«Ortofrutta, parola d'ordine soddisfazione»

Dall'Agata (Bestack): «Davanti ai rincari confezioni strategiche per trasmettere valore»

«Ortofrutta, parola d'ordine soddisfazione»
Tirare la leva della soddisfazione, ingranare la marcia della segmentazione e comunicare tutto il buono che c'è nell'ortofrutta. Per evitare un'involuzione del valore percepito di frutta e verdura bisogna prima di tutto "concentrarsi sulla motivazione di acquisto che spinge il consumatore a scegliere un prodotto piuttosto che un altro - dice Claudio Dall'Agata, managing director del Consorzio Bestack - perché se compri una cosa per pura necessità la cerchi al minor prezzo possibile, mentre se lo fai per trovare una soddisfazione allora è tutta un'altra musica".
Davanti ai rincari in atto serve una strategia (clicca qui per leggere l'articolo in cui abbiamo messo a confronto i punti di vista di Giampaolo Ferri e Roberto Della Casa) in cui il ruolo delle confezioni può essere centrale.

Dall'Agata, l'aumento dei costi di produzione e l’esigenza di contenere i prezzi al dettaglio: come raggiungere l'equilibrio?
Cosa cerchiamo dall'ortofrutta? Convenienza o soddisfazione? La domanda è certamente sempre più polarizzata ma per una, purtroppo ampia, fascia di consumatori che cercano solo prezzi bassi ne è presente anche un’altra  che compra per desiderio di soddisfazione, per questo credo sia la parola chiave, per tanti motivi. Ma va stimolata e soprattutto deve essere rispettosa della promessa che si fa al consumatore. In questa logica sarebbe auspicabile maggiore segmentazione così come da tempo è avvenuto nel mondo del vino e oggi anche in quello delle carni fresche: in tanti punti vendita della moderna distribuzione le vetrine con bistecche a vari gradi di frollatura sono un must, un totem di comunicazione oltre che l'altare della qualità. Questo può avvenire anche in ortofrutta, ma è importante avere qualche cosa da testare, da raccontare, da promettere e soprattutto poi da garantire.



Lo 0,99 è una risposta alle fasce più deboli o una strategia perdente per il reparto?
È una strategia, efficace per alcune fasce di popolazione. Se il prezzo fosse l’unico driver non si spiegherebbero alcuni trend. I dati sui consumi di ortofrutta 2021 di CSO Italy raccontano che la quota del discount a volume, canale notoriamente aggressivo a valore, è rimasta inalterata, 17% come nel 2021, mentre perdono due punti percentuali i negozi tradizionali in sede fissa, quelli che fanno registrare i minori prezzi medi al Kg. Cresce la quota dei super in cui il prezzo medio è il più alto. Mi paiono dati sufficienti per dire che il prezzo più basso non è garanzia di competitività. Quindi non può essere l'unica strategia,. Occorre pensare ad una offerta che tenga insieme le diverse fasce di consumatori tenendo conto delle motivazioni di acquisto di ciascuno, sia per quelli che badano al prezzo ma anche e soprattutto a coloro  che hanno capacità di spesa. C’è spazio per costruire un'offerta anche per chi ha possibilità, ci sono opportunità interessanti in questa direzione, però serve coraggio. Penso al progetto di e-commerce di Jingold con le box proposte per soddisfare il fabbisogno settimanale di vitamine: uno straordinario progetto di comunicazione capace di trasmettere valore, in questa logica sono state sviluppate confezioni coerenti, il cui incremento di costo è stato meno che proporzionale all’aumento di valore del prodotto venduto. Se così accade cresce la marginalità e ci si svincola dai costi.



Il packaging non deve quindi essere visto come una voce di costo?
Prima della pandemia una classica confezione 60x40 per la frutta estiva aveva un’incidenza tra il 6 e il 7% sul prezzo di vendita del prodotto. Ora l'incidenza, con i costi degli imballaggi che sono aumentati anche del 50%, rischia in alcuni casi di arrivate al 9%. Questo è il reale impatto se l’offerta rimane standard. Ma se l’offerta si evolve, integra valori e si rivolge ad una fascia disposta a riconoscerlia racconti il prodotto, la storia dell'azienda e contribuisci a rendere coerente la confezione con il posizionamento di alto livello, l'incidenza può scendere addirittura sotto il 6%, nonostante un costo unitario di confezione maggiore la marginalità cresce. Ecco, il punto è questo: dobbiamo capire che strada prendere davanti a fenomeni che la filiera non governa, e la strada non può essere che quella di aggiungere valore alla propria offerta e sulla base di questo chiedere un riconoscimento sul mercato.



Quindi per recuperare marginalità non c'è bisogno di limitare il packaging?
Per aumentare il margine la teoria dice che si devono o ridurre i costi o aumentare i ricavi. Si possono certamente ridurre i costi provando a ridurre i costi di imballaggio, cercando strategie di leadership di costo, ma se non basta si dovrà passare a ridurre i costi di selezione, manodopera, diradamento in campagna, di condizionamento in cella, di trasporto. Tutti quei costi tipici dell’impresa ortofrutticola. A mio avviso una strada perdente.. Dobbiamo ragionare sulla crescita dei ricavi e la piacevolezza di un acquisto non solo nella riduzione degli elementi di costruzione dell'offerta: è importante trovare un punto di equilibrio tra le tante nicchie, anzi ormai sarebbe il caso di chiamarle 'nicchione', di mercato.

Se l'ortofrutta deve fare un salto di qualità a livello qualitativo, che cosa ci si può aspettare dal mondo degli imballaggi?
Ci sono poi falsi miti da smontare: come il fatto che il consumatore vuole sempre vedere il contenuto. Dipenda quale consumatore: chi acquista online, ad esempio, non vede ne il prodotto ne l'imballaggio: se c'è un mercato che si fida di chi ha scelto di fidarsi di un fornitore il gioco è fatto e si può affrontare il tema imballaggi con meno sovrastrutture. Nel commercio online vince l'unboxing, il piacere della sorpresa, più che la visibilità del prodotto. E sulla fiducia del consumatore l'imballaggio può costruire interessanti opportunità.

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