«Così le donne cambiano la cultura nel settore»

La presidente di Fairtrade International Marike de Peña, ieri all'Expo, si racconta

«Così le donne cambiano la cultura nel settore»
La presidente di Fairtrade International Marike de Peña ha presenziato ieri al Fairtrade Day in Expo a Milano in qualità di Ambasciatrice WE – Women for Expo. Italiafruit News le chiesto un'opinione sul ruolo delle donne in agricoltura. La presidente ci ha raccontato la sua esperienza e cosa circa 30 anni fa l'abbia spinta ad abbandonare l'Europa per trasferirsi in America Latina.

Ad oggi circa il 26% dei produttori aderenti alla Cooperativa Banelino, di cui è alla guida, sono donne. Si tratta di un dato molto significativo se pensiamo al panorama prevalentemente maschile del mondo agricolo. Qual è stata la sua esperienza a riguardo? Cosa ritiene possano apportare di diverso le donne in agricoltura?

Sì all'interno di Banelino il 26% dei nostri produttori sono donne e questa percentuale sta crescendo. Le donne in Repubblica Dominicana sono forti: molte di loro si trovano ad essere madri single o vedove con la necessità di lavorare molto duramente per sopravvivere insieme ai propri figli. La mia esperienza è che le donne di tutto il mondo costituiscono un valore inestimabile per le proprie famiglie e comunità. Ci vorrà del tempo per rendere le donne consapevoli delle proprie forze e la società consapevole della loro importanza. La forza delle donne risiede nella loro capacità di vivere, lavorare e morire mettendo gli interessi ed i bisogni degli altri al primo posto, e questo ci permetterà di creare un futuro migliore per i nostri bambini e di evitare gravi distruzioni ed ingiustizie. Le donne sono abituate a "pensare avanti" per garantire la sopravvivenza di oggi ed il progresso ed il benessere di domani. Si prendono cura della propria terra, delle risorse naturali e gestiscono il proprio reddito in maniera prudente ma determinata per ottenere di più con meno. Facendo questo motivano i propri colleghi produttori uomini e cambiano le culture senza neanche rendersene conto.


Nella foto: lavoratrici di Banelino, maggiore cooperativa di piccoli produttori di banane equo-solidali della Rep. Dominicana. Credits: ©James Rodriguez

Ho iniziato quasi 30 anni fa lavorando prevalentemente con produttori uomini, ma ad essere onesta non ho mai sentito delle resistenze e molte volte mi sono sentita invece supportata. Noto la stessa cosa nella mia cooperativa, nella quale molti ruoli "senior" sono presidiati da donne. L'equità non è solo un diritto da rivendicare, dal mio punto di vista dovrebbe essere preso come un dato di fatto. Questo cambierebbe il modo in cui le donne vivono ed affrontano il mondo. Qualsiasi cosa si rivendichi lo si fa attraverso lotte e dibattiti, ma se si considera sé stessi come uguali, a prescindere da cosa pensino gli altri, questo cambia l'atteggiamento e permette di procedere in maniera diversa, con più autostima. Più che dividere il mondo tra uomini e donne, dovremmo apprezzare le nostre società in quanto composte da esseri umani con differenti capacità ed aspirazioni e valorizzare e rispettare i nostri punti di forza individuali e differenze. Sono certa che durante tutti questi anni alcuni uomini abbiano messo in discussione la mia leadership e forse alcuni lo fanno tuttora ma alla fine nessuno può contare su di un supporto totale. Il rispetto e la fiducia dovrebbero essere basati sui risultati e sugli anni spesi con impegno nel lavoro.

Infine una domanda che va oltre il suo ruolo di Presidente. Che cosa l'ha spinta circa 30 anni fa a lasciare un paese come l'Olanda e a trasferirsi in Repubblica Dominicana?

In Repubblica Dominicana andai per la prima volta nel 1986, quando ero ancora solo una studentessa, per aiutare il governo nel rafforzare le piccole aziende agricole, rendendo le loro attività sostenibili. D'accordo con l'Università ho lavorato oltre un anno con i produttori ed ho affrontato molte sfide. Sono sempre stata convinta del potere delle persone che vivono in povertà, della loro potenzialità di uscire da quello stato attraverso le azioni collettive, più che attraverso gli interventi di beneficienza. Il mio lavoro con gli agricoltori è basato sull'ascolto, sull'apprendimento e sul motivare le persone ad agire, in quanto loro sanno meglio di chiunque altro quale sia l'azione giusta da compiere e quali decisioni potrebbero danneggiarli e sono dunque da evitare.
La Repubblica Dominicana si è rivelata un buon posto per me, nel quale lavorare con persone amichevoli e motivate verso una causa comune. È diventata la mia casa, con un marito che crede nella propria nazione e figli orgogliosi di essere dominicani.
Ho visto molti cambiamenti positivi nel Paese e molte buone intenzioni, che ci consentono di affrontare le diverse sfide, a volte molto difficili. Non è sempre il posto in cui sei nato quello che chiami casa: è il posto dove si trova il tuo cuore e dove percepisci che puoi fare la differenza, alla tua famiglia e a tutte le persone che apprezzi. Detto questo, il mio focus principale insieme a tanti altri leader è stato quello di rafforzare i piccoli agricoltori e lavoratori dell'America Latina e organizzarli in una strutturata realtà continentale, perché insieme possiamo fare molto di più nel nostro viaggio per creare giustizia ed equità.

Fonte foto di apertura: Foto archivio Fairtrade
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