Frutta tropicale, la responsabilità della scelta

Frutta tropicale, la responsabilità della scelta
Parte dallo spunto ricevuto nell’ultima puntata di Indovina chi viene a cena, programma di Rai 3 andato in onda lo scorso 3 maggio (clicca qui per vederla), Luca Garletti, Ceo di McGarlet, per raccontare quella che da quasi un secolo è la realtà che la sua famiglia ha costruito.
L’ultimo appuntamento stagionale proposto dal programma di Sabrina Giannini - "L'avocado del diavolo" - ha posto l’accento sul mondo della frutta tropicale. L’ha fatto presentando principalmente il suo lato più buio e triste.
McGarlet, proprio perché presente in questo mercato da oltre 93 anni, desidera dire la sua raccontando la propria esperienza.
“L’analisi della situazione esaminata dal servizio di Rai 3, secondo la mia esperienza, non può prescindere da tre aspetti fondamentali - afferma Garletti - che sono l’analisi geopolitica, l’agronomia e l’analisi del contesto rispetto all’emergenza Covid-19 da cui tutti siamo colpiti. Si tratta di tre argomenti che, a mio parere, non possono prescindere da un più ampio concetto di responsabilità”.

La responsabilità della scelta

La responsabilità viene chiamata in causa nell’analisi della catena agroalimentare. Si tratta di un settore complesso, fortemente strutturato e caratterizzato da quattro principali passaggi: la produzione, la logistica, la commercializzazione e la vendita. Questo ultimo step è stato, negli ultimi vent’anni, quasi totalmente occupato dalla Gdo che, sfruttando la propria forza, è andata a modificare le abitudini del consumatore e, di conseguenza, del produttore.
Ogni settimana, in uno qualsiasi dei supermercati in cui siamo abituati ad entrare, ci troviamo davanti tantissime offerte imperdibili. Spesso molte di queste badano ad un mero aspetto di marketing, senza tenere in considerazione le caratteristiche del prodotto proposto.
Responsabilità è sicuramente scegliere di acquistare i prodotti tenendo in considerazione la stagionalità e le sue caratteristiche.
“Le persone che coltivano e colgono i prodotti che acquistiamo sono quasi nella totalità i soggetti più deboli. Se compriamo un chilo di ananas a 65 centesimi, un chilo di mirtilli del Perù a 3 euro o un chilo di mango a 1,50 quando le mele del Trentino ne valgono 2 sappiamo benissimo che quel prezzo così basso è 'permesso' solo dal basso valore attribuito all’attività di quelle persone”.


La responsabilità del mercato europeo

Gli anni ‘80 in campo agricolo sono stati caratterizzati dall’inserimento dei prodotti di sintesi; si tratta di elementi come l’azoto, il fosforo e il potassio che, inseriti nel terreno, sono in grado di accentuare in modo importante la crescita delle piante. Il risultato di tale scelta è stato l’aumento delle produzioni e conseguentemente anche quello degli investimenti in numero di piante. Tale esponenziale incremento ha modificato in maniera indelebile l’equilibrio naturale delle coltivazioni che si sono viste essere improvvisamente maggiormente soggette a malattie, ad attacchi di insetti ed acari. Per ovviare a queste problematiche viene così introdotto l’uso massiccio di diserbanti e fitofarmaci.
“Con l’ultimo decennio del secolo scorso avviene la svolta - prosegue il racconto Garletti - Gli agronomi si impegnano ad introdurre procedure alternative che possano considerarsi lodevoli. Nascono così le Buone Pratiche Agricole (BPA), ossia quelle regole da applicare affinché vengano prodotte materie prime di alta qualità e salubrità con il minor impatto ambientale possibile”. Questa intenzione di garantire un livello minimo di rispetto di buone pratiche è stata messa in atto con l’introduzione del protocollo Global GAP, un sistema di certificazione che svolge azioni di controllo ed analisi per garantire al mercato il rispetto dei parametri.
“L’elemento veramente innovativo e decisamente importante, che è bene sottolineare - prosegue il Ceo di McGarlet - è che per ciascuna realtà non vengono valutati soltanto gli aspetti tecnici, ma anche quelli sociali. Vengono presi in considerazione parametri come i salari dei lavoratori e le loro condizioni di lavoro”. Dalla sua introduzione il mercato della Gdo europeo, a differenza di quello nordamericano ed asiatico, ha scelto di affidarsi a questa modalità di certificazione per la quale ogni anno vengono effettuate migliaia di analisi e serie visite ispettive. Rendere obbligatorie queste procedure è stata una scelta fatta a tutela di tutta la filiera: dal coltivatore al consumatore. Una scelta di responsabilità, a cui però l’ultimo anello, cioè la parte finale commerciale, non si è adeguato di conseguenza.

La responsabilità di tutti davanti alla natura

Il terzo aspetto su cui porre l’attenzione è legato alla situazione attuale in cui tutto il mondo si trova. “L’emergenza sanitaria in cui siamo è senza dubbio uno dei momenti più difficili e tristi del nostro tempo. Questo però non ci impedisce di cercare il lato positivo che fortunatamente esiste in ogni situazione, anche la peggiore. Questo virus può e deve essere un’occasione perché il futuro si gestisca in modo diverso”.
Come?
“Creare economie virtuose, ambienti in cui ci sia alla base un’educazione responsabile e praticare azioni sostenibili significa gettare le fondamenta per un futuro più certo e responsabile - sostiene Garletti, che prosegue - Sono bastati due mesi di lockdown per vedere un evidente miglioramento della qualità dell’aria che respiriamo quotidianamente e la chiusura del buco dell’ozono”.
Il rispetto per la natura è un punto fondamentale da cui non possiamo prescindere. È importante tenerlo a mente. Tutti possono e devono fare la propria parte: dalla singola famiglia alle aziende di tutto il mondo. È fondamentale la semplice raccolta differenziata casalinga così come l’effettuare analisi minuziose sull’impatto socio- ambientale prima di praticare qualsiasi azione nelle piantagioni.
“È fondamentale ricordarci che, come scrive Stefano Mancuso nel suo libro 'Verde brillante', le piante potrebbero benissimo vivere senza di noi; noi invece senza di loro ci estingueremmo in breve tempo.”

Fonte: McGarlet