Prodotti territoriali e l'abbaglio del localismo

Come sfruttare queste referenze per aumentare l'appeal del reparto ortofrutta

Prodotti territoriali e l'abbaglio del localismo
Italianità, localismo, vicinanza al luogo di produzione. Sono tutti driver che, come ricordano le ricerche del Monitor Ortofrutta di Agroter, orientano il consumatore italiano. Ma siamo sicuri che l'ortofrutta coltivata vicino a casa sia a prescindere davvero migliore di quella che arriva da un'altra zona del Bel Paese?

L'equazione “vicino = buono” guida la comunicazione di diverse organizzazioni professionali che, con i loro produttori associati, hanno dato vita a mercatini ormai capillarmente presenti lungo la Penisola. Se la vicinanza rassicura – e in questo periodo ce n'è un gran bisogno – non dà però concrete garanzie di prestazioni qualitative migliori rispetto ai prodotti che provengono da altri regioni.



Sulla qualità è difficile mettere tutti d'accordo: ma non bisogna confondere il gusto personale con parametri qualitativi definiti e riconosciuti. Inoltre se le verdure possono sempre essere cucinate e migliorate a casa – una ricetta piuttosto che un condimento speziato – le prestazioni della frutta sono maggiormente legate al territorio: dal microclima alle caratteristiche del terreno, dall'esposizione solare alla vicinanza del mare... Qui la regionalità è un fattore determinante. Un fattore che si ravvisa anche su alcune categorie di ortaggi, come i pomodori ad esempio, dove però si inizia a far sentire la competizione delle colture tecnologiche fuori suolo.

Detto questo, cosa fa e cosa può fare la distribuzione moderna per cavalcare la territorialità generando un beneficio per l'intero reparto ortofrutta? Negli ultimi anni, cogliendo la propensione dei consumatori all'acquisto locale, si è investito per consolidare le forniture presenti nei territori di pertinenza delle singole insegne e questo lo si vede negli assortimenti. A seconda delle regioni e delle stagioni, la numerica delle referenze ortofrutticole territoriali varia da 30 a 60 prodotti al Nord, mentre i numeri sono invece più alti - tra le 80 e le 90 referenze - al Sud, dove notoriamente la produzione orticola è più abbondante e dal calendario più ampio.



Che siano prodotti locali della provincia o regionali, ogni insegna utilizza materiali a supporto per farli riconoscere ed evidenziarli ai consumatori: lavagnette e stopper, con l'aiuto dei cartelli con le foto dei produttori “locali”, sono elementi di comunicazione nel punto vendita capaci di calamitare l'attenzione del consumatore. E tanto si potrebbe ancora fare per trasmettere il valore della proposta e generare così effetti positivi su tutto il reparto. 

I prodotti territoriali, infatti, devono essere gestiti strategicamente perché sono importanti per tutta la filiera, dal produttore al consumatore finale: favoriscono infatti le economie locali, dalle più piccole realtà produttive a quelle medio-grandi, mantengono vive le tradizioni gastronomiche, i legami sociali si rinsaldano, si infonde un senso di comunità ed in alcuni casi si creano veri e propri modelli di sviluppo di filiera importanti.

C'è poi un aspetto economico che, soprattutto in questo periodo, non va trascurato: la merce locale viene consegnata a pochi chilometri di distanza dai negozi o dai centri di distribuzione, quindi con minori costi di trasporto e minore impatto ambientale, parliamo sempre prodotti di stagione, soprattutto le verdure non sono frigo-conservate, quindi senza ulteriori costi e con un forte beneficio di freschezza, perché raccolte e direttamente consegnate. Elementi che non vanno trascurati e i cui plus non vanno dati per scontati al consumatore.



Ovviamente la forza di un reparto ortofrutta è la segmentazione del suo assortimento. I prodotti del territorio, soprattutto le verdure, hanno una forte concorrenza e devono convivere con le referenze delle altre regioni contando sulla loro maggior freschezza e appeal verso i consumatori. Per la frutta, invece, in molti casi diventa difficile fare concorrenza a quella coltivata in aree vocate e con importanti eccellenze e riconosciuti marchi Igp e Dop: pensiamo alle mele del Trentino Alto Adige, alle clementine calabresi, alle arance siciliane, alle ciliegie di Vignola, ai meloni mantovani, alle pere emiliane-romagnole, ai pomodori siciliani e campani o a referenze ancora più territoriali come gli asparagi di Altedo.

L'elenco è lungo. Ogni regione italiana, infatti, ci regala nel corso delle stagioni prodotti eccellenti, quindi dobbiamo dare la possibilità ai consumatori di scegliere in base alle loro diverse esigenze su prezzo, qualità e freschezza, proponendo assortimenti ampi nei momenti stagionali favorevoli dove le produzioni locali completano quelle che arrivano da lontano ed in alcuni casi si prendono addirittura la scena del reparto ortofrutta. Non per una questione di campanile, ma di vera convenienza e soddisfazione d'acquisto. Insomma, non ci deve essere uno scontro tra produzioni locali e nazionali, ma costruendo un'offerta migliore e ampia per il consumatore, l'unico vincitore deve essere il reparto ortofrutta.

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