Attualità
Covid-19, la meccanica agricola si ferma
Stop fino a venerdì, i dubbi delle aziende: c'è chi chiede la deroga al Prefetto
I costruttori di macchine per l’agricoltura si fermano: le realtà del comparto, infatti, sono rimaste escluse dall'ultima revisione dei codici Ateco per le attività ritenute essenziali. C'è chi ha lavorato fino a sabato scorso, c'è chi ha scritto al Prefetto per chiedere la deroga, c'è chi si adeguato e questa settimana stopperà completamente la produzione.
"L’elenco dei nuovi codici Ateco stilato dal Mise - commenta il presidente di FederUnacoma, Alessandro Malavolti - esclude di fatto dalle attività ritenute essenziali le nostre produzioni, unico caso in Europa, ponendo un segmento produttivo da 11,4 miliardi di fatturato in gravissima difficoltà".
Impossibile per FedeUnacoma pensare che il blocco imposto possa andare oltre il 3 aprile: la Federazione auspica quindi un confronto urgente con le parti politiche competenti per ripristinare, dopo questa data e secondo una gradualità adeguata, le produzioni delle aziende associate.
“Non si tratta di tornare alla normalità – continua l'imprenditore – ma almeno di essere in grado di rispondere alle emergenze e di evadere gli ordini. Tant’è che adesso i dipendenti che lavorano in azienda sono solo il 20% del totale, compresi quelli in smart working: l’obiettivo principale è tutelare la salute, lo stesso motivo per cui in azienda utilizziamo tutti meticolosamente i dispositivi di protezione”.
Nella speranza di uscire il prima possibile da questa situazione, Lucchini fa un ragionamento sul futuro della sua azienda, lanciando un appello a tutto il settore. “Ora si tratta di combattere – dice – ma quando tutto sarà finito, sapremo affrontare la normalità? Non so se gli aiuti statali saranno sufficienti per rialzarsi, anche per un’azienda come la nostra che gode di ottima salute. Ma i problemi non saranno tanto sul panorama italiano, bensì su quello internazionale. Se tutte le aziende italiane riceveranno gli stessi aiuti, il punto di partenza sarà il medesimo: sarà una situazione difficile ma con molta probabilità il mercato si riprenderà. Una cosa molto diversa avviene se ci rapportiamo con l’estero: se commercio con uno Stato che ha riservato alle sue aziende maggiori aiuti, ci ritroviamo ad armi impari ed inevitabilmente sarà la mia azienda a rimetterci”.
Ma nel bailamme di annunci e codici, nel settore si è generata parecchia confusione: la linee di produzione devono essere fermate, ma le riparazioni possono proseguire e i ricambi possono essere spediti. Insomma, uno stop a metà.
"L’elenco dei nuovi codici Ateco stilato dal Mise - commenta il presidente di FederUnacoma, Alessandro Malavolti - esclude di fatto dalle attività ritenute essenziali le nostre produzioni, unico caso in Europa, ponendo un segmento produttivo da 11,4 miliardi di fatturato in gravissima difficoltà".
In questo periodo dell’anno - fa sapere l'associazione - sono molti gli ordini in corso di ricambi e macchine, in particolare quelle stagionali come le seminatrici, le tante attrezzature per la lavorazione del terreno, le macchine per la raccolta, le macchine per i trapianti che, in particolare, avviano adesso la stagione agraria per la produzione di tanti nostri alimenti. Tutto quello che nei supermercati non si vede ma che è indispensabile a monte della filiera agro-alimentare e la cui possibile difficoltà di reperimento potrebbe rendere ancora più critica l’attività di molte aziende agricole.
Impossibile per FedeUnacoma pensare che il blocco imposto possa andare oltre il 3 aprile: la Federazione auspica quindi un confronto urgente con le parti politiche competenti per ripristinare, dopo questa data e secondo una gradualità adeguata, le produzioni delle aziende associate.
“C’è molta incertezza tra le aziende, non si capisce chi può tenere aperta la propria attività e chi invece sarà costretto a chiuderla - spiega a Italiafruit Massimo Lucchini di Idromeccanica Lucchini - Noi ad esempio, secondo il nostro codice Ateco, rientriamo nel settore metalmeccanico che dovrebbe obbligatoriamente osservare un periodo di chiusura. Allo stesso tempo, la nostra attività è di vitale importanza per gli addetti al settore agricolo che non possono permettersi una pausa proprio ora. Per questo motivo abbiamo interrogato la nostra Prefettura per ottenere una conferma: ancora non sono arrivate risposte ma dovrebbe vigere il principio di silenzio assenso”.
“Non si tratta di tornare alla normalità – continua l'imprenditore – ma almeno di essere in grado di rispondere alle emergenze e di evadere gli ordini. Tant’è che adesso i dipendenti che lavorano in azienda sono solo il 20% del totale, compresi quelli in smart working: l’obiettivo principale è tutelare la salute, lo stesso motivo per cui in azienda utilizziamo tutti meticolosamente i dispositivi di protezione”.
Nella speranza di uscire il prima possibile da questa situazione, Lucchini fa un ragionamento sul futuro della sua azienda, lanciando un appello a tutto il settore. “Ora si tratta di combattere – dice – ma quando tutto sarà finito, sapremo affrontare la normalità? Non so se gli aiuti statali saranno sufficienti per rialzarsi, anche per un’azienda come la nostra che gode di ottima salute. Ma i problemi non saranno tanto sul panorama italiano, bensì su quello internazionale. Se tutte le aziende italiane riceveranno gli stessi aiuti, il punto di partenza sarà il medesimo: sarà una situazione difficile ma con molta probabilità il mercato si riprenderà. Una cosa molto diversa avviene se ci rapportiamo con l’estero: se commercio con uno Stato che ha riservato alle sue aziende maggiori aiuti, ci ritroviamo ad armi impari ed inevitabilmente sarà la mia azienda a rimetterci”.
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