«La Cina è una moda, si perdono di vista mercati strategici»

Internazionalizzazione, Europa, Made in Italy: parla Ettore Prandini (Coldiretti)

«La Cina è una moda, si perdono di vista mercati strategici»
Sul palco del Forum Cdo Agroalimentare quest'anno è salito anche Ettore Prandini, presidente della Coldiretti. Intervistato dal presidente della Cdo Agroalimentare, Camillo Gardini, il numero uno dell'associazione gialla ha parlato a tutto tondo: dal sistema Coldiretti alle potenzialità del Made in Italy. E non è mancata qualche provocazione.

Far crescere la managerialità

"Dobbiamo uscire dai luoghi comuni e iniziare a fare sistema - questa la sollecitazione di Prandini - Una mission che noi abbiamo interpretato nel costruire Filiera Italia, dove per la prima volta non partecipano associazioni, ma imprese, cooperative e catene distributive come Conad. Le sfide vanno giocate con una visione europea, dove negli anni siamo mancati, non solo a livello politico ma anche nella rappresentanza".

Una nuova prospettiva

Le filiere, quella ortofrutticola in primis, si trovano spesso schiacciate da una logica di prezzo. Contro chi bisogna puntare il dito? "Non mi posso limitare a dare la colpa all'industria o alla grande distribuzione - ribadisce il presidente di Coldiretti - Ma mi devo mettere in discussione per creare un rapporto con industria e Gdo in modo da capire i bisogni e distribuire valore all'interno della filiera in modo più congruo. La distribuzione del valore nella filiera non la fai criticando l’altro ma cercando di costruire insieme".

Poi la logistica e le scelte strategiche del Paese. "È paradossale che ancora oggi quando ragioniamo di investimenti ragioniamo di microautostrada di carattere regionale o provinciale. Non abbiamo una visione di sistema infrastrutturale su alta velocità e trasporto merci che riguardi la rotaia e gli snodi aeroportuali, valorizzando anche il trasporto marittimo. A Rotterdam sono partiti da lontano e oggi sono il punto di riferimento. L'Italia, bagnata in tutto il territorio dal mare, potrebbe essere un hub centrale di sviluppo marittimo del Mediterraneo, ma ancora ragiona su micro autostrade. Oggi ci sono 70 miliardi di euro stanziati che non vengono spesi. Non è vero che non ci son le risorse, vanno solo utilizzate per fare le cose che servono. Ritengo fondamentale tornare a fare formazione su bisogni di industria e cooperative".

Operazione positività

"Non critichiamo chi ha avuto successo, portiamolo come modello - ancora Prandini - Solo imparando da chi ha vinto la sfida ed è stato capace di intraprendere, posiamo capire le sfide che noi stessi ci poniamo come imprenditori. Anche parlare in termini positivi di Italia e della capacità di fare sistema in questo Paese è importante: da 20 anni in Italia rappresentiamo sempre gli aspetti negativi. Iniziamo a dire che questo è uno Paese straordinario".

La Coldiretti del futuro

Come sarà la Coldiretti tra dieci anni? E Prandini risponde con una provocazione: “Mi auguro che tra dieci anni ci sia una sola associazione di agricoltori in Italia e ciò sarà possibile solo se sapremo investire, confrontarci e costruire una strada comune. Ma attenzione: l'errore più grosso che come organizzazione potremmo commettere è limitarci a raccontare i nustri numeri".

Internazionalizzazione

Per Prandini c'è una bassa conoscenza dei mercati mondiali e gli operatori finiscono per seguire le mode. "Come quella di andare tutti in Cina, perdendo di vista che il mercato Usa ad esempio è fatto di consumatori culturalmente molto preparati. L'nternazionalizzazione è la prima sfida: arrivare a spingere le istituzioni che va bene parlare di autonomia per alcune tematiche, ma il progetto deve avere una visione nazionale e non essere relegato alle singole Regioni. La Francia si muove in maniera organizzata mettendo a sistema la lobby e le industrie, noi ci muoviamo come Regioni. Dobbiamo uscire da questa visione prettamente regionale, non possiamo accettare il meccanismo per cui se la Ue apre un mercato nuovo poi siano i singoli Stati membri ad essere autorizzati ad operare. Dobbiamo parlare di settori produttivi, se la Cina autorizza l'import di carni suine dall'Ue, automaticamente lo faccio per tutti gli Stati membri. Invece oggi gli spagnoli, i tedeschi, i francesi hanno un sistema nazionale, mentre noi ci siamo preclusi la possibilità di esportare carne in Cina per regolamenti diversi tra le Regioni". E ragionamenti simili valgono anche per l'ortofrutta.

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