Attualità
Agrion: la moria del kiwi non fa più paura
Presentati i risultati di due anni di prove in campo della Fondazione piemontese
La coltivazione del kiwi ha ancora un futuro in Piemonte. Dopo due anni di prove - condotte dalla Fondazione Agrion nell’ambito del Progetto Kimor, finanziato dalla Regione - sono stati individuati gli accorgimenti chiave che permetteranno di contrastare la moria del kiwi, un fenomeno in ampia diffusione.
L’importante sarà applicare scrupolosamente le corrette pratiche agronomiche nella fase preparatoria dell’impianto e fare in modo che l’irrigazione sia gestita sulla base dell’effettivo fabbisogno idrico del terreno.
I risultati della sperimentazione, condotta nel campo sperimentale di Saluzzo (Cuneo), sono stati presentati recentemente davanti a un centinaio di persone tra tecnici e produttori.
“L’affluenza superiore alle attese conferma la grande attenzione al tema – ha commentato il presidente di Agrion, Giacomo Ballari - Attenzione comprensibile, visto che quest’anno il fenomeno si è manifestato con una gravità superiore agli anni precedenti. Il campo prova di Saluzzo serve proprio per cercare di comprendere meglio il fenomeno e indentificare le possibili soluzioni al problema”.
Tre i punti fondamentali approfonditi durante la giornata: preparazione del terreno, impiego di portinnesti idonei e regimazione irrigua.
Corretta preparazione del terreno all’impianto
“E’ possibile contrastare la diffusione della moria del kiwi grazie a pratiche agronomiche diverse da quelle attuali – ha detto Graziano Vittone, responsabile Area difesa frutticola di Agrion - In particolare, dove si è provveduto a effettuare un’idonea baulatura e un importante apporto di sostanza organica, le piante stanno fornendo la risposta migliore. Ma anche le piante delle altre tesi non hanno subito mortalità, a testimonianza del fatto che un’adeguata preparazione del terreno prima dell’impianto garantisce, almeno nei primi anni di vita, una sopravvivenza nemmeno sperabile nel caso di sostituzione parziale di piante”.
Chiara Morone del Servizio fitosanitario regionale ha ribadito come, tra le cause del fenomeno della moria, al momento si escludano patogeni, funghi o batteri. Resta, dunque, da approfondire l’aspetto agronomico, aggravato dai recenti cambiamenti climatici.
Impiego di idonei portinnesti
Lorenzo Berra e Davide Nari di Agrion hanno riferito come la moria possa essere controllata grazie all’utilizzo di portinnesti che garantiscano una buona adattabilità alle peculiari condizioni pedologiche che si riscontrano negli actinidieti in deperimento.
Il ritorno alla tecnica dell’innesto presenta importanti criticità, note ai tecnici e ai frutticoltori, ma vale comunque la pena sperimentare questa potenziale alternativa. I portinnesti a disposizione sono: Sav 1, semenzale di Actinidia macrosperma di origine neozelandese (Bounty 71); Selezione D1, semenzale di A. deliciosa di origine italiana e Selezione Z1, incrocio tra A. deliciosa e A. arguta. I tre materiali quest’anno sono stati inseriti in due impianti pilota colpiti da moria per potere svolgere rilievi periodici, quantificare l’accrescimento vegetativo e identificare l’eventuale comparsa di sintomi. Intanto, continuerà, l’attività di monitoraggio dello sviluppo di piante innestate su portinnesti D1 e K1 nell’impianto del Progetto Kimor realizzato nel 2017.
Regimazione irrigua per il giusto soddisfacimento del fabbisogno idrico
Il fenomeno della moria del kiwi è correlato con l’umidità del terreno e, di conseguenza, con gli apporti idrici derivanti dalle irrigazioni. Così ha detto Luca Nari di Agrion, spiegando come i sintomi da moria siano spesso confusi con quelli da stress idrico. In entrambi i casi, infatti, si osserva un appassimento dell’apparato fogliare ma la consuetudine di aumentare gli apporti idrici aggrava ulteriormente la situazione.
Nel campo sperimentale sono stati installati strumenti che rilevano in continuo l’umidità del suolo e permettono di definire il corretto fabbisogno idrico delle piante. Nei due anni di osservazione, dove era presente la baulatura, il suolo è risultato per tutta la stagione irrigua più asciutto, mentre sul piano non baulato, a parità di apporto idrico, si è evidenziato un eccesso idrico quasi in continuo.
I tensiometri, poi, hanno identificato il corretto fabbisogno idrico delle piante pilotando le irrigazioni nel modo ottimale: il volume idrico apportato da metà giugno a fine agosto è stato di 500 metri cubi per ettaro, senza superare - anche nei periodi più caldi - i 18-20 litri/pianta/giorno.
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L’importante sarà applicare scrupolosamente le corrette pratiche agronomiche nella fase preparatoria dell’impianto e fare in modo che l’irrigazione sia gestita sulla base dell’effettivo fabbisogno idrico del terreno.
I risultati della sperimentazione, condotta nel campo sperimentale di Saluzzo (Cuneo), sono stati presentati recentemente davanti a un centinaio di persone tra tecnici e produttori.
“L’affluenza superiore alle attese conferma la grande attenzione al tema – ha commentato il presidente di Agrion, Giacomo Ballari - Attenzione comprensibile, visto che quest’anno il fenomeno si è manifestato con una gravità superiore agli anni precedenti. Il campo prova di Saluzzo serve proprio per cercare di comprendere meglio il fenomeno e indentificare le possibili soluzioni al problema”.
Tre i punti fondamentali approfonditi durante la giornata: preparazione del terreno, impiego di portinnesti idonei e regimazione irrigua.
Corretta preparazione del terreno all’impianto
“E’ possibile contrastare la diffusione della moria del kiwi grazie a pratiche agronomiche diverse da quelle attuali – ha detto Graziano Vittone, responsabile Area difesa frutticola di Agrion - In particolare, dove si è provveduto a effettuare un’idonea baulatura e un importante apporto di sostanza organica, le piante stanno fornendo la risposta migliore. Ma anche le piante delle altre tesi non hanno subito mortalità, a testimonianza del fatto che un’adeguata preparazione del terreno prima dell’impianto garantisce, almeno nei primi anni di vita, una sopravvivenza nemmeno sperabile nel caso di sostituzione parziale di piante”.
Chiara Morone del Servizio fitosanitario regionale ha ribadito come, tra le cause del fenomeno della moria, al momento si escludano patogeni, funghi o batteri. Resta, dunque, da approfondire l’aspetto agronomico, aggravato dai recenti cambiamenti climatici.
Impiego di idonei portinnesti
Lorenzo Berra e Davide Nari di Agrion hanno riferito come la moria possa essere controllata grazie all’utilizzo di portinnesti che garantiscano una buona adattabilità alle peculiari condizioni pedologiche che si riscontrano negli actinidieti in deperimento.
Il ritorno alla tecnica dell’innesto presenta importanti criticità, note ai tecnici e ai frutticoltori, ma vale comunque la pena sperimentare questa potenziale alternativa. I portinnesti a disposizione sono: Sav 1, semenzale di Actinidia macrosperma di origine neozelandese (Bounty 71); Selezione D1, semenzale di A. deliciosa di origine italiana e Selezione Z1, incrocio tra A. deliciosa e A. arguta. I tre materiali quest’anno sono stati inseriti in due impianti pilota colpiti da moria per potere svolgere rilievi periodici, quantificare l’accrescimento vegetativo e identificare l’eventuale comparsa di sintomi. Intanto, continuerà, l’attività di monitoraggio dello sviluppo di piante innestate su portinnesti D1 e K1 nell’impianto del Progetto Kimor realizzato nel 2017.
Regimazione irrigua per il giusto soddisfacimento del fabbisogno idrico
Il fenomeno della moria del kiwi è correlato con l’umidità del terreno e, di conseguenza, con gli apporti idrici derivanti dalle irrigazioni. Così ha detto Luca Nari di Agrion, spiegando come i sintomi da moria siano spesso confusi con quelli da stress idrico. In entrambi i casi, infatti, si osserva un appassimento dell’apparato fogliare ma la consuetudine di aumentare gli apporti idrici aggrava ulteriormente la situazione.
Nel campo sperimentale sono stati installati strumenti che rilevano in continuo l’umidità del suolo e permettono di definire il corretto fabbisogno idrico delle piante. Nei due anni di osservazione, dove era presente la baulatura, il suolo è risultato per tutta la stagione irrigua più asciutto, mentre sul piano non baulato, a parità di apporto idrico, si è evidenziato un eccesso idrico quasi in continuo.
I tensiometri, poi, hanno identificato il corretto fabbisogno idrico delle piante pilotando le irrigazioni nel modo ottimale: il volume idrico apportato da metà giugno a fine agosto è stato di 500 metri cubi per ettaro, senza superare - anche nei periodi più caldi - i 18-20 litri/pianta/giorno.
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