«Non ci resta che estirpare»

Drupacee in crisi, il pianto del Sud: produzioni non più sostenibili

«Non ci resta che estirpare»
“Si è appena conclusa una campagna di raccolta delle drupacee estremamente negativa, la peggiore da quando è cominciata la produzione delle albicocche e pesche nelle nostre zone”. A parlare è Mario Montesano, produttore di albicocche, oltre che di agrumi, nella Trisaia di Rotondella (Matera) nonché presidente della Cooperativa Ortofrutticola Trisaia.
“Sono tre anni per le albicocche, ma anche per le altre drupacee, che si ricavano dei prezzi al di sotto dei costi di produzione, ma quest’anno la delusione è ancora maggiore - prosegue l'imprenditore - I prezzi in breve tempo sono crollati, i campi a ridosso delle strade sono in via di estirpazione perché i costi di produzioni non sono più sostenibili soprattutto per chi fa affidamento sulla manodopera esterna, mi riferisco alle aziende di medie dimensioni, per le nostre zone, che non possono essere condotte a livello familiare. Ora si stanno convertendo molti campi sull’agrumicoltura ma, se non cambia il sistema agricolo italiano, tra un po’ anche queste colture subiranno la stessa sorte”.



“Una crisi pesantissima per la frutta estiva – aggiunge Fedele Cirillo, imprenditore agricolo di Nova Siri - innescata dall’andamento climatico anomalo, penso alle grandinate che hanno colpito il Metapontino, poi alla contemporanea entrata sul mercato dei principali Paesi produttori, Spagna in primis; per arrivare infine al costante calo dei consumi domestici. Ciò ha comportato un crollo dei prezzi pagati agli agricoltori tale da non riuscire a coprire nemmeno i costi di produzione. Purtroppo siamo stati investiti da una crisi inaspettata e non prevedibile, che sta conducendo l'intero comparto ortofrutticolo nazionale al collasso a causa del crollo dei prezzi alla produzione. Una crisi drammatica ed irreversibile le cui principali cause sono da ricercare in una concorrenza sleale ad opera di alcuni Paesi del mediterraneo, anche europei, le cui legislazioni in materia godono di maglie larghe, da una non regolamentazione del mercato e, conseguentemente da una forte speculazione commerciale e non, che allarga sempre più la forbice tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo: 0,25/0,35 liquidato al produttore, 2/2,50 euro il chilo offerto al consumatore”.



Anche sul versante nord calabrese il bilancio è tutt’altro che positivo. Pietro Buongiorno, produttore di Rocca Imperiale (Cosenza), parla di come è cambiato il mercato con l'ingresso sulla scena delle nuove varietà di albicocche, soprattutto quelle rosse. “Coltivo albicocche da 25 anni e sono il primo produttore dell'alto Jonio della varietà Antonio Errani, cultivar autoctona. In pratica questa varietà ha trovato il suo clima ideale proprio a Rocca Imperiale, produzioni elevate con caratteristiche organolettiche eccezionali. Dagli inizi degli anni 90 ad oggi, per quanto concerne la frutticoltura, abbiamo subito una vera e propria involuzione. Negli anni 90/2000 avevamo varietà italiane e tutto filava liscio come l'olio, produzioni ottime e prezzi remunerativi per noi produttori. Da lì in poi con l'avvento delle varietà rosse da Spagna e Francia è cambiato tutto. Abbiamo assistito ad una corsa sfrenata a queste varietà rosse, alla ricerca di un reddito migliore. Negli ultimi anni con tutte queste diverse tipologie si è creato nei mercati e nella Gdo confusione tra i consumatori, perché le varietà rosse hanno dimostrato spesso scarsa qualità e soprattutto il sapore con gradi brix scarsi. Le famiglie italiane compravano frutta a prezzi esorbitanti poi arrivati a casa erano costretti a buttarla nel cestino della spazzatura perché immangiabile. In questi ultimi tre anni stiamo assistendo a un vero e proprio declino della frutticoltura e c’è il rischio concreto che venga tutto abbandonato dopo anni di storia. Secondo me, una cosa da fare in gran fretta è investire in nuove varietà italiane: le albicocche Antonio Errani potrebbero essere la soluzione. Del resto è l’unica strada da seguire - conclude l'imprenditore calabrese - anche perché i nostri nonni l'avevano già tracciata".

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