Uva da tavola, bilancio in chiaro scuro per la Puglia

L'intervista a Giacomo Suglia, presidente Apeo: «Vedo il bicchiere mezzo pieno, ma il Governo...»

Uva da tavola, bilancio in chiaro scuro per la Puglia
Tempo di bilanci per la filiera dell’uva da tavola della Puglia, prima regione produttrice d’Europa, che ha ormai terminato la campagna 2020. Una stagione che è stata contrassegnata da prezzi non del tutto soddisfacenti per produttori e confezionatori e dal passaggio, ancora più marcato, verso il consumo delle varietà seedless.

“Ad oggi il 95% del prodotto è stato tagliato e commercializzato”, conferma a Italiafruit News Giacomo Suglia, presidente dell’Apeo (Associazione Produttori Esportatori Ortofrutticoli) e vicepresidente nazionale di Fruitimprese. Che, in relazione all’andamento stagionale, precisa: “E’ vero che i prezzi medi sono stati inferiori alle aspettative iniziali, ma preferisco vedere il bicchiere mezzo pieno, principalmente per due ragioni: il settore dell’uva da tavola pugliese ha tenuto nonostante il coronavirus e la qualità dei frutti, costantemente elevata nel corso dell’intera stagione, ci ha consentito di distinguerci sul mercato europeo”.

Guardando ai risultati complessivi, i mesi di settembre, ottobre, novembre sembrano aver garantito alle aziende pugliesi performance migliori rispetto all’estate. “Quest’anno c’è stato forse l’autunno più caldo di sempre: ciò ha elevato da una parte il gusto e l’aspetto dei grappoli, dall’altra ha favorito la minimizzazione degli interventi agronomici in campo”, evidenzia ancora Suglia.


Giacomo Suglia

“Per quando riguarda il consumo si è registrato un cambiamento netto delle preferenze della Gdo europea verso l’uva senza semi della Puglia, a scapito delle nostre varietà tradizionali. Credo quindi che, nel giro dei prossimi tre anni, la maggioranza delle uve pugliesi sarà seedless”. 

Secondo i dati elaborati dall’Apeo, in Puglia le rese produttive dei vigneti sono scese mediamente del 20% rispetto agli standard degli ultimi anni. In estate era lecito attendersi degli incrementi a livello di quotazioni, ma gli effetti del coronavirus sull’economia non li hanno purtroppo consentiti. 

“In tutto il mondo, la pandemia ha causato la paura di spendere nel consumatore. I nostri produttori ed i confezionatori hanno dovuto sostenere maggiori costi per adeguarsi ai rigidi protocolli di sicurezza, senza però ottenere gli aiuti richiesti al Governo. Non chiedevamo soldi, ma la riduzione dei contributi previdenziali al fine di favorire la competitività del nostro sistema. Auspicavamo, in pratica, che ci venisse riconosciuta la nostra importante capacità di garantire lavoro e reddito alle persone”.



Sempre dal punto di vista politico, Suglia ritiene quanto mai fondamentale lo sblocco dell’embargo russo, attivo dal 2014, e confida che la Brexit non finisca per essere la fotocopia della pagina già scritta con la Russia. 

“L’intero comparto dell’ortofrutta italiana è favorevole a definire un accordo di libero scambio con il governo britannico - conclude - Il tempo è denaro: non bisogna perderlo, altrimenti altri Paesi concorrenti extra Ue ruberanno all’Italia un altro mercato importante per la nostra frutta e verdura”.

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