Frutta a guscio, la sfida dell'Emilia-Romagna

Il punto nell'evento di Confagricoltura e New Factor: nuovi progetti

Frutta a guscio, la sfida dell'Emilia-Romagna
Emilia-Romagna terra di frutta a guscio? I numeri sono incoraggianti e in crescita, leggendoli emerge come la filiera si stia strutturando, abbracciando incrociare le più antiche tradizioni gastronomiche e l’arte dolciaria. E' quanto emerso durante il talk show “Noci e frutta a guscio in Emilia-Romagna. Valorizzazione di un territorio vocato”, nell’ambito della manifestazione bolognese “Cibò. So Good!” organizzata nella splendida cornice del Palazzo del Re Enzo. Qui Confagricoltura e New Factor hanno fatto il punto sulle opportunità e gli sviluppi di noci, nocciole, castagne e in fase di sperimentazione pure mandorle e arachidi.



In regione le noci sono passate in un anno da 1075 a 1221 ettari coltivati (+13%), le nocciole salgono a 244 ettari (+165%), mentre le castagne e i marroni raggiungono i 2334 ettari complessivi (+5,5%). Nascono così preziosi frutteti che diventano alleati dell’ambiente contro l’effetto serra. Procedono a vele spiegate le filiere delle noci di Romagna e delle noci bio del Delta del Po, quelle delle castagne e dei marroni dell’Appennino.

Alessandro Annibali, presidente della sezione frutta a guscio di Confagricoltura Emilia Romagna e amministratore delegato di New Factor, l’azienda madre che guida la filiera “Noci di Romagna”, ha ripercorso gli inizi pioneristici del suo sogno di implementare la presenza di noceti in un territorio come quello del forlivese, dove da sempre erano presenti in modo spontaneo e a macchia di leopardo e con produzioni scarse e non coordinate. Dopo 25 anni di attività e un marchio affermato come le “Noci di Romagna”, la sua missione continua ed è quella - assieme agli altri distretti nocicoli come la Campania e il Veneto - di aumentare la disponibilitaà quantitativa di noci italiane per arrivare a coprire almeno il 40-50% delle vendite, dove ora oltre l'80% sono di provenienza estera.



"Il nostro bacino produttivo va da Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna a Ferrara passando per Bologna. L’Emilia-Romagna, grazie alla vocazione dei propri terreni, alle capacità e all’intraprendenza dei propri agricoltori e imprenditori, rappresenta l’area strategica di sviluppo della nocicoltura moderna. Tutto nasce più di 20 anni fa quando New Factor, azienda specializzata nella commercializzazione di frutta secca, ha dato il via come capofila, attraverso l’azienda agricola San Martino di Forlì e, dal 2018 insieme alla cooperativa faentina Agrintesa, al progetto di filiera In-Noce. Un sogno diventato realtà che oggi vede coinvolte 21 aziende e conta 500 ettari a noceto irriguo, intensivo e meccanizzato". Annibali ha iniziato nel 1997 a piantare alberi di noce nella sua azienda agricola alle porte di Forlì e ora dice: "L’Emilia-Romagna protagonista nella coltivazione del noce (in particolare la varietà più apprezzata su scala mondiale: Chandler), mette a terra un progetto pilota che guarda alla trasformazione industriale del prodotto agricolo in barrette e snack salutistici, alla sua naturale esaltazione all’interno di una ampia gamma di specialità gastronomiche dolci e salate, dalle torte alle salse ai condimenti. In futuro – aggiunge il presidente della sezione frutta a guscio di Confagricoltura Emilia Romagna - si potrà fare lo stesso con le castagne, nocciole e mandorle coltivate in regione, per ridurre la dipendenza dalle importazioni estere e per dare valore alla frutta secca del territorio puntando su una filiera corta, sostenibile e circolare". Da uno studio condotto nell’areale emiliano-romagnolo si evince infatti che un ettaro di noceto evita l’emissione in atmosfera di 30 tonnellate circa di CO2 nell’arco dell’intero periodo vitale. Gli scarti della lavorazione servono per produrre energia pulita (biogas o biometano) e fertilizzanti oppure si riciclano in oggetti di design.



Claudia Guidi
è socia fondatrice del Consorzio Noci del Delta del Po e ha presentato la sfida del progetto di noci Bio, con l'ambizione di creare a Ferrara alla fine del percorso di qualche anno un vero e proprio distretto delle noci nazionali biologiche. «L’idea di coltivare noci nel Delta del Po – dichiara l’imprenditrice - nasce dall’esigenza di diversificazione delle colture in un territorio come quello della provincia di Ferrara, da sempre legato a una tradizione frutticola soprattutto pericola: un comparto che nel corso degli ultimi anni ha però subito gravi contraccolpi causati dalla cimice asiatica, dalla maculatura bruna e dalle gelate. La scelta del Bio è dettata dalla voglia di soddisfare le richieste di quei consumatori che, oltre a ricercare prodotti nutraceutici e salutistici, vorrebbero anche delle certezze sul metodo di coltivazione. Biologico e convenzionale non sono due realtà antitetiche, ma due diverse possibilità di reddito per l’agricoltore che scegliendo il Bio sposta il focus dalle rese verso una maggior tutela ambientale e paesaggistica».

Cesare Bendandi
, tecnico dell'Azienda San Martino, ha poi illustrato l'impatto positivo che ha la produzione delle noci sull'ambiente circostante e in modo molto analittico ha illustrato ai presenti tutti i benefici.
L'agronomo Achille Savini si è invece soffermato sulle potenzialità produttive e di reddito che le coltivazioni del nocciolo possono dare sia per la vendita del fresco, ma sopratutto per i volumi destinati all'industria.



Infine le castagne: "L’Appennino Bolognese è tra gli areali castanicoli più importanti dell’Emilia Romagna, ma serve un’ulteriore aggregazione tra tutti i produttori di castagne e marroni per continuare a crescere e rispondere alla richiesta sempre più elevata che arriva dal mercato, dove i consumatori riconoscono e apprezzano questi prodotti del territorio”. È questo il messaggio lanciato da Confagricoltura Bologna durante il talk show.  I Consorzi dei Castanicoltori dell’Appennino Bolognese, dell’Alto Reno e di Castel del Rio hanno infatti prodotto oltre 4000 quintali tra castagne e marroni nel 2021. Si tratta di volumi rilevanti, anche se in calo del 43,60% rispetto al 2020.

“Mai come in questo caso si può dire che è l’unione a fare la forza - ha detto Claudio Cervellati, responsabile dell’Ufficio Forestazione di Confagricoltura Bologna - Siamo fortunati, nella nostra Provincia, ad avere diversi soggetti e tutti di grandissimo livello. I Consorzi hanno infatti la grande capacità di aiutare i giovani e i piccoli agricoltori nella loro crescita, fornendo tutte le conoscenze e gli strumenti necessari per poter tramandare questa attività. Sarà importante quindi che questi rapporti possano svilupparsi ulteriormente, continuando così quel percorso di crescita che pone ancora una volta Bologna e l’Emilia Romagna ai primi posti a livello nazionale”.

«Nell’era della deglobalizzazione e in ragione delle tensioni geopolitiche in atto - ha evidenziato il presidente regionale di Confagricoltura, Marcello Bonvicini - occorre diversificare le produzioni, investire in filiere orientate al mercato capaci di leggere le nuove tendenze alimentari legate alla salute e al benessere. L’Emilia-Romagna è regione leader per numero di eccellenze Dop e Igp, domani lo sarà anche per la frutta a guscio».

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