Ozono come rimedio alla batteriosi dei kiwi?

Incoraggianti risultati in Nuova Zelanda per Oa-Global, che ora guarda al Cile

Ozono come rimedio alla batteriosi dei kiwi?
In Nuova Zelanda sta prendendo piede l'utilizzo della tecnologia ad ozono sulle piante di kiwi. Dopo un primo tentativo di natura sperimentale andato a buon fine, alcuni produttori, tra cui Turners & Growers, hanno deciso di adottare questa tecnologia nei propri frutteti. Nonostante non costituisca una cura per le piante affette da Psa (batteriosi del kiwi), è comunque in grado di combattere la formazione di altre batteriosi.

L'esperimento è partito 18 mesi fa a Katikati, in Nuova Zelanda, in un frutteto (2 ettari) di Hort16A (Zespri Gold) di un produttore che prima dell'avvento della batteriosi destinava l'88% del suo raccolto all'export. Dopo la Psa, questa quota è scesa al 77,5% nel 2013, ma grazie all'utilizzo della tecnologia ad ozono è risalito fino al 93,5% nel 2014.

"Non abbiamo mai pensato che questa tecnologia potesse curare la batteriosi. Semplicemente, ciò che avviene è una parziale soppressione della malattia e dei suoi effetti, in modo da rendere la pianta più vigorosa, con foglie più larghe e frutti in ottime condizioni", ha affermato a "www.freshfruitportal.com" Brendon Spencer, dirigente della OA-Global, azienda che sviluppa tale tecnologia. "Abbiamo avuto ottimi risultati a livello sperimentale ed ora anche aziende più grandi vogliono provare".





Come funziona? L'ozono viene distributo come spray sulle piante e quando entra in contatto con un microrganismo, ne ossida la membrana cellulare, causando la distruzione delle cellule e liberando poi ossigeno. Inoltre, l'ozono indurrà la pianta a produrre acido salicilico, componente fondamentale del sistema immunitario, rendendo la pianta stessa in grado di difendersi dai patogeni. Quindi, diventa anche uno strumento di prevenzione per la batteriosi stessa.

Spencer è ora in cerca di produttori di kiwi in Cile che vogliano provare la tecnologia ad ozono nei loro frutteti. I costi sono alti, ma non impossibili da affrontare, soprattutto se si ha a che fare con impianti che, prima dell'avvento della Psa anche in Cile, erano molto produttivi.

In precedenza, l'ozono era stato utilizzato negli impianti post-raccolta delle mele, in una soluzione liquida in cui venivano immersi i frutti, ottenendo ottimi risultati (completa assenza di batteri e funghi). Data la versatilità della tecnologia, quindi, Spencer ha annunciato che a breve ci saranno degli esperimenti anche sulla vite, come rimedio alla botrite.

Traduzione ed adattamento a cura di Italiafruit News. Tutti i diritti riservati.