Attualità
Effetto sacchetti eco-bio: sì o no?
Tra scoop a ogni costo e difesa a oltranza si è fatta tanta confusione
Capisco le logiche della comunicazione e anche quelle del business, ma quanto è stato scritto durante la scorsa settimana sugli eco-sacchetti non è stato di grande aiuto all'opinione pubblica per farsi un'idea della percezione del provvedimento entrato in vigore a inizio gennaio. Sottolineo percezione, perché altre valutazioni oggi non si possono fare e, tecnicamente, saranno di complessa realizzazione anche in prospettiva.
Proprio per verificare il percepito avevamo impostato su questo tema il sondaggio del mese di gennaio di Italiafruit News sui consumatori italiani; la ricerca ha evidenziato che una quota importante di consumatori dichiara di aver messo in atto adattamenti alle proprie abitudini d'acquisto per contrastare gli effetti di un provvedimento che i più hanno mal digerito non tanto per lo spirito, ma per le modalità applicative.
Fin qui c'è ben poco da chiarire, era facilmente prevedibile e lo avevamo già anticipato fin da ottobre (clicca qui per leggere la notizia). Si può discutere sulla percentuale di infedeltà delle dichiarazioni, ma il 44% di responsabili acquisto che evidenzia un adattamento rispetto alle abitudini consolidate, è un segno inequivocabile che, seppur piccola, questa spesa aggiuntiva non è passata inosservata. Prima di divulgare i risultati della ricerca, la cui solidità metodologica è consolidata da un orizzonte di indagine di dodici anni del Monitor Ortofrutta di Agroter, abbiamo comunque usato i nostri contatti sui tanti punti di vendita che monitoriamo, ricevendo comune conferma delle tante lamentele ricevute da parte dei clienti sul provvedimento.
Da qui l'unica solida conclusione della ricerca: i responsabili acquisto che comprano ortofrutta sfusa nei punti di vendita dove sono costretti agli eco-sacchetti a pagamento, oltre a prezzi, freschezza, gusto, ... hanno anche questa gabella quale elemento di insoddisfazione e una quota importante di questi clienti ha tentato con immediata reattività di trovare soluzioni alternative nel processo di acquisto, da cui il riferimento alla modifica delle abitudini degli italiani nel titolo dell'articolo di presentazione della ricerca (clicca qui per leggerla).
Di questo la Gdo dovrebbe tener conto per proporre ulteriori adattamenti che minimizzino il "fastidio", pena il rischio di incremento dell'insoddisfazione dei suoi clienti, la cui portata strutturale si potrà valutare solo nel medio periodo.
Analogo discorso si può fare per i canali d'acquisto. Dalle analisi del Monitor Ortofrutta di Agroter emerge infatti che, già oggi, di quel 54% di consumatori che dichiara di utilizzare il supermercato quale luogo d'acquisto principale per l'ortofrutta, più della metà usa il dettaglio tradizionale come luogo d'acquisto secondario. Se nel periodo di riferimento uno di questi consumatori è andato consciamente una volta in più dal tradizionale avrà risposto di aver privilegiato questo canale, ovviamente anche in questo caso senza che ci sia stato sulle vendite un impatto proporzionale alla quota dei dichiaranti.
Infine, ma non in ordine di importanza, che effetto hanno avuto sugli acquisti le tendenze generali dei consumi di ortofrutta, molto variabili su un orizzonte di quindici giorni in base all'andamento climatico, alla disponibilità di offerta - che condiziona i prezzi al consumo - e alla politica promozionale messa in atto nel breve periodo dai retailer?
Si può così sintetizzare che è assurdo tentare una stima dell'impatto del provvedimento sulle vendite della Gdo in questo orizzonte per l'impossibilità di isolare l'effetto delle diverse variabili, da cui la sterilità del dibattito.
L'unico tema su cui si dovrebbe concentrare l'attenzione ora è come far capire l'utilità sociale dell'iniziativa ai consumatori e adattarne l'applicazione in modo che possa essere percepita positivamente. Vista la pluralità di vedute fra gli intervistati su cosa fare non sarà affatto semplice.
Copyright 2018 Italiafruit News
Proprio per verificare il percepito avevamo impostato su questo tema il sondaggio del mese di gennaio di Italiafruit News sui consumatori italiani; la ricerca ha evidenziato che una quota importante di consumatori dichiara di aver messo in atto adattamenti alle proprie abitudini d'acquisto per contrastare gli effetti di un provvedimento che i più hanno mal digerito non tanto per lo spirito, ma per le modalità applicative.
Fin qui c'è ben poco da chiarire, era facilmente prevedibile e lo avevamo già anticipato fin da ottobre (clicca qui per leggere la notizia). Si può discutere sulla percentuale di infedeltà delle dichiarazioni, ma il 44% di responsabili acquisto che evidenzia un adattamento rispetto alle abitudini consolidate, è un segno inequivocabile che, seppur piccola, questa spesa aggiuntiva non è passata inosservata. Prima di divulgare i risultati della ricerca, la cui solidità metodologica è consolidata da un orizzonte di indagine di dodici anni del Monitor Ortofrutta di Agroter, abbiamo comunque usato i nostri contatti sui tanti punti di vendita che monitoriamo, ricevendo comune conferma delle tante lamentele ricevute da parte dei clienti sul provvedimento.
Da qui l'unica solida conclusione della ricerca: i responsabili acquisto che comprano ortofrutta sfusa nei punti di vendita dove sono costretti agli eco-sacchetti a pagamento, oltre a prezzi, freschezza, gusto, ... hanno anche questa gabella quale elemento di insoddisfazione e una quota importante di questi clienti ha tentato con immediata reattività di trovare soluzioni alternative nel processo di acquisto, da cui il riferimento alla modifica delle abitudini degli italiani nel titolo dell'articolo di presentazione della ricerca (clicca qui per leggerla).
Di questo la Gdo dovrebbe tener conto per proporre ulteriori adattamenti che minimizzino il "fastidio", pena il rischio di incremento dell'insoddisfazione dei suoi clienti, la cui portata strutturale si potrà valutare solo nel medio periodo.
Utilizzando anche i nostri dati, sulla stampa e sui social si è animato nel corso della settimana un dibattito incentrato - viceversa - sull'evoluzione quantitativa degli acquisti e dei canali d'acquisto dell'ortofrutta a seguito del provvedimento. Dibattito sterile perché il fenomeno non può essere misurato con precisione, tantomeno oggi. Risulta infatti impossibile isolare gli effetti dell'introduzione degli eco-sacchetti in un contesto che vede già tante tendenze in atto; queste, infatti, influenzano, talvolta in modo congiunto, talvolta contrapposto, come e dove si fa la spesa.
Faccio un esempio per tutti: lo spostamento degli acquisti dal prodotto sfuso verso il prodotto confezionato è già in atto da diverso tempo, ma con tassi d'incremento di quest'ultimo molto diversi di anno in anno. Come faremo a isolare l'effetto sacchetti su questa tendenza quando, tra l'altro, già diversi retailer stanno proponendo assortimenti più profondi per il confezionato proprio sulla spinta delle preoccupazioni degli effetti del provvedimento? Quanto dell'ulteriore spostamento dipenderà dai sacchetti e quanto dalla tendenza già in atto o dalle nuove proposte? Il 12% dei consumatori che dichiara di aver privilegiato il confezionato non significa che si sia spostato il 12% degli acquisti: è sufficiente che un intervistato abbia comprato un prodotto confezionato al posto di uno sfuso per giustificare la risposta. In ogni caso, anche volendo, un cambiamento importante nei volumi sarebbe impossibile visto che molti prodotti sono offerti solo sfusi, soprattutto nei negozi di più piccola dimensione.
Faccio un esempio per tutti: lo spostamento degli acquisti dal prodotto sfuso verso il prodotto confezionato è già in atto da diverso tempo, ma con tassi d'incremento di quest'ultimo molto diversi di anno in anno. Come faremo a isolare l'effetto sacchetti su questa tendenza quando, tra l'altro, già diversi retailer stanno proponendo assortimenti più profondi per il confezionato proprio sulla spinta delle preoccupazioni degli effetti del provvedimento? Quanto dell'ulteriore spostamento dipenderà dai sacchetti e quanto dalla tendenza già in atto o dalle nuove proposte? Il 12% dei consumatori che dichiara di aver privilegiato il confezionato non significa che si sia spostato il 12% degli acquisti: è sufficiente che un intervistato abbia comprato un prodotto confezionato al posto di uno sfuso per giustificare la risposta. In ogni caso, anche volendo, un cambiamento importante nei volumi sarebbe impossibile visto che molti prodotti sono offerti solo sfusi, soprattutto nei negozi di più piccola dimensione.
Analogo discorso si può fare per i canali d'acquisto. Dalle analisi del Monitor Ortofrutta di Agroter emerge infatti che, già oggi, di quel 54% di consumatori che dichiara di utilizzare il supermercato quale luogo d'acquisto principale per l'ortofrutta, più della metà usa il dettaglio tradizionale come luogo d'acquisto secondario. Se nel periodo di riferimento uno di questi consumatori è andato consciamente una volta in più dal tradizionale avrà risposto di aver privilegiato questo canale, ovviamente anche in questo caso senza che ci sia stato sulle vendite un impatto proporzionale alla quota dei dichiaranti.
Infine, ma non in ordine di importanza, che effetto hanno avuto sugli acquisti le tendenze generali dei consumi di ortofrutta, molto variabili su un orizzonte di quindici giorni in base all'andamento climatico, alla disponibilità di offerta - che condiziona i prezzi al consumo - e alla politica promozionale messa in atto nel breve periodo dai retailer?
Si può così sintetizzare che è assurdo tentare una stima dell'impatto del provvedimento sulle vendite della Gdo in questo orizzonte per l'impossibilità di isolare l'effetto delle diverse variabili, da cui la sterilità del dibattito.
L'unico tema su cui si dovrebbe concentrare l'attenzione ora è come far capire l'utilità sociale dell'iniziativa ai consumatori e adattarne l'applicazione in modo che possa essere percepita positivamente. Vista la pluralità di vedute fra gli intervistati su cosa fare non sarà affatto semplice.
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