Brexit, ecco cosa cambia per l'ortofrutta

L'accordo scattato venerdì prevede tre step. Più controlli e burocrazia: i consigli

Brexit, ecco cosa cambia per l'ortofrutta
Con la Brexit cambia molto nei rapporti con l'Isola di Sua Maestà. Anche per l'ortofrutta: quella che l'Italia esporta ogni anno in Gran Bretagna si aggira mediamente sulle 140mila tonnellate, per un valore di circa 250 milioni di euro. E' il quarto mercato di riferimento per il nostro Paese: nel paniere, in ordine decrescente d'importanza, mele, kiwi e uva da tavola che superano, aggregate, le 100 mila tonnellate. Tutto compreso, l'Isola vale circa 25 miliardi di euro di esportazioni italiane, di cui 3,4 miliardi solo di export alimentare.

Finito il periodo di transizione, dal primo gennaio il Regno Unito, dopo 47 anni di adesione, è definitivamente fuori dall'Unione Europea. L'accordo è stato reso noto il 24 dicembre, una settimana prima del via alla "scissione". In caso di mancata intesa Confagricoltura stima che, solo per l’export di prodotti ortofrutticoli, gli operatori comunitari avrebbero dovuto sostenere un onere di circa 800 milioni di euro



Una svolta storica, un cambiamento dalle ripercussioni importanti a partire dai maggiori controlli fitosanitari sulle merci dall'Ue, per proseguire con l’implementazione di nuove pratiche doganali e dazi, la possibile introduzione di regimi Iva diversi, la gestione di differenti standard di etichettatura e imballaggio e di nuovi protocolli di trasporto.  

Insomma una riforma radicale, come l'ha recentemente definita il presidente di Fruitimprese Marco Salvi, anche se - al di fuori delle 1.256 pagine dell’accordo, che risolvono molte delle incognite sull’uscita inglese dall’Unione - una lunga serie di dettagli rimangono da discutere e saranno trattati in contrattazioni future: permangono punti oscuri e nodi ancora da sciogliere dalla logistica ai trasporti, dal riconoscimento delle Indicazioni geografiche al biologico.

Durante gli accordi, i negoziatori dell’Unione hanno insistito perché si arrivasse a condizioni che non permetteranno la concorrenza sleale del Regno Unito nei confronti dell’Ue. Per quanto l'intesa non possa essere definita "hard Brexit", si volta decisamente pagina. La transizione verrà gestita dal governo britannico introducendo nuovi controlli doganali in tre fasi, con piena applicazione dal luglio 2021

In sintesi, dal primo gennaio sono necessarie documentazioni standard e requisiti doganali di base; da aprile saranno richieste, per determinate tipologie di merci, tra cui frutta e verdura, certificazioni aggiuntive tra cui documentazioni sanitarie; da luglio il nuovo regime doganale entrerà in vigore in toto e saranno richieste dichiarazioni doganali complete che si aggiungeranno all’aumento dei controlli fisici della merce.  



Da aprile le principali referenze ortofrutticole dovranno essere accompagnate da una pre-notifica e il cosiddetto certificato sanitario di competenza dell'operatore italiano, cui ricade anche l'obbligo di eventuale analisi di laboratorio. 

A luglio con i controlli specifici su prodotti vegetali e animali in ingresso nel Regno Unito la Brexit dispiegherà tutto il suo effetto dirompente: l’operatore italiano dovrà individuare il sito designato per i controlli sull'ortofrutta oggetto del trasporto, sempre accompagnato dal documento sanitario che ne attesti la salubrità. Per evitare ingorghi e imprevisti in vari porti della Manica si stanno costruendo nuove strutture apposite, che saranno utili a controllare i carichi e gestire i flussi di mezzi: la burocrazia sicuramente non diminuirà. Sulla merce d'importazione, intanto, l'Ue è partita subito con i controlli.

Il consiglio che Dcs Tramaco ha fornito in occasione di un recente webinar sull'argomento, è quello di dotarsi di un codice Eori (Economic Operator Registration and Identification), rivolgersi a un intermediario doganale e chiarire preventivamente i punti controversi con i  partner commerciali in loco.

Ed è opinione comune che sarà utile rafforzare le iniziative promozionali a favore dei nostri prodotti sul mercato del Regno Unito e contemporaneamente spingere per trovare nuovi canali di sbocco al made in Italy agroalimentare.
 
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