Pesche e nettarine, nuove modalità per produttori e consumo

Le riflessioni di Stefano Francia (Cia) sulle possibili vie d'uscita dalla crisi

Pesche e nettarine, nuove modalità per produttori e consumo
Sulla newsletter della Cia Emilia Romagna di ieri è stato pubblicato il punto sulle drupacee di Stefano Francia, vicepresidente della Cia di Ravenna, componente del Comitato pesche e nettarine nell’Interprofessione e del gruppo di esperti europei della Dg Agri sul tavolo pesche, nettarine e drupacee. Ecco una sintesi del suo ragionamento.

“L’Organizzazione interprofessionale ha deciso di distinguere pesche e nettarine per gusto tradizionale (succose e acidule) e smart (amabili e dolci) per fornire al consumatore lo stesso tipo di frutto per tutto il periodo di produzione e commercializzazione del prodotto italiano: chi consuma sceglie”.
Il lavoro è stato realizzato a budget zero, con il patrocinio del ministero delle Politiche agricole per l’indagine di mercato e la realizzazione del materiale informativo per la grande distribuzione organizzata, ma Francia ricorda anche l’aiuto del Crea e del professor Silviero Sansavini dell’università di Bologna. “Questi dati - spiega - ci aiuteranno a capire come dobbiamo muoverci nei prossimi anni, quali varietà avranno maggiori prospettive e quali, non incontrando i gusti dei consumatori, dovranno essere tolte dal mercato. Un tale approccio andrebbe impostato anche per le susine e per le altre drupacee”.

Ma il Comitato pesche e nettarine intende migliorare anche la programmazione della produzione e le strategie per il futuro. “L’importanza del catasto è strategica – prosegue Francia - Siamo a conoscenza solo del 30% dei nostri dati, mentre occorre avere un quadro completo suddiviso per varietà, quantità, superficie e fascia temporale per fare programmazione. In particolare, per le pesche e nettarine sarebbe importante farlo non solo a livello nazionale, ma anche europeo”.

Oltre alla realizzazione del catasto, servirà l’aiuto dell’Europa per l’apertura di nuovi mercati e per i ritiri dal mercato. “Con l’Europa bisogna lavorare sulle regole import/export perché sui nostri scaffali arrivano prodotti che obbediscono a regole diverse dalle nostre, con costo della manodopera e residui fitosanitari differenti dai nostri. A chi ci chiede perché noi non portiamo i nostri prodotti ad esempio in Cile, dobbiamo ricordare che rispettando i nostri regolamenti i nostri prodotti non reggono due, tre settimane di viaggio e dovrebbero essere quindi trasportati solo in aereo. Vogliamo parlare dei costi? Il nostro registro dei prodotti utilizzabili, poi, sarebbe da rivedere, ma sempre nel rispetto della salute delle persone e dell’ambiente”.

E poi l’annosa questione dell’aggregazione. “Organizzati meglio e al meglio potremmo bilanciare il potere che la Gdo è andata assumendo. Occorre porre un limite e un controllo: se le pesche sono pagate alla produzione 0,40 euro come mai nella Gdo continuano a costare 2,50-2,90 euro? Nella catena del valore come si distribuiscono le risorse? Per quanto riguarda le pere ci sono Opera e Origine Group - conclude Francia - ma la prossima volta che ci aggreghiamo dobbiamo fare ancora meglio”.

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