Crpv, al via il recupero di antiche varietà di pesche

Crpv, al via il recupero di antiche varietà di pesche
Bios, dal greco “vita” e Diversitas, dal latino “diversità, varietà”. In sintesi “varietà della vita presente sul pianeta”. È questa ricchezza immensa che si celebra nella Giornata Mondiale della Biodiversità istituita dall’Onu per il 22 maggio. 
“La biodiversità è un tesoro inestimabile – commenta Alvaro Crociani, direttore del Centro Ricerche Produzioni Vegetali, realtà con sede a Cesena (Fc) specializzata nella ricerca in ambito agroalimentare –: la sua tutela nell’ambito delle produzioni vegetali ci vede impegnati con importanti progetti di ricerca che spaziano in diversi settori e vedono coinvolti importanti enti, centri universitari, istituzioni e aziende private. Attraverso la difesa della biodiversità possiamo recuperare prodotti antichi che si credevano perduti, sviluppare nuove specie, promuovere i diversi territori recuperando frutta, oli, cereali e vini della tradizione. È un patrimonio immenso di conoscenza e di opportunità che anche grazie ai nostri progetti e all’impegno di molte realtà può essere tutelato, difeso e valorizzato”. 
Frutta, recupero della prima varietà di pesco coltivata nei frutteti in Romagna
“Ci occupiamo di biodiversità frutticola da oltre 20 anni – spiega Claudio Buscaroli del Settore Frutticolo di Crpv – con progetti di salvaguardia delle varietà a rischio di estinzione che vengono riprodotte e distribuite agli agricoltori per la nuova coltivazione. È in questo ambito che nasce il Presidio Slow Food della pesca di Massa Lombarda 'Buco Incavato', appena riconosciuto dalla Regione Emilia Romagna, che recupera la prima varietà di pesco coltivata nei frutteti in Romagna a fine 1800. Ora, grazie alla collaborazione con importanti realtà del settore privato e della Grande distribuzione stiamo lavorando sullo sviluppo di una linea di frutti antichi come le pesche 'Bella di Cesena', 'Sant’Anna Balducci' e 'Rosa del West', fortemente legate alle tradizioni del territorio, dai profumi e dai sapori unici. L’obiettivo è dare vita a una linea che possa soddisfare le esigenze dei grandi punti vendita ma che possa essere valorizzata anche attraverso la vendita diretta da parte delle aziende agricole o degli agriturismi delle aree di produzione, come frutta a km zero”.  

La "Biblioteca" dei vitigni perduti
La valorizzazione e la promozione attraverso le aziende locali è sicuramente un filo conduttore di diversi progetti coordinati dal Crpv: “L’Emilia Romagna, è una regione ricca di variabilità viticola, autoctona e alloctona, ma anche molto esposta a rischio di estinzione di varietà ‘minori’ o estremamente rare - commenta Giovanni Nigro, responsabile dei Settori Vitivinicolo e Olivoleicolo -. Con il progetto SAL.VA.RE.BIO.VIT.E.R. di cui Crpv è capofila abbiamo riportato alla luce numerose varietà di uve da vino molto interessanti dal punto di vista agronomico, enologico e apprezzate dal consumatore finale sulle quali abbiamo costruito un percorso di valorizzazione attraverso l’abbinamento con prodotti tipici locali: penso al Veruccese, una varietà precoce simile al sangiovese, recuperato a Verucchio, in provincia di Rimini, dove la viticoltura è testimoniata da vinaccioli fossilizzati trovati in una tomba villanoviana del settimo secolo a.C., ma anche all’antichissimo 'Festasio', recuperato nel bordo di Festà nel modenese, alla peculiare Termarina parmense, una varietà di uva da vino senza semi, fino alla Melara e Santa Maria piacentine da cui si ricava l’inimitabile Vin Santo di Vigoleno. Tutte queste e numerose altre varietà sono conservate nel campo collezione del Crpv a Tebano, Nel Comune di Faenza: dal 2008 raccogliamo lì tutte le varietà autoctone che vengono recuperate. Oggi questa sorta di ‘biblioteca dei vini perduti’ conta ben 168 varietà antiche dell’Emilia Romagna e rappresenta un incredibile database della biodiversità vitivinicola regionale”. 

Riscoperta di oli antichi e olivi resistenti
Altrettanto si sta facendo con il progetto Bios, Biodiversità olivicola e salvaguardia: “L’Emilia Romagna ha un’importante tradizione olivicola e di produzione di olio – spiega Giovanni Nigro – in particolare nelle zone di Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza dove l’olivicoltura era praticata sin dai tempi dei romani e successivamente tramandata dall’opera di monaci che lo usavano per i riti religiosi, e di feudatari lungimiranti, che lo utilizzavano per l’alimentazione e l’illuminazione di case e strade. Grazie al progetto Bios abbiamo individuato piante di olivo plurisecolari dalle quali abbiamo riprodotto circa 8000 piantine che sono state distribuite a piccole aziende agricole e agriturismi del territorio regionale, suddividendole in base alle aree origine delle diverse varietà, per riavviare piccole produzioni di alto valore storico. Grazie a questi produttori, oggi abbiamo avviato un percorso di valorizzazione degli oli emiliani con abbinamenti a prodotti locali lungo l’area appenninica, in particolare da Bologna a Piacenza. Durante le ricerche, inoltre, è stata recuperata una varietà molto particolare, la ‘Degli Esposti’ che ha mostrato una resistenza al freddo decisamente notevole e che stiamo valorizzando per dare vita a oliveti che non temono le basse temperature, particolarmente adatti per la coltivazione nelle regioni del Nord Italia”. 

Tornano i grani di inizio '900
Frutta, vino, olive ma anche cereali, nel solco di una tradizione antichissima della regione Emilia Romagna: “Con il progetto Sgranava – spiega Claudio Selmi, del Settore Colture estensive di Crpv – che vede come capofila la Fondazione Valmarecchia e il coinvolgimento di diverse aziende private o del Crea-Gb di Fiorenzuola d’Arda (PC), siamo andati alla ricerca di grani antichi nel territorio della Valmarecchia, riscoprendo alcune varietà storiche coltivate fino a metà del 1900 e oggi non più utilizzate. Grazie alla collaborazione con l’azienda Marzocchi di Novafeltria abbiamo testato l’adattabilità all’ambiente di una decina di tipi diversi di grano, per valutare quelli migliori anche dal punto di vista produttivo e qualitativo. Si tratta di grani che danno vita a farine molto diverse da quelle attuali e che ben si sposano con la fermentazione tradizionale, lunga almeno 24 ore e realizzata utilizzando il lievito madre, caratteristiche che potrebbero essere molto apprezzate dai consumatori attuali”.  

Il mais coltivato in collina e montagna
Di tradizione in tradizione, merita di essere citato un importante progetto di valorizzazione e recupero di antiche varietà di mais, un tempo diffuse in Emilia Romagna che vede l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza come capofila: “Con RI.COL.MA – spiega ancora Claudio Selmi – puntiamo a recuperare varietà che, anticamente, venivano coltivate in alta collina e in montagna, in quelle zone che oggi verrebbero definite marginali. I risultati a oggi sono interessanti: così come l’Italia è uno dei principali Paesi al mondo con la più ampia biodiversità del mais, così nel territorio regionale sono ancora presenti numerose varietà antiche, oggi spesso coltivate anche soltanto in piccolissimi appezzamenti, con una catena praticamente ininterrotta che congiunge Piacenza a Rimini lungo tutto l’arco appenninico. Sono piante rustiche con un’altissima capacità di adattarsi all’ambiente nel tempo e questo le rende preziosissime in questa fase di grandi mutamenti climatici e inoltre possiedono elevate qualità nutrizionali e organolettiche: naturalmente sono in corso valutazioni per capire quanto il consumatore le potrebbe apprezzare e i primi risultati sono incoraggianti”.

Conclusioni
“La ricerca sulla biodiversità – conclude il direttore del Crpv Alvaro Crociani – ci vede quotidianamente impegnati a fianco della Regione Emilia-Romagna e di importanti realtà nazionali e, negli anni,ha dato vita a risultati rilevanti sia sul piano tecnico-scientifico oltre a permettere la valorizzazione di tante realtà locali e la riscoperta, da parte del consumatore, di sapori e profumi dimenticati ed emozionanti. La sfida continua, con l’obiettivo di consegnare alle generazioni future un mondo dove la ricchezza rappresentata dalla biodiversità non sia solo un ricordo ma una fonte di opportunità, scoperta e riavvicinamento con tradizioni e radici antiche e preziose”. 

Fonte: Ufficio stampa Crpv