Trento, acque agitate alla Sft

Trento, acque agitate alla Sft
Una quarantina abbondante di lavoratrici della Società Frutticoltori Trento ha scioperato giovedì e venerdì contro la sospensione per due giorni di una di loro e la lettera di richiamo ricevuta da altre cinque.

Secondo Massimiliano Govoni, direttore generale dell'azienda, le 6 operaie «non hanno selezionato adeguatamente, attivamente, le mele sulla loro linea di lavorazione» attuando «una forma volontaria di ostruzione, pilotata da qualcuno. Abbiamo contato i chilogrammi selezionati e confrontato i dati: le lavoratrici hanno eliminato un volume di prodotto di gran lunga inferiore rispetto ad addetti che lavorino normalmente».

Questa «evidente noncuranza» sarebbe provata dai «nuovi strumenti introdotti nel 2020» grazie ai quali l'azienda è in grado di «misurare la prestazione delle linee e la loro efficienza»; avrebbe causato inoltre «un danno oggettivo che ha obbligato a una rilavorazione del prodotto».

Le 6 operaie sostengono che l'accusa nei loro confronti sia di avere scartato merce di qualità e selezionato quella danneggiata; ma le mele arrivate sulla linea - aggiungono - erano palesemente di terza scelta. «Impossibile», ribatte il direttore generale. «Abbiamo dei sistemi di controllo e non mandiamo in linea il prodotto di terza scelta».

Il fatto contestato sarebbe avvenuto il 12 aprile alla fine del turno: alle 16.30 le 6 operaie «sono state spostate per l'ultima mezz'ora dalle rispettive linee di lavorazione a una nuova, e poi sanzionate», racconta Katia Negri, segretaria organizzativa della Fai Cisl del Trentino. «Una di loro è andata nell'ufficio del direttore: quando è tornata ha chiesto alla capolinea di assentarsi per poter parlare con la delegata sindacale. È stata autorizzata e sostituita ma qualcuno l'ha vista spostarsi e lo ha segnalato al direttore, ed è stata sospesa per due giorni».

I sindacati hanno risposto immediatamente alle lettere inviate alle dipendenti sottolineando «l'insussistenza della contestazione». Vorrebbero anche «avere evidenza di ciò che l'azienda contesta»: secondo loro è impossibile che 6 operaie esperte, che svolgono l'operazione di cernitura da molti anni, abbiano potuto sbagliare. «Può starci che una sbagli, ma 6?», si chiede Katia Negri.

«Quella sospesa è addirittura del gruppo storico e perde due giorni di stipendio, di contributi e due giorni per maturare il diritto alla disoccupazione agricola». I sindacati dicono che il segnale inviato dai vertici aziendali è «enorme».

La Sft, che ha sede ad Aldeno, conta 70 lavoratrici in tutto: in pratica non hanno partecipato allo sciopero «solo le signore senza le garanzie occupazionali fornite dal contratto provinciale di lavoro, che non sanno se l'anno prossimo verranno nuovamente assunte», dice Elisa Cattani, segretaria generale della Flai Cgil.I sindacati hanno informato la Federazione della Cooperazione di ciò che succede alla Sft ma «fino a oggi in via Segantini hanno scelto di temporeggiare, sottovalutando la gravità della situazione».

Ma il direttore generale della Sft, Govoni, non ci sta. «L'operaia sospesa si era già resa protagonista, il 1° aprile, di un episodio gravissimo, diverso da quest'ultimo; un episodio per il quale il contratto collettivo prevede il licenziamento per giusta causa». Govoni non vuole rivelare di cosa si tratti, «per tutelare», dice, l'operaia stessa e «non lederne l'immagine oltre misura verso terzi. In quell'occasione procedemmo soltanto con un richiamo verbale».

Per Govoni lo sciopero di venerdì e sabato scorsi «non ha alcun senso, giuridicamente. Ma non finisce qui: se qualcuno intende denunciare l'azienda ci difenderemo, sicuri di non avere compiuto alcun illecito o atto irresponsabile».I sindacati Flai Cgil e Fai Cisl non parlano di denunce ma chiedono che la sospensione e i richiami vengano annullati. Vorrebbero capire inoltre «cosa ci sia dietro, perché questo è l'ennesimo episodio negli ultimi mesi». Di sicuro «negli incontri con i sindacati e le operaie la direzione ha affermato che si lavorerà a un ricambio generazionale».

Fonte: L'Adige