La melicoltura «salva» le valli del Trentino

Il reale valore dei frutteti: più economia e lavoro, meno rischi idrogeologici

La melicoltura «salva» le valli del Trentino
Il settore melicolo del Trentino è un modello di sostenibilità (ambientale, economica e sociale) da imitare per molti altri territori d’Italia, e non solo. Un comparto “serio” e “cooperativo” che, anno dopo anno, continua a fare passi in avanti sul fronte del rispetto ambientale, riuscendo al tempo stesso a svolgere un ruolo decisivo sulla tenuta dell’economia territoriale, la ricchezza delle famiglie nonché sulla salvaguardia del paesaggio dai rischi idrogeologici. Tematiche, queste, che ha analizzato la seconda edizione del “Bilancio di Sostenibilità”, presentata ieri nei dettagli da Alessandro Dalpiaz (Apot) e Roberto Della Casa (Agroter) durante il convegno “Economia e paesaggio, da contrapposizione a simbiosi” (clicca qui per leggere l'articolo di oggi).

Tutti gli obiettivi di sostenibilità che Apot si era posta tre anni fa, nell’edizione precedente del Bilancio di Sostenibilità, sono stati raggiunti, come abbiamo scritto nei giorni scorsi (clicca qui per leggere l’articolo "Frutta, il Trentino è sempre più sostenibile" del 12 febbraio). Ora il sistema frutticolo lavorerà per raggiungere nuovi e ambiziosi obiettivi entro la fine del 2022. Tra questi, come ha illustrato Dalpiaz, vi sono: "Il raggiungimento di 40mila tonnellate all’anno di mele conservate nella roccia di dolomia (+30% circa), la creazione di un protocollo specifico per la tutela degli insetti pronubi con l'Associazione apicoltori trentini, l'adozione del Sistema Qualità Nazionale Produzione Integrata, la piantumazione di 50 ettari di nuovi impianti di varietà di mele resistenti nelle aree residenziali e, per quanto riguarda la confusione sessuale, l'introduzione di diffusori per il controllo di altri insetti ricamatori".



Aspetto innovativo della seconda edizione del rapporto, redatto seguendo le direttive del Global Reporting Initiative, è l'analisi distrettuale della frutticoltura trentina. “Finora si è sempre ragionato in termini di analisi di filiera, guardando alle attività di produzione, confezionamento e commercializzazione - ha sottolineato Roberto Della Casa, che ha curato la parte statistica e di comunicazione del Bilancio - Per arrivare però ad un'analisi che metta in evidenza l'aspetto della sostenibilità a 360 gradi, quindi non solo ambientale, ma anche economica e sociale, occorre introdurre il concetto di economia distrettuale. Cosa significa? Bisogna guardare cosa alimenta la presenza della frutticoltura all'interno del territorio. Nel distretto, infatti, l’elemento chiave è l’indotto economico generato, diretto (grazie ai servizi richiesti dalle imprese) e indiretto, ovvero realizzato dagli addetti oltre alle esternalità prodotte”.

Scendendo più nei particolari, dai dati del nuovo Bilancio di Sostenibilità emerge come il valore dell’indotto diretto - generato da mezzi tecnici a fertilità semplice (fertilizzanti, erbicidi e fitosanitari, acqua per l'irrigazione, carburanti, servizi materiali, materiali vari), mezzi tecnici a fertilità ripetuta (materiale vivaistico, materiali per gli impianti, macchinari) e servizi immateriali (assicurazioni e altri servizi) - si attesti in media a 190 milioni di euro l’anno, equivalenti a oltre la metà del fatturato realizzato dall’attività primaria di produzione e commercializzazione delle mele nel triennio 2017/19"Questo dato già da un senso di quanto il distretto trentino sia in grado di contribuire alla sostenibilità economica del territorio", rileva Della Casa.



Focalizzando poi l’analisi alle Valli del Noce (Val di Non e Val di Sole), si evince che l’attività primaria e l’indotto diretto rappresentano 4.179 aziende locali e un totale di 14.472 lavoratori, pari a circa il 26% della popolazione di queste zone. “Tutti i servizi che gli agricoltori delle Valli del Noce richiedono - ha proseguito Casa - alimentano altre imprese operanti sul territorio che, a loro volta, fanno lavorare circa 1.320 persone. E non è tutto: i servizi richiesti dagli oltre 14mila addetti dell’indotto diretto (alimentari, istruzione, turismo, svago, ecc.) generano l’occupazione di oltre 2.400 persone”.

Numeri che, in pratica, evidenziano il peso rilevante della frutticoltura sull’economia trentina. Il settore portante delle mele favorisce così anche la capacità di resilienza di questo territorio, garantendo la tenuta dei livelli occupazionali e di reddito familiare in un momento certo non facile a causa del Covid-19, caratterizzato dal crollo del turismo. 




La stessa presenza della frutticoltura consente anche di valorizzare il paesaggio e di preservarlo dal dissesto idrogeologico. “Dal 2001 al 2018, le aree oggetto di dissesto idrogeologico in Val di Non sono aumentate solo dal 5,9% al 6,5% anche grazie allo sviluppo della frutticoltura, che ha garantito un presidio diretto e indiretto sull’area”, ha precisato Della Casa. “Nello stesso periodo la Valle del Panaro dell’Emilia-Romagna, nota per le ciliegie, ha visto una riduzione della superficie frutticola di oltre un terzo, con le aree soggette a medio e alto rischio di dissesto idrogeologico che sono aumentate dal 12,7% al 20,7% del totale. Il contenimento del dissesto rispetto a questa situazione appenninica ha permesso una riduzione delle spese di prevenzione e di ripristino che, in prima approssimazione sulla base del differenziale di crescita, è superiore al milione di euro all’anno. Questo significa che, grazie ai meleti, la Val di Non ha risparmiato 20 milioni di euro negli ultimi 20 anni”.

“Il progetto Trentino Frutticolo Sostenibile, che ha dato vita al Bilancio di Sostenibilità, ha l’obiettivo principale di comunicare - ha evidenziato da parte sua Ennio Magnani, presidente di Apot - Vogliamo fare sapere ai cittadini, in maniera trasparente, quali sono i progetti, i risultati e gli obiettivi del nostro settore frutticolo. Offrire a loro uno spaccato della frutticoltura trentina, con la serierà del nostro lavoro che oggi include anche la difesa e valorizzazione di quel concetto ambientale e sociale che, in una parola, si concentra nel paesaggio”.

“Questo progetto è però anche un modo per comunicare con i nostri frutticoltori - ha concluso Magnani - Dobbiamo infatti ricordare che abbiamo responsabilità forti verso la natura, il nostro datore di lavoro. Il nostro impegno e la nostra attenzione sono la base per stare nel mercato e garantire un reddito dignitoso alle nostre famiglie. Vogliamo motivare i nostri frutticoltori a essere sempre più attenti ai temi ambientali, guardando con fiducia alla tutela del territorio e del paesaggio”.
 
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