Imballaggi, competitività e strategia

Dall'Agata (Bestack): «Le risorse ci sono, bisogna anticipare i tempi»

Imballaggi, competitività e strategia

Paese che vai, normativa per gli imballaggi che trovi. Catena distributiva che servi, specifiche richieste a cui devi rispondere. Ma in questo groviglio di leggi e pretese – che stressano le imprese del settore - ci sono pure tante opportunità da cogliere per la filiera ortofrutticola, però l'affanno del presente portano le aziende a “non presidiare il percepito del consumatore, che è poi quello che dovrebbe alimentare il valore del prodotto”, riflette con IFN Claudio Dall'Agata, managing director del Consorzio Bestack.

Sulle normative divergenti per gli imballaggi tra i vari Paesi europei era intervenuta nei giorni scorsi Freshfel (clicca qui per leggere l'articolo). “E' così anche per il packaging in cartone, ogni Paese ha la sua regolamentazione – evidenzia Dall'Agata – E l'Italia è quello che dal punto di vista delle confezioni alimentari richiede i più alti standard igienico-sanitari. Un esempio: rimanendo al cartone che viene a contatto con frutta e verdura, l’art 27 del DM 21.373 impone che gli imballaggi per alimenti secchi sia composto da almeno il 60% di materie fibrose e non contenga oltre 3 μg per dm2 di piombo (spesso derivante dalle carte riciclate), mentre in Spagna si può usare tutta carta riciclata per confezionare l'ortofrutta. E' chiaro che questo provoca distorsioni e differenze”.

Il tema è complesso e articolato, ragionando col buonsenso verrebbe da dire che l'Unione Europea dovrebbe normare un sistema e renderlo egualitario tra i vari Paesi membri. “Uno scenario auspicabile che farebbe bene a tutti – rimarca il direttore di Bestack – Ma diciamoci le cose chiare, è un po' come immaginare che l'Europa adotti lo stesso sistema fiscale per tutti. Auspicabile, certo, ma ogni Paese porta poi acqua al suo mulino. L'Olanda, che sviluppa un'economia di servizi, attrae le aziende in funzione della propria capacità competitiva, grazie alle condizioni che offre, a partire dalla fiscalità vantaggiosa. Tornando al packaging, la Spagna dovrebbe rinunciare a un elemento di competitività, perché un imballaggio in cartone riciclato ha costi diversi rispetto ad uno di fibra vergine”.

Costi, opportunità, strategie e poi c'è quel Green Deal europeo che ha segnato un nuovo equilibrio. Ma quanto costa raggiungerlo? “Nel mondo ortofrutticolo c’è molto fermento riguardo la sua applicazione – dice Dall'Agata – Molte imprese hanno la sensazione di sentirsi sgretolare la terra sotto i piedi, la sostenibilità non è un banchetto a cui sedersi ma un processo di lacrime e sangue che costa, specie oggi che si impongono scelte anche dolorose. In questa fase è normale cercare di orientare la politica”.

Quando si parla di azioni a livello comunitario pare sempre di rivolgersi a un'entità lontana (e a volte sorda). Restando più vicino a noi c'è però la distribuzione moderna e anche qui il packaging diventa leva competitiva
“L'opinione pubblica sceglie in funzione di alcuni elementi, ora c'è un'equazione tra la sostenibilità degli imballaggi e il packaging a base carta, gli orientamenti vanno in quella direzione, la politica pure... Il problema è la velocità con cui questo viene trasferito sulla produzione – analizza Dall'Agata - Comprendo il trend, ma la filiera ortofrutticola si trova sempre a doversi difendere. Credo che dovrebbe dedicare qualche momento a pianificare per anticipare: il settore dovrebbe chiedersi oggi cosa servirà domani, dovrebbe interrogarsi sulle soluzioni utili del futuro. Purtroppo ci sono temi sui quali non ci prendiamo il tempo necessario per riflettere. Proprio nei giorni scorsi mi confrontavo con il presidente di Freshfel Salvo Laudani e mi ha stupito con un paio di numeri di un loro studio: in Europa su un montante complessivo di 1,7 miliardi per i Piani operativi, alla comunicazione vengono dedicati solo 30 milioni e la parte prevalente a macchinari, impianti e ricerca varietale. Di fatto pensiamo solo all’efficienza, che non basta più, e poco alla comunicazione e alla informazione, di cui invece c’è tanto bisogno. Noi in informazione e comunicazione non investiamo e quindi non dobbiamo stupirci se davanti al presunto fenomeno del caro zucchine nessuno difende i produttori. Perché nessuno parla di quanto sono cresciuti altri prodotti come gli affettati in vaschetta? Perché in quel settore c'è un presidio culturale diverso. Sostengo da tempo che in ortofrutta abbiamo bisogno di fare più informazione e comunicazione, raccontando anche attraverso gli imballaggi. Comprare italiano significa anche comprare un imballaggio più sicuro, e non solo un prodotto più buono, che rispetta parametri igienici e di sicurezza elevate. Anche questo va detto”.

Freshfel indica in 250 miliardi il fatturato del settore ortofrutticolo europeo e la spesa in comunicazione è di 600 milioni, di cui 500 fanno capo ai primi dieci gruppi. “Dovremmo destinare più forza a comunicare la nostra diversità, le risorse ci sono, ma sono dedicate alle parte produttiva, logistica, sono stabilimento-oriented – chiosa Dall'Agata – Dobbiamo invece investire in informazione per difendere i nostri prodotti”.

E per esaltare il valore dell'ortofrutta il progetto Spettacoli alla Frutta, di cui Bestack è tra i promotori, ha lanciato un manifesto e una sfida alla Gdo (clicca qui per l'articolo). “Il Manifesto è prendersi la responsabilità di raccontare quello che siamo ed è soprattutto la premessa per avere un primo approccio collettivo – sottolinea il managing director di Bestack – La distribuzione che si eleva a difensore della produzione italiana dovrebbe tenerlo in considerazione: in questo periodo particolare è importante dare elementi di scelta. Elementi che aiutano nell'atto di acquisto: non credo nella strada della normazione, dove tutti sono uguali, chi fa imballaggi e prodotti ortofrutticoli deve perseguire strade che possano giustificare le proprie peculiarità, in modo che i consumatori possano scegliere. Con la Gdo vogliamo definire insieme non solo parametri tecnici, ma anche cromatici, di segno, per raccontare e comunicare l'impronta ambientale, ad esempio, quale e quanta energia usi, cosa fai dal punto di vista sociale sul territorio... Così si può trasferire il valore al consumatore e creare un percorso virtuoso a beneficio di tutta la filiera”.