Claudio Scalise di Sg Marketing ha parlato di "Varietà club brevettate e varietà vegetali; impatto sul mercato" essenziale per garantire distintività e valorizzare. Oggi si può produrre in qualche parte del mondo ma per dar vita a una nuova cultivar, dalla selezione alla verifica dell'accettabilità commerciale, servono una quindicina d'anni. E i breeder si sono posti il problema di tutelare la proprietà intellettuale.
Questa esigenza di tutela si coniuga con l'opportunità di avere e commercializzare prodotti unici. La tutela ha due modelli: tradizionale (gestione vivaistica) e di gestione inclusiva, che rende l'acquirente "licenziatario" con una più complessa operazione gestionale e royalty pagate anno per anno: spesso la varietà viene data in concessione al commercializzatore. Che deve controllare sviluppo e marca. Tra gli esempi portati all'attenzione dei soci di Fruitimprese Veneto da Scalise, che ne ha spiegato le diverse dinamiche: Candonga, Rossetta, Fragola Matera, Si-Bon, Diva, Violì.
Il presidente Stefano Pezzo
Per l'uva vengono individuate quattro modelli: libere; royalty all'impianto; all'impianto e commerciale; all'impianto e commerciale più club. La relazione si è incentrata sulle varietà apirene come le Arra. Quindi una spiegazione dello schema relativo ai brand varietali e focus sul brand Pink Lady, tra i precursori e sulle nuove varietà di mele, che in Gdo valgono oggi il 12,7% contro il 6,8% del 2015. Scalise ha infine citato il caso Zespri: quando la varietà diventa proprietà esclusiva di una multinazionale.
Chiara Mariuzzi dello studio Forte ha quindi trattato il tema della protezione della varietà vegetali dal punto di vista normativo.