Carciofi, il progetto Violì ai nastri di partenza

Dal 20 ottobre il nuovo brand di Apofruit, Cericola e Fratelli Giardina

Carciofi, il progetto Violì ai nastri di partenza
L’Italia è il principale Paese produttore di carciofi (ne coltiviamo 30-35mila ettari) e anche il primo utilizzatore: il 90% della produzione, infatti, è destinato all’autoconsumo. La buona notizia è che, da oggi, esiste un marchio che valorizza l’eccellenza del carciofo italiano. Tre aziende del calibro di Apofruit Italia, Cericola e La Mongolfiera del gruppo Fratelli Giardina hanno presentato ieri Violì, il progetto che garantirà standard qualitativi più elevati e uniformi, tracciabilità completa e promozione verso il consumatore.
Insomma, se prima il carciofo rischiava l’anonimato, ora le sue caratteristiche salutistiche, l’italianità e la tracciabilità hanno un nome.

A supportare le tre aziende, Nunhems: l’unica ditta sementiera ad avere lavorato in Italia sul miglioramento genetico dell’ortaggio. I primi ibridi commerciali, migliorati per qualità e produttività, sono stati introdotti dieci anni fa, per questo motivo Stefano Carducci, country sales manager Italia di Nunhems si è detto soddisfatto: “Un progetto che la filiera del carciofo italiano meritava da tempo e che darà risposta alle esigenze dei produttori e del mercato”.


Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, le tre aziende si sono dotate di uno specifico disciplinare di produzione, supportato da un piano di controlli (affidato a Sata), che verificherà come solo i carciofi di qualità premium ottengano il marchio Violì.
Come spesso avviene nell’ortofrutticoltura moderna, si parla - per le principali tipologie di carciofo (violetto, morello e romanesco) - di una gamma di varietà ibride, che permetteranno di ampliare il calendario di commercializzazione a nove-dieci mesi (da ottobre a luglio circa) garantendo caratteristiche qualitative uniformi e costanti. A cominciare da tenerezza, freschezza del gambo e colore.

“Violì è un esempio di aggregazione virtuoso e grazie a questo progetto riusciremo a mantenere gli standard qualitativi che ci si attende da un’eccellenza, oltre che a trasferirne i valori al consumatore – ha detto Claudio Bartolini, consigliere delegato di Apofruit Italia e presidente della rete di imprese – In questo primo anno sono 200 gli ettari investiti negli areali più vocati del territorio nazionale, ma contiamo di crescere sia come superfici, sia come numero di aziende partecipanti”.
Apofruit, peraltro, conosce bene le dinamiche di mercato dei prodotti di fascia alta che commercializza con il marchio Solarelli.

“Il carciofo è un ortaggio italiano, buono e ricco di sostanze nutritive importanti per la salute”, ha aggiunto Vito Cifarelli, sales & marketing director dell’azienda foggiana Cericola: 16 milioni di capolini lavorati all’anno, ma anche broccoli verdi, cavolfiori, asparagi verdi, meloni.
“Con Violì – ha continuato - porteremo in primo piano queste caratteristiche di salubrità nella promozione al consumatore, offrendo allo stesso tempo un prodotto che soddisfi le elevate aspettative in termini di gusto, estetica e sicurezza”.




“Le varietà e i disciplinari di produzione messi a punto grazie all’esperienza delle nostre tre aziende porteranno a una migliore programmazione delle coltivazioni – ha dichiarato Silvio Giardina, responsabile tecnico della Op La Mongolfiera e titolare con il fratello Salvatore dell’omonima azienda di Siracusa (120 ettari di serre e 250 di agrumeti) – Garantiremo così la disponibilità di prodotto made in Italy per tutta la stagione commerciale con standard qualitativi eccellenti, contrastando la concorrenza illegale di centinaia e centinaia di tonnellate di carciofi provenienti da Egitto o Tunisia e, spesso, confusi con quelli italiani”.

La stagione partirà con il prodotto pugliese (il 35% della produzione nazionale), per poi passare a quello coltivato in Sicilia, fino a febbraio. Quindi, il carciofo pugliese tornerà sul mercato insieme a quello emiliano-romagnolo. Dal 20 ottobre, le referenze a marchio Violì saranno destinate ai più qualificati mercati tradizionali e ai punti vendita della grande distribuzione organizzata, con prodotti di I gamma e di I gamma evoluta. Il che potrebbe favorire un’ulteriore destagionalizzazione dell’ortaggio.

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