Pesche, le organizzazioni agricole debbono tirare le fila

Le considerazioni del presidente di Copagri Ravenna dopo il convegno peschicolo nazionale

Pesche, le organizzazioni agricole debbono tirare le fila
In occasione del recente "Convegno Peschicolo Nazionale" svoltosi a Ravenna il 23 e 24 ottobre scorsi sono emerse importanti riflessioni e proposte da parte del mondo scientifico (docenti universitari, ricercatori, esperti), seriamente preoccupati del destino di questo settore in grave declino.

Sia in preparazione del convegno, sia durante, sia dopo con interventi e spunti sulla stampa, i Professori Sansavini, Pirazzoli, Palmieri, Della Casa, Bassi, Macchi, ecc. hanno fornito preziosi elementi di conoscenza sulle difficoltà del settore e dato spunti per l'affronto degli stessi.

Allo stesso tempo i responsabili delle strutture commerciali intervenuti in una tavola rotonda assieme a colleghi di altre nazioni (Spagna, Germania, Grecia), non hanno potuto fare altro che ribadire i soliti problemi mai risolti e quindi sempre gli stessi da 20 anni a questa parte. Addirittura abbiamo dovuto sorbirci l'ironia di Gomez quando si chiedeva perché mai in Italia non siamo stati capaci di fare neanche le pesche piatte (che in Spagna invece hanno avuto un exploit di primo piano).

Ora è evidente che ci sono problemi che non possono più essere elusi o procrastinati, come:
  • l'integrazione delle strutture logistiche e commerciali per la concentrazione dell'offerta (vedi Consorzio From in Trentino)
  • la programmazione delle produzioni (adeguando l'offerta alla domanda), attraverso la realizzazione del catasto frutticolo a livello europeo e nazionale. Da fare a livello istituzionale in quanto le OP hanno dimostrato di non poterlo fare (visto che rappresentano solo piccole percentuali di prodotto divise come sono ora)
  • contratti di fornitura alla GDO a inizio campagna per conoscere il prezzo a cui lavora il produttore (non possono deciderlo sempre i terzi alle sue spalle)
  • recuperare 20 centesimi di euro nel segmento del valore del prodotto, attribuendo il valore in proporzione ad un'equa ripartizione dei costi di produzione. Tutto ciò tramite "accordi di filiera" da perseguire e se necessario rivedendo il Dlgs. 102/2005
  • adeguare il sistema di interventi in caso di crisi grave attraverso una revisione dell'OCM. Quello attuale ha dimostrato di essere inefficace e inutile
  • introdurre il principio di reciprocità nelle importazioni/esportazioni di prodotti agricoli. Attualmente il sistema UE è troppo permissivo a differenza di altri importanti Stati ( le regole sanitarie per i nostri produttori sono molto più stringenti)
  • il miglioramento qualitativo del prodotto, il riconoscimento e  la sua valorizzazione (rinnovamento varietale, semplificazione, regole commerciali severe, ecc.).
Naturalmente è tutto il sistema frutticolo nazionale a doversene far carico, così come le istituzioni ai vari livelli. Però ciò non avverrà se non c'è qualcuno che "tira le fila". A nostro parere chi tira le file devono essere le Organizzazioni Agricole (Coldiretti, CIA, Copagri e Confagricoltura, detti per nome e cognome). Sono le uniche associazioni sindacali a carattere generale che possono rappresentare tutti i frutticoltori, sia quelli associati in cooperativa e OP, sia quelli non associati che operano con privati o vendita diretta. 

Come COPAGRI di Ravenna lanciamo un messaggio forte e chiaro in tale direzione, sia nei confronti delle Organizzazioni Agricole territoriali, sia regionali, sia nazionali. Con la disponibilità a concordare i percorsi che si ritengono più utili ed efficaci al raggiungimento dello scopo, anche coinvolgendo ancora di più il mondo scientifico rivelatosi prezioso in questa battaglia.
                 
Gennaro Di Tirro, presidente Copagri-Ravenna
Copyright 2014 Italiafruit News