Anguria, il frutto dipinto nelle tombe dell'Antico Egitto

Anguria, il frutto dipinto nelle tombe dell'Antico Egitto
Alcuni papiri e le pitture in due tombe egizie risalenti a circa 4.450 anni fa mostrano un frutto che in teoria non avrebbe dovuto essere lì: un’anguria. La sua presenza in un’area come quella della Valle del Nilo incuriosisce da tempo i ricercatori, convinti che gli antenati delle moderne angurie fossero originari dell’Africa occidentale, a migliaia di chilometri dall’Egitto. Ora un gruppo di ricercatori sostiene di avere trovato prove convincenti circa la discendenza delle nostre angurie da un frutto originario del centro del Sudan, relativamente più a portata di mano per gli antichi egizi.

Per diverso tempo si era ipotizzato che l’anguria derivasse da un melone coltivato nell’Africa occidentale per i suoi semi, altamente proteici e ricchi di grassi. L’ipotesi della discendenza da quella parte del continente non era però compatibile con alcune tracce e testimonianze raccolte a oriente, compresi i disegni nelle tombe egizie. Per provare a risolvere il mistero, un gruppo internazionale di ricercatori si è messo alla ricerca delle specie di cucurbitacee – la famiglia di piante cui appartengono meloni, zucchine, zucche, cetrioli e angurie – diffuse in Africa nel corso del tempo e che potrebbero avere preceduto la domesticazione di uno dei frutti estivi più diffusi in molte aree del mondo.

Le loro ricerche hanno portato a identificare come migliore candidato il melone del Kordofan (in foto sotto), una provincia centrale del Sudan, come spiegano nel loro studio pubblicato sula rivista scientifica Proceedings of the National Academies of Sciences.



Un frutto maturo raggiunge i 15 centimetri di diametro e ricorda una zucchina con la parte esterna verde chiaro e quella interna bianca. A differenza del sapore amarognolo della maggior parte dei frutti appartenenti al genere Citrullus (lo stesso dell’anguria), il melone del Kordofan è dolce. Per questo già in passato alcuni ricercatori avevano ipotizzato che potesse essere un lontano antenato dell’anguria per come la conosciamo oggi.

Gli autori della nuova ricerca hanno analizzato il materiale genetico di sette specie di Citrullus provenienti da varie zone dell’Africa, scoprendo che il melone del Kordofan ha più cose in comune con la nostra anguria rispetto alle altre, comprese quelle occidentali che un tempo erano indicate come probabili antenate del frutto. Uno degli autori del nuovo studio ha detto di essere "davvero convinto che si tratti del parente più stretto".

L’ipotesi è che sia il melone del Kordofan sia l’anguria discendano da un frutto selvatico comune. I coltivatori dell’antichità si sarebbero accorti del suo sapore dolce e avrebbero iniziato a coltivarlo, selezionandone alcune nuove varietà, via via più dolci e saporite.
I ricercatori non hanno però dati a sufficienza per collocare nel tempo l’inizio della domesticazione dell’anguria, anche se confidano di ottenere qualche informazione in più dall’analisi dei semi di alcune varietà di melone trovati in alcuni siti archeologici.

Scoprire le origini dell’anguria non servirebbe solamente a comprendere qualcosa in più sulla sua storia, ma potrebbe offrire spunti per sperimentare nuovi incroci e sviluppare nuove colture, per esempio più resistenti ad alcuni parassiti o a condizioni climatiche diverse da quelle classiche. Il punto di partenza per farlo potrebbero essere i meloni del Kordofan, ma trovarne la varietà selvatica è difficile, anche perché la zona in cui crescono si trova nei pressi del Darfur, cui i ricercatori hanno scarso accesso per motivi di sicurezza a causa dei conflitti nella zona.

Le angurie subirono una profonda selezione anche in tempi più recenti, come mostra efficacemente un dipinto del pittore italiano del Seicento Giovanni Stanchi, ora esposto alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Nel dipinto di Stanchi si vede infatti un’anguria molto diversa da quelle che siamo abituati a vedere oggi.

In apertura: il disegno di un’anguria su un papiro egizio (Credit Foto: Shan Wu / Lise Manniche)

Fonte: Ilpost.it