Uva da tavola, Apeo mette a fuoco le difficoltà

Uva da tavola, Apeo mette a fuoco le difficoltà
La campagna dell’uva da tavola pugliese, dopo un buon inizio, si è impantanata tra prezzi bassi e consumi che non decollano.

“Abbiamo le produzioni migliori al mondo per qualità e per sicurezza, con tutte le certificazioni che attestano i più alti standard produttivi, eppure la Grande distribuzione non riconosce questi ‘valori’ con prezzi adeguati, che almeno coprano i crescenti costi di produzione”, commenta Giacomo Suglia, presidente Apeo (Associazioni dei produttori e degli esportatori ortofrutticoli pugliesi) e vicepresidente di Fruitimprese. 
“Servirebbero prezzi per la nostra uva da tavola di almeno il 20% più alti per dare respiro alle imprese - continua Suglia - Pagare il cestino da mezzo chilo 0,70 centesimi significa umiliare il nostro prodotto e il nostro lavoro”.

Produttori e commercianti di ortofrutta devono fare i conti con un aumento dei costi di materiali, energia, gasolio, trasporti, noli container, assicurazioni e tasse che mandano fuori mercato le imprese proprio mentre “i prezzi medi di vendita dell’uva sono più bassi dello scorso anno - commenta il presidente di Apeo - In giro c’è molta sfiducia, lavorare sottocosto toglie voglia di fare investimenti. Quest’anno poi il prodotto è di alta qualità, il clima ha aiutato, le uve sono dolci, sane, perfette. Eppure…”

Sul fronte export si deve anche fare i conti con la concorrenza di Spagna, Grecia, Turchia “che, anche grazie a costi del lavoro e di produzione nettamente inferiori ai nostri, riescono a scendere a prezzi che per noi sono fuori mercato”. Alla concorrenza sul prezzo si aggiunge l’handicap della chiusura del mercato russo (l’embargo è stato rinnovato fino a fine 2022) “che agevola paesi come la Turchia e ci priva di un mercato che per noi era strategico”.

Siamo penalizzati – aggiunge Suglia – “anche dal cambio col dollaro che agevola chi esporta in Europa e dalla normativa europea che ci costringe a trattare paese per paese per aprire il nostro export mentre tutti vendono liberamente in Europa”.

Suglia conclude: “Manca un progetto complessivo di lungo periodo per la frutticoltura italiana, in grado di ridare competitività alle imprese, a partire dal costo del lavoro che in Italia è più alto dei nostri competitor”. 
Sull’obbligo di Green pass Suglia commenta: “Faremo il nostro dovere come sempre ma noi conosciamo i nostri dipendenti e nei magazzini faremo tutti i controlli del caso per mettere in sicurezza tutti, come già stiamo facendo da quando è iniziata questa pandemia”.

Fonte: Ufficio stampa Apeo