KIWI, SI MOLTIPLICANO GLI SFORZI ANTI-PSA... CON GUGLIELMO COSTA, PROFESSORE ORDINARIO DI ARBORICOLTURA ALL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA

KIWI, SI MOLTIPLICANO GLI SFORZI ANTI-PSA... CON GUGLIELMO COSTA, PROFESSORE ORDINARIO DI ARBORICOLTURA ALL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA
Pattuelli – Professore, a pochi anni dalla sua comparsa, la batteriosi del Kiwi (PSA) ha provocato enormi danni nelle principali zone di coltivazione di questa specie. A che punto è la ricerca scientifica? Ci sono novità rilevanti?
    
Costa – A livello mondiale oltre 150 ricercatori stanno lavorando su questa malattia, con ingenti investimenti da parte degli operatori esteri (in Nuova Zelanda sono stati stanziati oltre 30 milioni di dollari) e nazionali. Una vera e propria "dichiarazione di guerra" mondiale al batterio. L'università di Bologna non è rimasta di certo a guardare. Recentemente abbiamo vinto un finanziamento, per un progetto relativo sia la Drosophila suzukii sia il PSA, dove collaboreremo con 26 enti di ricerca europei e non solo. Addentrandomi sulla ricerca in atto, si sta lavorando a tutto campo: da prove rivolte alla conoscenza del batterio, a rapporti con la pianta, fino all'influenza delle diverse pratiche colturali. Sicuramente si evidenzia una notevole difficoltà nell'effettuare prove agronomiche in campo, in quanto non è consentito fare inoculi di PSA in campo e si lavora solo dove esiste una pressione della malattia in una determinata area.
Tuttavia sono stati scoperti aspetti interessanti. Ad esempio laddove ci sia una soluzione di continuità (ferite, tagli di potatura, lenticelle, stomi), e la pianta presenti una qualsiasi condizione di stress, il batterio si insedia con facilità. Esaminando i nuovi ambiti di ricerca, sono in cantiere progetti, per la messa a dimora di impianti di kiwi in ambiente coperto. Copertura che può avvenire in diversi modi: tunnel in polietilene, vere e proprie serre (un impianto è già presente in provincia di Latina) ed infine coperture con teli antipioggia, sulla falsariga di quanto utilizzato nel ciliegio per prevenire il cracking. I vantaggi sono evidenti. In ambiente coperto si controllano le condizioni ambientali che normalmente favorirebbero l'entrata del patogeno. Difatti, sotto rete o tunnel c'è una minore ventosità e quindi una diminuzione delle  lesioni che provocherebbero punti d'entrata per il batterio; inoltre si mantiene una migliore copertura dei prodotti utilizzati per abbattere la pressione della malattia. Siamo all'inizio, ma in questa tipologia di impianti sembra che il batterio sia sfavorito. Tuttavia, sono da valutare i costi di questo tipo di tecnologia e le conseguenze sulle altre pratiche colturali (impollinazione) e la qualità dei frutti che si ottengono in queste tipologie di impianto. Ovviamente le prossime ricerche in merito daranno un contributo per capire se il frutticoltore avrà un'arma in più per contrastare il PSA.

Pattuelli – Come sta procedendo l'innovazione varietale in merito alla resistenza al PSA?

Costa – Dal punto di vista del breeding c'è un certo fermento, che porterà ad un cambiamento dell'attuale patrimonio varietale. Tutti i progetti di miglioramento genetico hanno come obiettivo primario la resistenza al batterio. Tuttavia, occorre non dimenticarsi delle qualità organolettiche del frutto che restano fondamentali, quindi i programma dovranno prendere in considerazione sia la resistenza che la qualità delle produzioni ottenibili con nuove cultivar resistenti o tolleranti la batteriosi.
Allo stato attuale non esistono varietà resistenti alla batteriosi. E' risaputo come le cultivar a polpa gialla siano più suscettibili, al contrario di quelle a polpa verde (Hayward). In particolare l'Hort 16A (Zespri Gold) si è dimostrato particolarmente sensibile, ed è stato rimpiazzato dalla cultivar G3 (Gold 3) che evidenzia capacità di reazione alla malattia superiori. La ricerca italiana negli ultimi anni ha selezionato due varietà a polpa gialla: la recente Dorì che si aggiunge all'affermata Soreli. Sono state selezionate quando la resistenza alla batteri osi non era uno degli aspetti da ricercare ma semplicemente per introdurre altre cultivar di A. chinensis.

Pattuelli – Lei è ritenuto uno dei massimi esperti, per quanto riguarda gli strumenti che consentano un'analisi non distruttiva della qualità dei frutti. Qual è lo stato dell'arte nel kiwi?

Costa – Nell'actinidia, più che in altre specie, per ottenere un prodotto di alta qualità è fondamentale effettuare la raccolta quando il frutto presenta il giusto grado di maturazione. Il Kiwi Meter (strumento brevettato dall'università di Bologna) riesce a seguire l'andamento dell'evoluzione della maturazione, rappresentata dalla variazione del colore della polpa, senza dover distruggere il frutto. In pratica una  strumentazione che permette di capire con precisione il momento ideale per effettuare la raccolta. Oltre all'analisi "sulla pianta" stiamo realizzando prototipi da impiegare in magazzino per separare i frutti in classi di maturazione omogenea per migliorarne la commercializzazione. In merito a ciò, nel 2013, sono iniziati rapporti di collaborazione con il consorzio Kiwifruit of Italy, con l'obiettivo di immettere sul mercato un prodotto dall'alto profilo gustativo.

Fabrizio Pattuelli
Junior Marketing Specialist

fabrizio@italiafruit.net

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