Meloni, ecco i rincari in produzione

Gli aumenti da considerare per fare il prezzo. Analisi sul Mantovano Igp

Meloni, ecco i rincari in produzione
La campagna del melone italiano sta entrando nel vivo, con i primi stacchi sotto serra dal mantovano che si aggiungono alle produzioni siciliane. Da qui in avanti i volumi incrementeranno di settimana in settimana e i produttori hanno un unico grande obiettivo: riuscire a coprire l’incremento dei costi di produzione.

Uno sforzo comune a diverse altre filiere ortofrutticole, visti e considerati i rincari generalizzati che stanno interessando tutto il settore. Tuttavia nel caso del melone è possibile discutere di numeri reali, frutto di una attenta analisi che non lascia spazio a speculazioni o proclami che non fanno altro che buttare tutto in caciara, come troppo spesso accade. Questo è stato possibile grazie al lavoro congiunto di Ismea e Agroter, che stanno lavorando a uno strumento per la valutazione dei costi di produzione dell’ortofrutta e durante l’ultima edizione di Think Fresh è stata presentata in anteprima un’analisi accurata del costo di produzione e lavorazione del melone Mantovano IGP.


Angelo Frascarelli (presidente Ismea), Fabio Del Bravo (responsabile Direzione Sviluppo rurale di Ismea) e Roberto Della Casa (direttore scientifico Monitor Ortofrutta di Agroter) sul palco di Think Fresh 2022

Partiamo dal risultato finale: il costo di produzione e confezionamento per un chilo di melone mantovano IGP aumenterà in questa campagna del 25%, passando da circa 0,79 euro/chilo a 0,99 euro/chilo. Da notare come in questo conteggio manchi il margine del produttore, però l’incremento percentuale rimane invariato. Un altro aspetto da puntualizzare è la tipologia di azienda oggetto dello studio, ovvero di media-grande dimensione che possa avere accesso ad una linea di lavorazione con tecnologie di sorting della qualità non distruttive e, quindi, con i relativi impatti sul valore degli ammortamenti.

Dopo queste specifiche entriamo nel dettaglio dell’analisi. Innanzitutto, è possibile notare come i costi di produzione in campagna (+28%) aumentino in misura superiore rispetto ai costi di magazzino (+19%). Questo gap varia in relazione alla coltura e al tipo di lavorazione presa in esame. È chiaro ed evidente che un prodotto confezionato destinato a un lungo periodo di conservazione avrà dei costi di magazzino sicuramente superiori.



Guardando le voci che hanno subito gli incrementi più consistenti non emergono particolari novità. Dal lato produttivo carburanti e fertilizzanti sono più che raddoppiati, mentre le plastiche utilizzate per la pacciamatura e i tunnellini sono “solo” aumentate del 42%; in magazzino la bolletta della luce sarà particolarmente salata (+191%) ma non bisogna sottovalutare i trasporti (+50%) e soprattutto gli imballaggi (che detengono un’elevata incidenza sul costo finale).

Proprio l’incidenza delle diverse voci sul computo finale è un aspetto trattato con eccessiva leggerezza quando si analizzano i costi in ambito agricolo. Spesso si cerca di far passare il concetto che se raddoppia una voce qualsiasi, deve raddoppiare anche il prezzo finale. Niente di più falso. Tutto dipende dal “peso” di ogni parametro e l’analisi condotta da Agroter e Ismea spazza il campo da interpretazioni errate. Infatti, si nota perfettamente come il costo del concime sia raddoppiato, ma questo non provoca un raddoppio del prezzo finale, in quanto le spese per i fertilizzanti influiscono per poco più del 5% sul totale. Per un produttore questi numeri sono ovvi, ma non è lo stesso per un manager della Gdo, che pertanto si trova nella condizione di non capire chi effettivamente ha subìto rincari da chi vuole specularci.



Analisi precise, condotte da enti terzi di comprovata affidabilità, consentono di risolvere eventuali fraintendimenti. Ed in questo caso i dati parlano chiaro: quest’anno un chilo di melone Mantovano IGP subirà un incremento di costo del 25% e bisognerebbe ragionare fin da subito per capire come risolvere questa situazione, evitando i classici muro contro muro che troppo spesso caratterizzano i rapporti fra mondo produttivo e distributivo.

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