La maculatura bruna non fa sconti a nessuno

Danni gravi alle pere a Rovigo e Mantova. Produttori in rivolta: «Tutta colpa dell'Ue»

La maculatura bruna non fa sconti a nessuno
La maculatura bruna/alternaria sta purtroppo aumentando la sua virulenza anche al di fuori del territorio dell'Emilia-Romagna. I pericoltori di Veneto e Lombardia stanno infatti riscontrando perdite non poco rilevanti sulle coltivazioni di Abate Fetel, attualmente in fase di raccolta, e di Conference.

Secondo le stime di Confagricoltura Veneto, la macultura bruna/alternaria ha già danneggiato con macchie necrotiche circa il 20% delle pere della provincia di Rovigo. La notizia è stata data nei giorni scorsi dal quotidiano locale Rovigo Oggi, che ha intervistato Andrea Foroni, presidente del settore frutticolo della medesima organizzazione agricola. "Dopo la catastrofe del 2019 - sottolinea - con la cimice asiatica che aveva colpito il 50% dei frutti, speravamo in un 2020 più benevolo. Invece ora guardiamo con preoccupazione a questa nuova problematica fitosanitaria. Per fortuna, il problema non è ancora così pesante come in Emilia-Romagna. Però stiamo notando che il fungo si sta diffondendo ed è in aumento".



"Vecchie patologie come la maculatura bruna/alternaria hanno ripreso a colpire come 20 anni fa", spiega invece Giustiliano Bellini, frutticoltore e vicepresidente di Confagricoltura Rovigo, puntando il dito contro l'eliminazione dai disciplinari di produzione integrata di molecole chimiche che si sono sempre dimostrate efficaci nel contenimento delle patologie fungine. "Sembra che ci sia la volontà di farci smettere di produrre le nostre eccellenze, e la pera Abate è una di queste", aggiunge il vicepresidente, attaccando le istituzioni politiche europee. Molto preoccupato è anche Giorgio Ferrighi, componente della sezione frutticola di Confagricoltura Veneto, che denuncia: "Nella zona di Salara sono stati buttati al macero decine di quintali di pere. Una nostra azienda ha fatto di tutto per difendere il prodotto, perfino la rottura del cotico erboso, ma il risultato è sconfortante: l'aumento dei costi è superiore al 20% rispetto al 2019 per le lavorazioni e la raccolta".

Il fungo si sta manifestando duramente anche nel Mantova (Lombardia), dove sono presenti circa 700 ettari di pereti, la maggior parte dei quali nella parte Sud della provincia. Qui alcuni produttori registrano danni fino all'80% del raccolto. Uno di questi è Emilio Canossa che coltiva due ettari di Conference ed Abate a San Giovanni del Dosso: "Il danno è importante e arriva fino al 70% della mia produzione, andata in fumo - riferisce al quotidiano locale Mantova Uno - Ormai non c’è più nulla da fare. Da una produzione di circa 250 quintali per ettaro, mi sono trovato con a malapena 100 quintali per ettaro”. “Il danno c’è in tutte le aziende; non si salva quasi nessuno - evidenzia un altro frutticoltore di San Giovanni del Dosso, Nunzio Gennari - Ho provato di tutto, dalla fresatura del terreno al pirodiserbo, senza successo. La malattia è tornata alla carica dopo che ci hanno tolto i prodotti fitosanitari per combatterla. Il problema c’è soprattutto sulle varietà Abate e Conference, ma anche sulla Decana”.



“I nostri produttori si sono trovati di colpo indifesi perché da qualche anno sono stati messi al bando dalla Ue i prodotti fitosanitari efficaci per contrastare tale fitopatia, senza però aver prima individuato alternative ugualmente efficaci”, ribadisce il presidente di Confagricoltura Mantova, Alberto Cortesi. Che conclude: “Questa è l'ennesima dimostrazione di come scelte politiche prese con superficialità si ripercuotano nel lavoro quotidiano degli imprenditori. La ricerca di nuovi metodi di contenimento e contrasto deve diventare prioritaria". 

In ottica futura, l'intera filiera pericola del Nord confida che le nostre istituzioni possano seguire l’esempio della Francia che ha da poco annunciato la deroga (per i prossimi tre anni) all’utilizzo di prodotti fitosanitari precedentemente banditi dall’Ue nella coltivazione della barbabietola, a fronte del calo della produzione di circa 200 milioni di euro dovuto alla presenza di afidi dannosi per la pianta. Il ministero transalpino della Transizione ecologica, infatti, ha ammesso che attualmente non sono disponibili prodotti di pari efficacia per combattere la malattia e pertanto la deroga è necessaria per non mettere a rischio l’intera produzione nazionale di barbabietole. 



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