Il ratto della manodopera

In Europa cresce la competizione per la forza lavoro: i timori del settore

Il ratto della manodopera
C'è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui la fila per lavorare in ortofrutta era lunga. Ora la manodopera è uno dei fattori produttivi più difficili da reperire e da fidelizzare, con il Covid-19 che ha trasformato il problema in una emergenza. E per assicurarsi braccia da impiegare nei campi e nei magazzini è nata una vera e propria competizione internazionale: dalla Gran Bretagna che deve fare i conti con tutte le questioni post Brexit alla più vicina Germania, per arrivare alle serre dei Paesi Bassi. E come in ogni competizione che si rispetti ogni Paese mette sul piatto le proprie condizioni: dalla retribuzione alla flessibilità, fino ai servizi acessori, l'Europa Centrale e del Nord finisce per essere più appetibile dello Stivale. E così, come ha ricordato in un recente servizio anche il quotidiano economico ItaliaOggi, il rischio per il Bel Paese è di vedersi scippata la già scarsa manodopera disponibile. Quella regolare, s'intende.

Secondo Coldiretti la manodopera straniera rappresenta ormai stabilmente un terzo della forza lavoro complessiva in agricoltura, ovvero 357.768 unità su circa 900.000 addetti totali e concorre al 29,3% dell'occupazione complessiva in termini di giornate lavorate. Ingaggiare i lavoratori stranieri con tutte le norme legate alla pandemia è sempre più complicato: tra vaccini non riconosciuti dalla Ue (come Sputnik, Sinovac o Sinopharm) e l'obbligo del green pass rafforzato per gli over 50 anche per chi lavora in campagna, la platea disponibile si assottiglia. E poi c'è il risvolto psicologico: il coronavirus ha scoraggiato operatori dell'Est o del Nord Africa a venire in Italia per un lavoro stagionale.



Dalle campagne e dai magazzini ogni volta che IFN interpella un imprenditore il tema della manodopera è all'ordine del giorno, quasi come i costi produttivi crescenti e i prezzi riconosciuti mai soddisfacenti. Le dimensioni del fenomeno - che riguardano l'ortofrutta così come altri settori agricoli - non possono quindi essere limitati alla semplice lamentela. Il decreto flussi ha aperto le maglie (clicca qui per approfondire) ma poi queste braccia vanno trovate.

"Dalle strutture territoriali e dalle aziende agricole in tutta Italia, dal Nord al Sud, stiamo ricevendo crescenti segnalazioni di carenza di mano d'opera", sottolinea il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. In areali ad alta valenza ortofrutticola, come il Ferrarese, "la manodopera straniera nelle campagne arriva al 40% e il 35% degli operatori del nostro territorio è over 50 - aggiunge Paolo Cavalcoli, presidente di Confagricoltura Ferrara - In pratica ci sono 15mila lavoratori che stanno pensando di abbandonare le nostre campagne e andare a lavorare all'estero. Già fatichiamo a trovare un numero sufficiente di persone disposte al lavoro agricolo, se si verifica questa fuga siamo rovinati. Abbiamo chiesto al governo di riconoscere a questi lavoratori la validità del vaccino anche se non è tra quelli somministrati in Europa. Aspettiamo una risposta. Non si può penalizzare per questo la nostra agricoltura che già si dibatte tra mille problemi".



Il Regno Unito, per le mansioni più richieste (dalla sanità all'agricoltura), ha avviato un nuovo sistema per agevolare l'ingresso dei lavoratori. A gennaio e febbraio sono previste iniziative per far conoscere questo strumento e nel corso dell'anno le aziende agricole britanniche potranno assumere fino a 30mila lavoratori stranieri da impiegare nella raccolta nei campi e nei lavori nelle serre, per questo personale il classico visto stagionale di sei mesi sarà prolungato fino a tre anni.

Anche nel Lazio, l'Aspal denuncia problemi per la carenza di manodopera: “La situazione della pandemia è solo la ciliegina sulla torta, in negativo ovviamente, nel nostro settore - si legge in una nota - Continuiamo ad avere grossi problemi per carenza di manodopera, con il serio rischio di vedere compromessi i vari raccolti e anche gli altri lavori stagionali in campagna".            

In Puglia, come osserva il presidente regionale di Coldiretti Savino Muraglia, l'agricoltura impegna “oltre 38mila lavoratori stranieri che forniscono il 22,4% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, mentre si registrano fortissime difficoltà a reperire anche la manodopera italiana. Il contributo dei lavoratori immigrati all'agricoltura pugliese - conclude Muraglia - è importante nella raccolta dei pomodori, degli asparagi e dei carciofi e nelle stalle sono divenuti insostituibili. In Puglia il maggior numero di extracomunitari hanno nazionalità rumena (51,18%), albanese (13,02%), bulgara (13,11%), marocchina (4,11%) e polacca (3,51%)”.



Ma numeri a parte, c'è poi il grande tema della specializzazione. E se chi aveva iniziato un percorso professionale in un'azienda, poi se ne va in un altro Paese le difficoltà aumentano. "In questo momento stiamo selezionando le piantine di fragole da distribuire ai nostri associati - spiega a ItaliaOggi Mauro Grossi, presidente del Consorzio italiano vivaisti - Ma non possiamo procedere se i lavoratori si spostano in Germania e Olanda che riescono a pagare di più perché non ci sono le abnormi trattenute in vigore in Italia. Che senso ha una gara per attrarre e trattenere immigrati?".
"C'è un problema di quantità ma anche di qualità di mano d'opera - evidenzia Stefano Gasperi, direttore Confagricoltura Modena - le aziende rischiano di dover ricorrere a personale poco qualificato, a scapito della produttività e dell'integrità del frutteto negli anni successivi. Senza parlare poi del proliferare del lavoro irregolare che potrebbe diventare un problema in una situazione di squilibrio tra la domanda e l'offerta. Bisogna che la politica faccia la sua parte".

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