Il pastrocchio dei cartellini

Scritte indecifrabili e indicazioni disorientanti: cosa abbiamo scovato

Il pastrocchio dei cartellini
Somiglia più a un codice fiscale che a una indicazione utile a informare il consumatore. A volte è quasi indecifrabile, un rebus da risolvere nel punto vendita mentre si sta pensando se acquistare o meno un prodotto. Eppure dovrebbe essere il primo mattone della comunicazione al cliente: ma nei cartelli presenti in reparto e nei porta prezzi spesso e volentieri ci si imbatte in scritte in codice che, invece di chiarire l'origine o la confezione, disorientano il consumatore.

In questo articolo vediamo alcuni esempi di cosa non si dovrebbe fare. Se una zucchina arriva dai Paesi Bassi scriviamolo a chiare lettere, non rifugiamoci dietro la sigla NDL (Nederland) senza nemmeno indicare che quella è l'origine. Idem per lo zenzero cinese, chi ci pensa leggendo sul cartello CHN? Oppure davanti alla scritta “Broccolo I Esp 500 G (Filmati)” pensereste alla provenienza spagnola?

La compilazione dei porta prezzi è una cosa seria e importante. Primo perché contengono quella che viene definita comunicazione obbligatoria, secondo perché è quell'elemento su cui cade l'occhio del consumatore. Uno dei casi limite che abbiamo incontrato è il seguente: ”Lim.Eureka I 4 ZAF RT 500 G”. Per capirci, stiamo parlando di una retina di limoni sudafricani da mezzo chilo.



Ma un consumatore che non distingue una varietà da un'altra, che fatica ad essere aggiornato sulla stagionalità dei prodotti, che si trova referenze importate di fianco a specialità italiane... Cosa può fare se non uscire dal reparto frastornato o, nella migliore delle ipotesi, acquistare senza nessuna cognizione di causa?

La comunicazione nel punto vendita, lo si ribadisce da anni, deve aiutare i consumatori lungo il loro percorso di acquisto. Oltre alle informazioni previste dalla normativa, poi, sarebbe una buona prassi raccontare, valorizzare e far conoscere i prodotti con una strategia ad hoc. Un modo per affrontare le famiglie merceologiche più importanti – dalle mele alle pere, dalle arance ai pomodori – e dare così un senso ad allestimenti profondi e alla segmentazione dell'offerta.

Negli ultimi anni, complice la pandemia, i tempi dedicati alla spesa da parte dei consumatori preoccupati si sono ridotti: anche il modo di comunicare andrebbe quindi rimodulato. Indicazioni semplici e dirette, quindi, non rebus complicati e criptici.



Non è facile, certo, come niente del resto lo è nel reparto ortofrutta. E' però necessario se vogliamo generare valore per i nostri prodotti. Sicuramente bisogna lottare con lo spazio tiranno di questi supporti, ma anche le abbreviazioni vanno studiate e valutate caso per caso: il consumatore non è uno specialista dell'ortofrutta, cerchiamo di non farlo sentire a disagio davanti a un cartellino.

La trasparenza, poi, premia sempre. Scritte minuscole? Meglio evitare. Un prodotto è di provenienza estera? Indichiamolo chiaramente e non invitiamo il cliente a leggere l'etichetta della referenza.

La tecnologia aiuta in questi casi, ma mostra i suoi limiti. Preparare i cartelli a mano ha il suo fascino e, se fatto a modo, trasmette un senso di rassicurazione e cura al consumatore ma, ahimè, serve tanto tempo per prepararli.



Una sola ricetta non c'è. Dipende dal contesto, dall'insegna, ma non dimentichiamoci che i punti vendita sono frequentati da consumatori sempre più attenti all'italianità dei prodotti che acquisti, consumatori che amano le tipicità locali, che vogliono conoscere a fondo ciò che mettono nel carrello.

Sui prodotti confezionati la situazione è più tranquilla, il pack aiuta a sviluppare una comunicazione completa e approfondita. Ma anche più è bene privilegiare la chiarezza piuttosto che abbreviazioni che capiscono solo gli addetti ai lavori.



Facevamo cenno alla tecnologia. In futuro sicuramente ci darà un supporto più importante. Con un QR-Code sul cartello, per esempio, possiamo già oggi dare al consumatore più esigente tutte le informazioni di cui ha bisogno, possiamo sfamare la curiosità delle persone che vogliono conoscere le zone di coltivazione, i processi, le proprietà e i percorsi di sostenibilità di cui frutta e verdura sono protagoniste.

Le opportunità non mancano, con un po' di attenzione – e di formazione del personale – già oggi si potrebbe fare tanto. Consumi e consumatori ringrazierebbero.

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