Frutta tropicale, lo stato dell'arte nel mondo

Il resoconto della seconda edizione del Tropical Fruit Congress

Frutta tropicale, lo stato dell'arte nel mondo
Sempre più spesso l’ananas rappresenta una scelta salutare e veloce per i nostri snack giornalieri. Ma quanto conosciamo questo frutto a polpa gialla di provenienza tropicale? Se ne è parlato ieri alla seconda giornata del Tropical Fruit Congress al Macfrut, con testimonianze da tutto il mondo.

“L’ananas è il secondo frutto tropicale più importante dopo la banana – ha detto Pierre Escodo di Eurofresh Distribution – Nel 2018 il 50% delle esportazioni mondiali di ananas sono partite dalla Costa Rica con 8 milioni di tonnellate di volumi mentre nel secondo gradino del podio per esportazioni si collocano le Filippine. Gli importatori più rilevanti sono gli Stati Uniti, mentre in Europa primeggia l’Olanda quale maggiore importatore con 318mila tonnellate, il 77% delle quali viene poi nuovamente esportato. Il terzo mercato ricevente più importante è invece rappresentato dalla Cina (185 mila tonnellate), ma anche il ritorno della Russia segna numeri importanti, con importazioni cresciute del 16% solo lo scorso anno. E’ giunto il momento di sostenere la crescita a lungo termine di questo mercato, puntando su nuove varietà come il baby ananas, tenendo conto dei nuovi attori che entrano sul mercato come la Cina, l’Ecuador e l’Africa, semplificando il processo di consumo del prodotto e il segmento del fresco. Solo combinando questi fattori, nel futuro a medio termine potremo avere un grande potenziale di crescita per l’ananas”.

A testimoniare il forte legame che lega la produzione di ananas alla Costa Rica è stata l’azienda Upala Agricola: “In Costa Rica il 35% delle esportazioni agricole è rappresentato dall’ananas inviato negli Stati Uniti, seguono poi Europa e molto lentamente anche il mercato cinese. Se vogliamo crescere in futuro, dobbiamo continuare a migliorare il prodotto per ottenere un volume di vendita più ampio, oltre a risolvere le problematiche di logistica con l’Asia e in Medio Oriente. Tra le nuove sfide di cui tener conto c’è sicuramente anche l’adozione di una produzione biologica”. 

Arriva invece dalle Filippine la realtà di S&W Fine food international che ha classificato le isole come il secondo produttore di ananas al mondo: “Consapevoli delle nuove richieste dei consumatori, già tre anni fa abbiamo iniziato a commercializzare l’ananas tagliato in tranci o bastoncini e surgelato, un prodotto rivoluzionario che mantiene il tipico gusto dolce e le stesse proprietà nutritive del frutto fresco”. 

A puntare su una maggiore qualità e trasparenza nel comunicare l’ananas è stata l’azienda italiana Dole, che da qualche anno ha sviluppato la piattaforma online Dole Earth: “Con il nostro sito vogliamo rendere protagonista il consumatore che, inserendo il codice a cinque cifre che trova direttamente sul frutto, può identificare la piantagione esatta in cui l’ananas è stata prodotto. Allo stesso tempo, crediamo molto nell’educazione alimentare per i consumatori e nel sostegno a un corretto stile di vita: per questo abbiamo sviluppato i nostri messaggi 100% natural snacking con cui identifichiamo l’ananas come snack perfetto da consumare in ogni momento della giornata”.



Il produttore di prodotti freschi Robinson Fresh ha invece proposto un ragionamento sull’andamento generale dei mercati: “La produzione mondiale di ananas sta aumentando ma cambiano le modalità di consumo: in generale c’è un aumento di consumo di prodotto già pronto e il mercato deve adattarsi giocando su creatività e nuove soluzioni di packaging. In alcuni Paesi questo meccanismo funziona già; ad esempio negli Stati Uniti il 54% dei consumatori è disposto a pagare di più pur di avere un prodotto già pronto al consumo”.

Una testimonianza del tutto italiana è arrivata da Alessandro Dal Bello, vicepresidente di Sife, azienda di vendita all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli che vede il suo core business nel commercio di banane e ananas dalla Costa Rica: “Anziché giocare sul prezzo, per incrementare il consumo di ananas dobbiamo puntare sulla trasformazione del prodotto, interrogandoci allo stesso tempo sulla sostenibilità dei packaging utilizzati. Qualsiasi nostra politica deve sganciarsi dalle decisioni della grande distribuzione: solo in questo modo riusciremo a spalmare i guadagni su tutta la filiera”. A confermare i nuovi trend di consumo dell’ananas è stato anche il leader mondiale nelle ricerche sul mercato Kantar che ha spiegato “In linea con la tendenza a scegliere prodotti sempre più facili da consumare, allo stesso modo l’ananas già pronto rientra tra le alternative più importanti rispetto ai classici snack”. 

La prima giornata 
Nel corso della giornata di mercoledì, la prima del Tropical Fruit Congress, si è parlato di consumi di ortofrutta tropicale nell'Ue. Daria Lodi del Centro Servizi Ortofrutticolo (Cso Italy) ha fatto il punto della situazione. “Dal 2013 al 2017 il consumo di ananas, lime, papaya e passion fruit è cresciuto di 7 milioni di tonnellate mentre solo nel 2018 si è registrata una crescita del 16% che ha permesso di oltrepassare gli 8 milioni di tonnellate. Dal 2009 al 2018 i Paesi che hanno maggiormente acquistato frutta esotica sono stati Regno Unito (+27% rispetto 2009), Germania (+19% vs 2009) e Italia (+25% vs 2009); seguiti da Francia (+73% vs. 2009) e Polonia (+53% vs. 2009). Secondo i consumi del 2018, sul podio dei frutti esotici troviamo la banana (71%), seguita da ananas (11%), avocado (6%), mango (4%) e platano (3%). In Italia nel 2018 il consumo domestico di frutta tropicale è stato pari al 12% su tutta la frutta consumata: per la maggior parte gli italiani hanno preferito acquistare banane (77%), oltre a ananas (16%), mango (1%) e altri frutti (6%). Se messe insieme queste specie, spesso dal basso impatto sul mercato se considerate singolarmente, non possono essere sottovalutate: la popolazione è infatti curiosa di provarle e l’appeal sul consumatore rimane elevato”.

Un focus sulla papaya è stato proposto dalla ditta brasiliana Caliman Agricola: “Da oltre 40 anni esportiamo papaya negli Stati Uniti e in Europa nelle varietà Sunrise Solo, Golden Solo e Formosa, ma ricordiamo che su 1.400.000 tonnellate di frutti prodotti, solo il 3% viene esportato perché il Brasile ha un fortissimo mercato interno. Nonostante questi numeri, le esportazioni crescono ogni anno di circa il 10%: nel 2018 abbiamo esportato 42 mila tonnellate di papaya per un totale di 58 milioni di dollari. Urge specializzare la nostra produzione anche se a volte non riusciamo ad usare tutto quello che produciamo. Seguendo quest’ottica, abbiamo progettato due sementi di papaya ibrida, Calimosa e Vitória, per ottenere un frutto meno sensibile alle malattie e dalla shelf-life più lunga”.



A parlare di lime è invece intervenuto Andreas Schindler di Don Limón “Il lime viene prodotto in Messico da piccoli agricoltori ed è molto difficile esportarlo. Nella maggior parte dei casi i piccoli produttori non hanno abbastanza spazio per produrre tutto ciò di cui hanno bisogno. In secondo luogo il lime è un prodotto molto delicato e ogni frutto va controllato quotidianamente sia per evitare furti che eventuali danni, infine il prodotto va confezionato manualmente. C’è bisogno di creare una squadra in grado di capire le necessità di questi piccoli produttori, che hanno una mentalità molto chiusa. Infine, si deve cercare di piazzare il prodotto sul mercato e, allo stesso tempo, raggiungere la migliore qualità possibile”.

Odilo Duarte ha invece fatto il punto sul frutto della passione “che può essere di due tipi: il giallo è generalmente destinato all’industria per la trasformazione mentre il viola si utilizza nei consumi domestici. Nonostante sia una pianta molto difficile da coltivare, considerate le tecniche di impollinazione e irrigazione, ha elevati valori nutrizionali e contiene acidi, vitamina C e vitamina A ed è ampiamente utilizzata in ambito medico contro insonnia ed asma”.

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