«È l'ortofrutta a trainare i consumi del biologico»

Gardoni, neopresidente Coldiretti Bio: «Dobbiamo spingere sul marchio italiano»

«È l'ortofrutta a trainare i consumi del biologico»
Maria Letizia Gardoni ha le idee ben chiare di quelle che sono le sfide che dovrà affrontare in quanto presidente di Coldiretti Bio, la nuova unità che rappresenta le imprese del settore, che a livello nazionale coinvolge oltre 35mila produttori ortofrutticoli. Sul piatto da qui ai prossimi anni c'è la creazione di un marchio che certifichi il biologico italiano, la ricerca di mezzi tecnici per curare le fitopatologie riducendo i costi di intervento e la spinta a un maggiore consumo

Gardoni, quanto incide l’ortofrutta nei consumi bio?

Circa il 47% della spesa biologica dei consumatori italiani. L'ortofrutta è il settore su cui i cittadini investono di più. Come canali di vendita si acquista soprattutto nelle botteghe e nei mercati rionali, in controtendenza rispetto a legumi e frutta secca che hanno maggiore sbocco nella grande distribuzione. Viaggia molto bene invece nell’e-commerce, dove le vendite sono attorno ai 65/67 milioni di euro. L’ortofrutta non traina solo i consumi bio, ma fa aumentare la media delle superfici coltivate senza pesticidi chimici. In Italia l’incidenza totale è del 17%. Il merito lo dobbiamo a questo settore, che caratterizza il 25% del suolo coltivato ed ha un trend in aumento.



Come anticipava, in Gdo i consumi dell’ortofrutta bio sono stagnanti. Non c’è il rischio che i rincari facciano alzare ancora di più i prezzi di prodotti già più cari della media?

È una riflessione che stiamo facendo, ma è difficile prevedere il consumo. Capita di non accostarsi a frutta e verdura bio a causa dei costi più elevati, ma sono fiduciosa: chi sceglie di consumare bio è ben spinto da un’etica forte e non si fa mettere in difficoltà da eventuali rincari.

A livello produttivo i problemi non mancano, in particolare negli ultimi anni tra eventi meteorologici estremi e l’arrivo di nuove malattie e insetti. Il bio come si difende?

C’è l’esigenza di maggiore ricerca perché l’innovazione tecnologica gioca un ruolo fondamentale. Stiamo sviluppando un sistema con Consorzi Agrari d’Italia proprio per investire sui mezzi tecnici utili al biologico. Ad esempio, controllare da remoto gli impianti è uno strumento in più che permette di intervenire solo nel momento in cui si avvista un danno e solo in quella parte di terreno, riducendo le spese di intervento.



Farm to Fork prospetta di trasformare il 25% dei terreni agricoli in aree destinate al biologico entro il 2030. Il mercato riuscirà a stare dietro ad una spinta così forte dell’offerta? 

La nostra preoccupazione è legata all’abbassamento degli standard produttivi. Siamo favorevoli all’incremento e per il nostro Paese non è un traguardo lontano, ma per altri sì, e questa accelerazione in breve tempo non deve inficiare la qualità delle coltivazioni. Non vorremmo che venisse a meno il rigore dei disciplinari. L’altro aspetto riguarda i consumi: a livello europeo noi italiani compriamo meno biologico di altri perché abbiamo già un’alta reputazione del nostro cibo. È importante quindi far capire il plus di questa agricoltura.

Cosa pensa della legge sul biologico rinviata al Senato?

È un buco normativo che va colmato al più presto e una risposta di giustizia per le tante imprese che stanno investendo da tanti anni. Ci siamo sempre esposti anche per un’accelerazione sul biodinamico. In primis sono tutti agricoltori certificati biologici che non fanno del male a nessuno, anzi, attraverso il ciclo chiuso fertilizzano il suolo con i rifiuti organici e realizzano fatturati più importanti del biologico. 



Quale sarà la mission di Coldiretti Bio?

Lavorare sul bio significa guardare al futuro dell’agricoltura. Spesso viene messa in discussione la verità sulla certificazione quindi metteremo tutto il nostro impegno per tutelare le aziende. Sul mercato c’è anche molto prodotto estero proveniente da paesi extraeuropei che non hanno lo stesso rigore dei nostri disciplinari, quindi la nuova legge è importante anche per indicare l’origine di provenienza e investire sul marchio del biologico italiano.

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