Crisi delle pesche, la ricetta di Sansavini

«Riequilibrio nei rapporti di filiera, razionalizzazione, programmazione»

Crisi delle pesche, la ricetta di Sansavini
Si è tanto dibattuto sulla crisi nera che ha colpito le pesche e nettarine. Per sviscerare la questione con chi se ne intende davvero, ItaliaFruit News ha intervistato il Prof. Silviero Sansavini dell'Università di Bologna, fra i principali studiosi italiani del settore frutticolo.

Il 2014 verrà ricordato per l’ennesima crisi di mercato che ha colpito il settore di pesche e nettarine. Roberto Della Casa, in una serie di articoli ha esposto la sua ricetta per risollevare il settore; lei, da profondo conoscitore del sistema frutticolo, ci può esporre la sua cura?
Concordo pienamente con quanto scritto dal Prof. Della Casa nei suoi editoriali, e vorrei sottolineare che se non ci fosse stata l’evoluzione tecnica a compensare in parte le crisi di mercato, probabilmente la peschicoltura sarebbe messa molto peggio. Detto ciò, vorrei aggiungere un paio di punti molto importanti per completare l’analisi:
  1. E’ evidente la mancanza di criteri di solidarismo e compensazione all’interno della filiera; è inaccettabile che il produttore, ovvero colui che si assume i rischi maggiori (clima, patologie ecc.), sia anche il soggetto sul quale si ripercuotono le frequenti crisi di mercato, con liquidazioni ben al di sotto della soglia di sopravvivenza. Pertanto, dovrebbe esserci un’equa ripartizione dei costi fra i componenti della filiera, almeno all’interno dei sistemi cooperativi o consortili, pena il collasso del sistema produttivo.
  2. In secondo luogo, ritengo l’accettazione del prodotto a “conferimento”, un metodo incivile, lesivo della dignità lavorativa del produttore agricolo. É l’unico settore economico dove il produttore-venditore non conosce il compenso dei propri sforzi (fissato poi unilateralmente da un altro soggetto), se non dopo diversi mesi, e nemmeno tenendo conto dei costi di produzione sostenuti. Se non è possibile arrivare a contratti di coltivazione (come nel pomodoro da industria), le coop dovrebbero introdurre diverse modalità di liquidazione e con gli operatori commerciali occorrerebbe partire da un prezzo minimo, nei contratti privati.
È logico ipotizzare, che se non verranno trovate soluzioni in tempi rapidi ai problemi sopra citati, si potrebbe giungere all’abbandono di una coltura che ha fatto la storia della frutticoltura italiana. Le pesche arriveranno in Italia da Paesi produttori a costi molto più bassi.



Uno dei punti più dibattuti riguarda un nuovo patto col consumatore per rilanciare i consumi. Infatti, bene e spesso, la qualità organolettica del prodotto venduto non è sempre all’altezza delle aspettative. Per esempio, quest’anno la tenuta del prodotto è stata spesso insufficiente. L’innovazione tecnica può aiutare il settore in questo senso?
La ricerca è un valido strumento per tentare di portare sulle tavole un prodotto migliore dal punto di visto organolettico. Tuttavia, occorre evidenziare come la frutta estiva, pesca in particolare, abbia problematiche estremamente più complesse delle pomacee, e vi sono 3 temi che meritano un approfondimento:
  1. Clima: negli ultimi anni si sta assistendo ad andamenti climatici anomali, oramai una consuetudine che complica non poco la coltivazione della frutta estiva. Annate umide come il 2014 creano enormi problemi in conservazione, mentre grandinate sempre più frequenti inducono il frutticoltore a raccogliere in anticipo rispetto alla maturazione ideale.
  2. Genetica: sono in commercio oltre 180 varietà per un calendario di 4 mesi, appartenenti alle tipologie più disparate (piatte, polpa gialla/bianca, stoney hard, ecc.); questo affastellamento varietale, dovuto alla natura biologica del frutto, può creare enorme confusione tanto nel produttore quanto nel consumatore, mentre la resistenza ai marciumi è un risultato estremamente difficile da perseguire. Razionalizzazione varietale e segmentazione sono fondamentali se si vuole effettuare un salto di qualità nell’offerta. Senza contraffare nomi e gruppi varietali. La denominazione varietale deve essere fedele.
  3. Conservazione: attualmente la tecnica di conservazione è avanzata, tanto che è differenziabile per le varie tipologie di frutto. Tuttavia, in annate particolarmente umide, occorrerebbe una maggiore elasticità da parte del sistema sanitario ministeriale sull’utilizzo in deroga di principi attivi, che aiutino il produttore a prevenire prima e a contrastare poi lo sviluppo di marciumi.
L’eccesso di offerta è alla base del crollo delle quotazioni. Secondo lei, ci sono gli strumenti a livello europeo per programmare la produzione?
Indubbiamente la regolazione dell’offerta a livello europeo eviterebbe queste frequenti crisi di mercato. Infatti, sarebbe auspicabile una programmazione in relazione al mercato, partendo dalle produzioni dell’anno precedente e dalle conoscenze interne al sistema (ma il catasto è ancora inesistente). Purtroppo, lo spirito dell’OCM è stato finora parzialmente tradito. Prevale l’individualismo anche all’interno della cooperazione. Si fanno annualmente grandi adunate transnazionali, con l’impegno di agire insieme, soprattutto per aggregare l’offerta e affrontare i mercati, poi ci si dimentica di tutto. Ognuno fa per sé. L’Areflh è un organismo che ogni anno si arma di buoni propositi sulla programmazione e le iniziative comuni, che però rimangono tali, poco più di espressioni verbali, senza ottenere risultati concreti a livello europeo. Il punto è che ogni Stato europeo vuole prevaricare sull’altro (cioè si attua una concorrenza al ribasso), e si arriva alla situazione paradossale che ci si aggrega ma non si programma per evitare contrasti. Un vero e proprio paradosso.

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