«Residuo zero, serve un’alleanza dal seme allo scaffale»

La propone Lucio Passi: «Qualificare l'offerta e differenziarla»

«Residuo zero, serve un’alleanza dal seme allo scaffale»
Frutta e verdura a residuo zero rappresentano una categoria da valorizzare e da sviluppare. E per farlo, come abbiamo scritto la settimana scorsa, serve più coraggio da parte della filiera, soprattutto dalla distribuzione (clicca qui per leggere la notizia). Lo stimolo è stato raccolto da Lucio Passi, presidente associazione di volontariato “Zero Residui” e responsabile di Legambiente per l’Agricoltura Italiana di Qualità, che rilancia. A seguire la sua riflessione.



L’evoluzione dei sistemi di produzione nel settore primario, avvenuta negli ultimi anni, dimostra la capacità di tanti agricoltori italiani di produrre con metodi sostenibili, anche riducendo fortemente i prodotti chimici. Chi ha già intrapreso questo percorso ha raggiunto obiettivi di produzione di qualità elevata e più sicura così incontrando quella sempre più ampia fascia di cittadini che chiedono sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale.
Come bene ha spiegato Giampaolo Ferri il 12 maggio scorso su Italiafruit News, produrre alimenti senza pesticidi con la pratica agronomica del “residuo zero” - certificata da terzi con disciplinari volontari - è un modo concreto per rispondere a questa domanda.
Così, a gennaio è nata l’associazione di volontariato “Zero Residui” affiancandosi a Legambiente che nell’estate 2021 ha lanciato la proposta di costruire un segmento importante del mercato italiano a zero residui.

Per concretizzare il progetto l’Associazione “Zero Residui” vuol mettere in rete tutti i soggetti interessati a questo percorso virtuoso: dai singoli cittadini alle filiere agricole, dai professionisti del settore al mondo della ricerca. L’obiettivo è un'alleanza capace anche di far crescere l'interesse della Grande distribuzione che deve comprendere che la distintività è un elemento chiave per il successo dei prodotti  zero residui. Distintività che deve essere visibile anche sugli scaffali, cosa che ora non è.

A fronte dell’onda lunga della pandemia prima e poi della guerra, da mesi si sta aggravando una crisi della domanda e delle marginalità - a cui si aggiungono costi di produzione schizzati oltre ogni immaginazione - che colpisce in particolare il mondo dell’agroalimentare, grande distribuzione compresa. Ma la crisi ha radici più profonde: la mancanza di adattamento di molte produzioni al cambiamento climatico. O ancora la mancanza di manodopera frutto di una “regolamentazione” rovinosa e datata del lavoro stagionale. Qualificare l'offerta e differenziarla può essere una delle strade per reggere l'urto di una fase che non sarà di breve periodo: la produzione a residui zero è un modo di farlo.

L’associazione Zero Residui dunque si propone come punto di incontro, “un facilitatore di rete”, ma anche, insieme a Legambiente, un elemento di garanzia etica ed ambientale.
Il progetto a cui sta lavorando il nostro comitato tecnico-scientifico ha l’obiettivo di creare linee guida univoche per il residuo zero condivise con principali portatori di interesse. Dare un’identità maggiore e condivisa al residuo zero permetterebbe non solo di coinvolgere più operatori dal seme allo scaffale, ma garantirebbe una maggiore riconoscibilità del prodotto sui mercati. Per un’agricoltura più sicura per i cittadini e per l’ambiente, capace inoltre di garantire la giusta remunerazione all’agricoltore. Per saperne di più www.zeroresidui.it.

Copyright 2022 IFN Italiafruit News