«Siccità, il piano invasi è fermo al 2%»

Gargano (Anbi): "raccogliamo e accumuliamo solo l'11% dell'acqua piovana"

«Siccità, il piano invasi è fermo al 2%»

I mesi estivi - e non solo - dell’anno scorso ci hanno regalato una siccità da record, ma l’urgenza nel gestire il problema per salvare l’agricoltura ancora non c’è. L’Italia continua infatti ad avere pesanti difficoltà nella gestione della risorsa idrica dato che il piano invasi presentato dall’Anbi, l’associazione dei consorzi di bonifica e gestione del territorio, è stato concretizzato solo al 2%.
 

A riportarlo è il direttore generale Massimo Gargano, che interviene sull’attuale sistema nazionale di gestione delle acque, in grado di accumulare appena l’11% delle precipitazioni che cadono sul territorio italiano. Su Il Sole 24 Ore si legge infatti che “questa percentuale è da modificare in maniera sensibile. Insieme a Coldiretti  - dice Gargano - abbiamo presentato un piano per la realizzazione di 10mila invasi di piccola e media dimensione da mettere in opera entro il 2030 che, se realizzato, consentirà di portare la percentuale trattenuta al 30%, forse al 35%. Il 60% di questi invasi sono aziendali e quindi realizzati da privati con cofinanziamento pubblico dove possibile. I primi 223 progetti sono già esecutivi e alcuni sono anche stati già realizzati e inaugurati. Ma stiamo parlando di poco più del 2% del nostro progetto”. 
 

Il Piano Laghetti presentato da Anbi punta a realizzare subito 223 nuovi invasi, con un costo stimato di 3,2 miliardi di euro e la creazione di 16mila posti di lavoro. Un progetto che prevede, tra l'altro, il recupero di cave abbandonate.
“La siccità del 2022 deve insegnare qualcosa – ha concluso il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi –. Lo scorso anno a non soffrire la siccità sono state le regioni del Sud Italia, dove esistono bacini a riempimento pluriennale; ne è un esempio la Sardegna, dove la tanto vituperata Cassa del Mezzogiorno aveva realizzato in passato invasi a riempimento pluriennale. Quella rete infrastrutturale la scorsa estate ha consentito di salvare la stagione turistica in Gallura. Questo significa che, come nel passato, anche nel futuro i problemi e le criticità non si risolveranno da soli. Ma per venirne a capo l’unica strada è investire”.
 

Nel frattempo, il problema non si arresta. È infatti della scorsa settimana la pubblicazione del report dell’osservatorio Anbi sulle risorse idriche che suona come una sentenza: il Piemonte in 12 mesi è diventato il territorio più arido d’Italia. Come sottolinea il consorzio, il corso del fiume Po viaggia con una portata dimezzata rispetto all’anno scorso, così il Maira e il Pellice mentre la Bormida è scesa del 42%. 
 

"Nel breve periodo climatologico – commenta sempre Francesco Vincenzi, Presidente ANBI– si ripete una tendenza, che continua a cogliere impreparato il territorio settentrionale del Paese: ci sono più risorse idriche al Centro- Sud Italia che al Nord. L'esempio arriva proprio dal Piemonte, dove oggi sono presenti solo 4 invasi, mentre altri da anni aspettano scelte concrete e poi il Piano Laghetti che ne prevede, a breve, altri 10, i cui progetti definitivi ed esecutivi sono solo in attesa di finanziamento: permetterebbero di trattenere oltre 25 milioni di metri cubi d'acqua, garantendo irrigazione a quasi 17.000 ettari di campagne."
 

Invaso Renzuno di Casola Valsenio (Ra)

Non va meglio in Lombardia, dove i livelli del fiume Adda ristagnano ai minimi del precedente quinquennio e la portata scende fino a toccare i 71 metri cubi al secondo. Nonostante le piogge il deficit delle risorse idriche regionali resta enorme: -42,3% rispetto alla media storica. La situazione è, invece, migliore nelle regioni del Centro Italia e in Campania.  

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