Uva da tavola, reagire con razionalità

Un'annata storta può capitare: i punti da cui ripartire

Uva da tavola, reagire con razionalità

Con l'arrivo di dicembre i consumi delle uve calano drasticamente: la stagione del prodotto italiano – con seme e senza – vive le ultime battute con il rush finale delle vendite di fine anno. E' quindi il momento di stilare un bilancio per la categoria, che mediamente vale il 3-4% delle vendite del reparto ortofrutta, raggiungendo picchi anche di oltre il 10% durante i mesi clou della campagna.

L'annata è stata condizionata dal caldo estivo. Se inizialmente le temperature hanno favorito una buona apertura di campagna, con la Vittoria che già a giugno ha fatto bene, poi il mercato a iniziato ad essere meno ricettivo: consumi in calo e il profilo qualitativo generale che non hanno agevolato le vendite.

La tipicità dell'uva italiana è un aspetto su cui continuare a lavorare: sia in Puglia che in Sicilia ci sono Igp che stanno guadagnando spazio in distribuzione. Il percorso di valorizzazione, forte dell'indicazione comunitaria, deve proseguire sia in Italia che all'estero.

C'è poi l'interrogativo che alla vigilia di ogni campagna ci si pone sempre: con semi o senza semi? I numeri per ora dicono che le varietà seedless stanno incrementando i consumi ed in piena stagione siamo quasi al 50% del totale, mentre le uve tradizionali con i semi calano nei consumi. Le varietà senza semi estere presenti nei mesi invernali, infatti, hanno avuto il pregio di incentivare i consumi delle uve grazie alla loro bontà e dolcezza. Un consumatore, quindi, abituato alla qualità: rendere disponibili questi frutti è poi importante per campagna italiana, quando all'inizio dell'estate arrivano i grappoli raccolti nel nostro Paese.

I prezzi medi delle uve con semi in stagione hanno registrato up-down dovuti a poca disponibilità all'esordio, seguita poi da picchi produttivi in piena campagna, con problemi di eccedenza sui mercati e quindi prezzi in calo. Ed è stato proprio questo il momento peggiore per le varietà tradizionali, Italia in primis: a supporto della produzione italiana sono arrivate anche iniziative extrapromozionali da alcuni distributori. Dall'altra parte, le seedless – spesso posizionate come prodotti premium – hanno mantenuto valori medio-alti, ripagando gli investimenti fatti in produzione.

La campagna 2022 probabilmente accelererà i grandi cambiamenti in atto nella produzione italiana di uva da tavola. Le tradizionali devono trovare una strada per qualificarsi e rendersi sempre più distintive; le seedless hanno già imboccato la via della premiumness. Un percorso in cui il confezionamento è fondamentale: per l'uva, soprattutto se venduta a prezzi importanti, la difesa dell'acino e il racconto di cosa c'è dietro il grappolo non è un aspetto da sottovalutare.

Continuiamo a valorizzare queste nostre eccellenze: le annate storte possono capitare, l'importante è reagire con razionalità. L'uva da tavola resta un fiore all'occhiello del reparto ortofrutta, un prodotto che ha rilevanti potenzialità in chiave esport: che sia con i semi o senza, se la qualità c'è il frutto può dare importanti soddisfazioni alla filiera.