PISTACCHI, BOICOTTAGGIO DI TEHERAN CONTRO IL CARO PREZZI DELL’ORO VERDE DI PERSIA

PISTACCHI, BOICOTTAGGIO DI TEHERAN CONTRO IL CARO PREZZI DELL’ORO VERDE DI PERSIA
L'Iran sta rischiando la bancarotta e il regime degli ayatollah non si può permettere di perdere l'ultima battaglia: quella del pistacchio. È il frutto più amato del Paese che ne è anche il primo produttore mondiale. Gli iraniani ne vanno pazzi, ma negli ultimi mesi i prezzi sono aumentati esponenzialmente e, come riporta il quotidiano La Repubblica, a Teheran il malumore è sfociato in una vera e propria protesta, tramite il boicottaggio, contro i rivenditori accusati di vendere i pistacchi solo all'estero per incassare molto più che se fossero venduti in loco.
I prezzi sono più che triplicati rispetto a un anno fa: allora per comprare 500 grammi di pistacchio all'ingrosso bastavano 3,18 dollari (circa 2,4 euro). A gennaio ne servivano già più di dieci. Inoltre per i produttori è decisamente più conveniente vendere all'estero perché la moneta locale sta andando a picco.
All'estero, specialmente in Europa e Israele, il pistacchio iraniano è una merce ricercata essendo quello più pregiato e con il gusto più intenso. L'Iran infatti è il primo produttore mondiale - primato sempre contestato dagli Stati Uniti - con il 54% del mercato globale e un giro d'affari che sfiora un miliardo e mezzo di dollari (oltre 1,1 miliardi di euro).
L’origine dei problemi dell'Iran però arriva proprio dall'Occidente e dalle sanzioni imposte per il suo programma nucleare. Usa e Ue hanno stabilito pesanti sanzioni per fermare il mercato del petrolio e indurre il regime a una marcia indietro. Le sanzioni funzionano con il blocco delle transazioni bancarie, ma non per l'agricoltura più difficile da controllare e per la quale il paese ha messo in atto dei veri e propri contratti di scambio merce. Nel 2012, infatti, l'export di prodotti agricoli è aumentato del 15%, quello del pistacchio in particolare del 100%.
A gennaio il governo ha cercato di imporre un prezzo fisso, ma l'esperimento è fallito. Un mese dopo il vicepresidente Mohammed Raza Rahimi è andato in tv ad annunciare un bando dell'export. Misura poi non applicata per le proteste dei produttori che lamentavano un danno potenziale di 600 milioni di dollari. Infine a marzo è arrivato il boicottaggio, forse addirittura suggerito proprio dal governo.

Fonte: La Repubblica