Mele e nuove varietà, sfida vinta a metà

Solo il 20% di chi le ha provate acquista con continuità: un motivo c'è

Mele e nuove varietà, sfida vinta a metà
L'innovazione varietale galoppa, ma i consumatori non tengono il ritmo. E un motivo c'è. E' questo l'elemento che spicca dall'indagine del Monitor Ortofrutta di Agroter presentata in occasione della nostra Diretta Facebook del 19 marzo scorso: ben il 37% degli italiani ha provato per la prima volta "nuove" mele nel corso della campagna commerciale in corso, una percentuale di tutto rispetto, ma soltanto il 20% ha ripetuto l'acquisto con continuità fino a quando il prodotto è stato disponibile. Il test, insomma, non è stato completamente superato, anzi il bicchiere è pieno solo a metà.


 
Siamo di fronte a uno snodo epocale, in chiave di segmentazione, e mentre le varietà tradizionali, tra altri e bassi, risultano ancora molte apprezzate, bisogna trovare il modo di rendere le "new entry" affidabili a 360 gradi, non solo in termini di forma e consistenza, senza difetti esteriori e con un aspetto gradevole, ma anche con un sapore distintivo e costantemente all'altezza delle attese.
 
Le nuove cultivar hanno bisogno di "sostegno" proprio nella sostanza: per costruire un futuro di successo debbono dimostrarsi diverse e per certi versi migliori di quanto già esiste sul mercato, superare la prova del gusto. Perché non basta apporre un bollino e trovare un nome accattivante per imboccare la strada del successo: insieme alla capacità di comunicazione serve anche e soprattutto la capacità di mantenere la promessa di qualità. 
 
E questa - per prodotti come le mele che nascono in vallate alpine - non è una sfida di poco conto. Se, infatti, possono contare sui benefici dell’escursione termica in fase di maturazione, dall’altra parte soffrono dei repentini cambiamenti climatici che avvengono man-mano si sale di quota. Una sfida che richiede il supporto fondamentale delle tecnologie. Oggi la nuova frontiera tecnologica è legata alla capacità di selezionare, di far lavorare e operare in maniera più precisa chi opera a monte della filiera, così da intercettare le pretese dell'acquirente finale che, addentando una mela, prodotto di consumo quotidiano, cerca gusto e soddisfazione con costanza, non brutte sorprese.


 
Una sfida cruciale anche per un altro motivo: sugli scaffali dei distributori gli spazi per prodotto si stanno riducendo, per cui le singole varietà di mele trovano e troveranno sempre meno spazio nei punti vendita, complice la concorrenza di altre categorie di ortofrutta e, più in generale, di altri comparti dei freschi che “praticano" un'innovazione sempre più marcata e comunicata. Insomma, solo per le varietà di qualità elevata e “garantita”, segmentate in modo coerente per i consumatori, ci sarà spazio e gloria. 
 
Quella nel comparto melicolo non deve essere una gara a chi fa più varietà ma a come creare più valore per il consumatore finale. Una sfida complessa, per certi versi divertente, sicuramente stimolante, che richiede applicazione e competenza per portare definitivamente l'ortofrutta, mele in primis, fuori dalle secche delle commodity. E per elevare quella “fetta" di consumatori, per ora uno su cinque, che si è almeno in parte convertito.

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