Frutta, ecco il nuovo panorama mondiale

Cosa è successo nell'ultimo ventennio a drupacee, banane, agrumi e pomacee

Frutta, ecco il nuovo panorama mondiale
Il commercio mondiale di frutta si è ampliato di circa 34 milioni di tonnellate negli ultimi due decenni. Una crescita che, in termini relativi, corrisponde ad un aumento del 77%. Le numerose famiglie frutticole possono essere raggruppate in tre categorie principali: banane, agrumi e pomacee. Tre categorie hanno registrato una flessione nell’ultimo ventennio: la quota di mercato delle banane è passata infatti dal 30% al 27%, quella degli agrumi dal 23% al 20% e quella delle pomacee dal 16 al 14%

Se agli inizi degli anni Duemila, banane, agrumi e pomacee rappresentavano il 77% del commercio mondiale di frutta, oggi la loro quota è scesa al 68%. Anche l’uva da tavola, nel medesimo periodo, ha riportato un calo della market share (dall'8 al 7%), mentre hanno tenuto il passo meloni e angurie (8%) oltre alle drupacee (5%).



A registrare una rapida crescita sono stati il segmento composto da avocado, mango e altri prodotti esotici, passati dal 6 all’11%, e il gruppo dell’altra frutta cresciuta dal 5 al 9%. In termini assoluti, i volumi commercializzati di questi prodotti sono cresciuti del 200% in soli due decenni, passando dalle 5 milioni di tonnellate d’inizio secolo alle 15 milioni di tonnellate del 2020. 

Per quanto riguarda le drupacee, i quattro gruppi principali (ciliegie, albicocche, prugne, pesche e nettarine) registrano un andamento differente. Si può però denotare una tendenza comune: il declino di Europa e Nord America. Queste due Regioni continuano infatti a crescere ma ad un ritmo più lento delle altre. L'Asia sta registrando uno sviluppo su tutte le specie di drupacee, mentre l'Emisfero Australe sta mantenendo il proprio peso commerciale. Si possono inoltre rilevare cambiamenti a livello mondiale nelle destinazioni di export. 


Ciliegie
La ciliegia è la drupa che registra la crescita maggiore in termini relativi. Nel 2001 le prime due zone esportatrici, Europa e Nord America, rappresentavano il 73% delle esportazioni totali. Una quota che oggi si attesta solo al 28%.

In termini assoluti, Europa e Nord America nell’ultimo ventennio hanno registrato un aumento nettamente inferiore a quello di altre zone. L'attività si è sviluppata negli Stati Uniti ed in Canada. Italia e Romania sono scomparse dall'elenco europeo dei maggiori esportatori, mentre Spagna e Grecia resistono con aumenti di volume. Anche la Moldavia è entrata nella lista.

L'ascesa dell'Asia si è basata sulla straordinaria crescita della Turchia e sull'entrata di due repubbliche dell'Asia centrale, Azerbaigian e Uzbekistan. La Turchia spedisce il 50% della propria produzione in Europa ed il resto in vari mercati asiatici, mentre Azerbaigian e Uzbekistan commercializzano esclusivamente in Asia.

Il Cile è senza dubbio il leader indiscusso del comparto cerasicolo, essendo il primo esportatore mondiale del frutto. In questa stagione ormai conclusa, il Paese dovrebbe battere il proprio record con l’esportazione di 350mila tonnellate di ciliegie (+40%). Lo sviluppo varietale - aiutato dal clima molto diversificato - e l’evoluzione delle tecnologie post-raccolta gli hanno permesso di esportare frutta in qualsiasi luogo del mondo in grado di ricevere container, specie in Cina continentale ed Hong Kong. Il Cile, da solo, è stato responsabile del balzo in avanti dell’Emisfero Australe, la cui quota globale di esportazione è passata dal 7% al 46% nel corso dell’ultimo ventennio. 

A livello economico, la ciliegia si posiziona al vertice delle quattro specie di drupacee. Il suo valore, secondo le statistiche Trademap, è di quasi 4 dollari per chilo, mentre le altre famiglie di drupacee oscillano tra 1,01 e 1,15 dollari per chilo. In altre parole, la ciliegia genera il 46% dei flussi economici complessivi delle drupacee, anche se rappresenta solo il 19% del commercio mondiale di drupe in termini di tonnellate.



Albicocche 
All'inizio del secolo l'Europa realizzava la maggior parte delle esportazioni di albicocche grazie ai suoi quattro Paesi produttori, stabiliti al vertice dei primi dieci player al mondo. Poi è arrivata l'Asia, con la Turchia in testa. L'elenco è completato dal Nord America, con gli Stati Uniti, e dai Paesi storici dell'Emisfero Australe, Cile e Sudafrica.

L'Europa è stata spodestata in pochi anni dalla forte crescita della Turchia e dall'irruzione di altri Paesi asiatici, come Uzbekistan, Afghanistan, Giordania e Kazakistan. La storia sembra riportarci alle radici del prodotto: le albicocche sono originarie dell'Asia centrale, spuntando dalle pendici occidentali dell'Himalaya, dove oggi si trovano i grandi produttori mondiali. 

Secondo i dati della Fao, il primo produttore mondiale di albicocche è la Turchia, con oltre 800mila ton, seguita in seconda posizione dall'Uzbekistan con oltre 500mila tonnellate. Seguono Iran, Pakistan e Afghanistan, tutti ben al di sopra delle 100mila tonnellate. Tuttavia, fino a tempi recenti, questi Paesi riservavano la loro produzione al solo consumo locale, in gran parte sotto forma di albicocche essiccate con metodi artigianali. Sembra chiaro che la situazione sia cambiata col tempo.

Gli Stati Uniti sono usciti dalla lista dei principali esportatori, come pure i due Paesi dell'Emisfero Australe. 


Susine
La prugna è la drupa che si presta meglio alla conservazione e al trasporto in contenitori refrigerati. Un prodotto che si è rapidamente affermato nell'Emisfero Australe grazie all’adattamento delle varietà giapponesi. All'inizio degli anni 2000, queste cultivar - simili a quelle dell'Asia centrale - venivano più comunemente esportate rispetto alle susine europee, ma si utilizzavano anche per l’essicazione o la preparazione di liquori. Tutti questi fattori spiegano perché le due zone in testa alla classifica d’inizio secolo siano rimaste le stesse fino ai giorni nostri.

L’Europa, guidata da Spagna e Italia, ha perso Ungheria e Romania e ha visto l’entrata di Moldova e Serbia. Ma nel complesso ha mantenuto la quota del 30% delle esportazioni mondiali. Lo ha potuto fare grazie alle esportazioni spagnole in Brasile e in altri Paesi sudamericani, da un lato, e alle esportazioni spagnole e italiane nei Paesi Arabi, dall’altro. La buona capacità della susina di resistere al trasporto marittimo è un altro fattore cruciale di questo trend.

Nell'Emisfero Australe si è riscontrata la forte crescita del Cile, che si conferma al primo posto nel ranking mondiale dei Paesi esportatori. Il Sudafrica ha mantenuto la quarta posizione sebbene non abbia riportato una crescita significativa. Cambiamenti di posizione in classifica si sono verificati sia in Nord America sia nei Paesi asiatici della Turchia e dell’Uzbekistan, dove il commercio è basato sulle prugne indo-europee.



Pesche e nettarine
Le pesche e nettarine, come le albicocche, resistono meno al trasporto marittimo rispetto a ciliegie e prugne. Il commercio tramite container raggiunge livelli significativi con le varietà tardiveverso la fine delle stagioni di ogni Emisfero: il tempo maggiore sugli alberi conferisce ai frutti una migliore resistenza e conservabilità. È risaputo che le varietà precedenti alle tardive, comprese quelle che resistono meglio alle temperature refrigerate, sono di qualità inferiore e hanno anche una durata di conservazione più breve. È questo punto tecnico che spiega la flessione delle esportazioni totali dell'Emisfero Australe. Che, all’inizio del secolo, aveva quattro Paesi produttori nella top ten: Cile, Australia, Sud Africa e Argentina. Nella lista, oggi, restano solo Cile e Sudafrica.

L'Europa ha mantenuto più o meno la propria posizione dell’inizio degli anni Duemila, quando rappresentava il 69% del mercato grazie ai suoi quattro storici Paesi produttori. Ci sono stati però alcuni cambiamenti nelle classifiche legate all’export: la Spagna si posizionata al primo posto e rappresenta ormai da sola il 43% delle esportazioni totali mondiali. La Grecia ha segnato un piccolo aumento; l'Italia è scesa di quasi 300 mila tonnellate in termini assoluti, mentre le esportazioni della Francia si sono dimezzate.

Il Nord America, rappresentato unicamente dagli Usa, è passato dal 13% al 4%. Pur rimanendo nella top 10, anche le sue esportazioni si sono dimezzate. Le perdite di queste zone sono state compensate dai progressi dell'Asia, passata dal 5% al 21% nei primi due decenni di questo secolo. Così Giordania e Uzbekistan si sono aggiunte alla Turchia, già tra i primi dieci Paesi esportatori.



Articolo pubblicato da Fruitrop nel numero di maggio-giugno 2021 

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