inizio marzo 2021, abbiamo visto anche un’offerta di “latte parzialmente scremato derivante da pascoli italiani a 0,59 euro/litro”. Sempre presso la Gdo, per il latte a lunga conservazione, intero, parzialmente o totalmente scremato, pastorizzato o fresco, ma anche senza lattosio, i prezzi oscillano fra 0,80 e 1,75 euro/litro. E allora, sul prezzo finale, che effetto si avrebbe se l’industria pagasse alla stalla (al produttore) un prezzo medio di 0,50 euro/litro anziché di 0,35 euro/litro come avviene ora? Non cambierebbe nulla sul prezzo del burro, delle mozzarelle, dei formaggi teneri o duri, delle sottilette o di ogni altro derivato ricco o povero. Cambierebbe però una cosa: migliorerebbe il misero reddito degli allevatori che, con pochi centesimi in più, potrebbero pagare meglio il loro lavoro e quello dei collaboratori, oltre a fare stare meglio le lattifere. Per le quali si parla giustamente, ma sempre più insistentemente, di “benessere e qualità della vita”.
Stessa considerazione va fatta per il prezzo del grano duro destinato all’industria della pasta: alla produzione è pagato da 0,25 a 0,30 euro/kg, con questa materia prima la resa in pasta è grossomodo di 1 a 1. E allora, perché non pagare al produttore 0,5 euro/kg, quando il prezzo medio della pasta si aggira attorno a 1,50 euro/kg, con una oscillazione che va da 1,20 a 1,90 euro/kg?
Ma un saggio diceva che “al peggio non c’è mai fine”. E il peggio lo troviamo proprio con l'offerta shock sulle fragole di cui avete scritto: una confezione da 500 grammi a 1,29 euro (2,58 euro/kg)! Meno di quanto pagato al magazzino di confezionamento sito nel Metapontino. Cosa penserà il consumatore medio o l’ingegnere informatico, giocoforza inesperto di costi di produzione e di logistica dell’ortofrutta, quando dopo tre o quattro giorni si troverà di fronte a confezioni di fragole proposte a 5-6 euro/kg? Riuscirà a stabilire la differenza di qualità, o penserà di essere stato truffato nel secondo acquisto?
E che dire dei kiwi propagandati al consumatore a 1,89 euro/chilo, quando in natura, nei bins e nelle pezzature 70+, franco magazzino di confezionamento, sono pagati da 1,22 a 1,27 euro/chilo? Terminiamo questa pur breve carrellata di “malo commercio” con la proposta di un’altra sigla della Gdo, che offre la confezione di 1,5 chili di arance Tarocco a 1,29 euro (in pratica a 0,86 euro/kg), prezzo che potrebbe rappresentare quello relativo a un calibro medio-piccolo (7/8) in franco partenza da un magazzino di Lentini (Catania), a mille chilometri dai mercati di Verona o Milano.
Lascio ai lettori di Italiafruit News le considerazioni che, senza alcun dubbio, porteranno “l’amaro in bocca” e non avranno la forza di interrompere una tale “pandemia”. Che, seppure non farà morti, se continuerà farà chiudere non poche imprese di gente che oltre a sacrificare quotidianamente la schiena (la terra è sempre bassa!) si impegna a fare qualità, tracciabilità, sanità, bontà e bellezza: si può fare di più?