«Qualità e coerenza, serve più coraggio»

Le riflessioni di Guerresi (HM.Clause) su ruolo e responsabilità delle ditte sementiere

«Qualità e coerenza, serve più coraggio»
Dal ruolo della moderna ditta sementiera a come dovrebbe evolvere la filiera per garantire qualità e redditività a tutti: le riflessioni a tutto tondo di Cristiano Guerresi, direttore generale di HM.Clause Italia.

Direttore, qual è lo stato dell’arte secondo lei?

Purtroppo non vedo una visione di sistema, anzi, spesso, ci sono sacche di incoerenza tra gli operatori del settore. Le ditte sementiere sono il primo anello della filiera; la genetica del futuro passa dalle nostre intuizioni, dai nostri laboratori, quindi dovremmo avere chiaro quale sarà la direzione che prenderà il mercato, se non anticiparla. Manchiamo spesso anche di coraggio nello spiegare ai consumatori in cosa consista il nostro valore: cosa, perché e come lo facciamo. Nessuno ha un percepito reale della quantità di innovazione che apportiamo, in pochi sanno valutare quanto l’agricoltura sia evoluta negli ultimi decenni. Rincorriamo un’immagine bucolica, lontana dalla realtà operativa. I consumatori, poi, chiedono sicurezza alimentare, ma non sanno come, nella realtà, si possa raggiungere.

Quali sono i driver più importanti da assecondare in questo momento?
Senza dubbio, al primo posto c’è la qualità. Una parola esplosa come una bomba all’interno della filiera: obbligatorio citarla in ogni progetto o analisi del comparto. Ma resta da capire se sarà una “moda passeggera” o se, invece, saremo capaci di trasformarla in un trend duraturo.
Una cosa è certa: quando un vassoio di pomodori o un melone entra ed esce dal frigo del consumatore per più giorni, esiste un problema di qualità gustativa. E, in qualsiasi settore merceologico, quando il consumatore si disaffeziona a un prodotto è molto difficile riconquistarlo: disattendere le attese è sempre molto grave. La questione, quindi, è seria. Di chi è la responsabilità, delle ditte sementiere? Forse converrebbe smetterla con gli slogan facili e tutti, per la propria parte, cominciare a fare una analisi interna.



Ma è una questione risolvibile? Si può fare qualità con costanza?
La qualità si può fare, ma sicuramente sbagliamo l’approccio. Non si può risolvere il problema puntando il dito contro la scarsa genetica disponibile sul mercato, la poca professionalità dei produttori o, ancora, contro la grande distribuzione organizzata che non vuole riconoscere il differenziale di prezzo.
Fare qualità è un processo culturale: significa percepirne l’esigenza, avere la capacità di visione su un lungo periodo, sapere rinunciare a qualcosa oggi per avere di più domani. Significa fare sistema e superare con più facilità i momenti di crisi. Insomma, fare qualità è lo specchio del Paese e, purtroppo, a questo proposito non ci troviamo in un momento storico felice. Un giorno forse comprenderemo quanto può valere il “brand Italia”.
Se, però, tutti gli attori del mondo produttivo capissero la situazione e incominciassero a ragionare in termini di opportunità e non di problemi da aggirare, il cambiamento potrebbe essere importante. Diversamente, resteremo al palo, vittime di qualsiasi nuovo Paese emergente in grado di offrire produzioni a pochi centesimi in meno. Qualche segnale che induce speranza c’è, forse lo stesso momento storico ci sta aiutando: voi stessi, con la vostra testata, state portando avanti con forza questo tipo di messaggio.

Secondo lei cosa vi differenzia dai maggiori player?
HM.Clause, da sempre, crede nella coerenza. E, in effetti, coerente è l’aggettivo che la maggior parte dei nostri clienti ha usato per definire la nostra azienda. Il nostro è un lavoro di fortissima prossimità sul territorio con una squadra sviluppo e vendite che va tutte le mattine a casa dei produttori. Siamo parte di Limagrain, un gruppo che di certo non è guidato dal profitto dell’azionariato: siamo agricoltori tra agricoltori e i nostri clienti lo percepiscono. Faccio un banale, ma significativo, esempio (anche di coerenza). Da noi non esiste rotazione del personale, evidentemente perché abbiamo energia, spirito di innovazione e di coesione non comuni. Insomma, non siamo dominati da logiche puramente commerciali, ma dal senso di responsabilità. E il valore della perseveranza, e della coerenza, dà soddisfazione. Molta soddisfazione.

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