COLDIRETTI PROPONE “L'ITALIA CHE FA L'ITALIA”. A QUESTO PUNTO E’ CRUCIALE DEFINIRE QUAL E’ L’ ITALIA ORTOFRUTTICOLA CHE VOGLIAMO

COLDIRETTI PROPONE “L'ITALIA CHE FA L'ITALIA”. A QUESTO PUNTO E’ CRUCIALE DEFINIRE QUAL E’ L’ ITALIA ORTOFRUTTICOLA CHE VOGLIAMO
Non ha parlato di ortofrutta nello specifico, ma nell'intervento al Forum organizzato a Cernobbio dalla sua organizzazione, Sergio Marini ha di sicuro pensato anche al nostro settore. Nell'Italia che Coldiretti vuole il posto dell'agricoltura è strategico, ma questa non è una novità; la novità è che deve essere l'Italia a fare l'Italia seguendo il decalogo che trovate sintetizzato nella news precedente. Sembra un gioco di parole - l'Italia che fa l'Italia - ma se pensiamo attentamente ai possibili significati di questo slogan, per il sistema ortofrutticolo nazionale si aprono una serie di affascinanti e, al tempo stesso, complessi scenari.
L'Italia dell’ortofrutta, infatti, è un sistema con significative differenze e profonde contraddizioni, tanto che qualche giorno fa ho parlato di un’ortofrutta multitasking. Si va dalle tante eccellenze di nicchia, come il radicchio rosso di Treviso IGP solo per fare un nome, dove la difesa delle peculiarità specifiche dalla contraffazione è certo l’elemento di riferimento; per arrivare alle leadership mondiali, come il kiwi - dove lo sviluppo dei mercati internazionali a tutto tondo deve essere l’elemento guida – e, pertanto, anziché sulla difesa, la strategia deve basarsi sull’attacco.
L’Italia dell’ortofrutta sono anche quattro organizzazioni che controllano il 65% della produzione nazionale di mele e danno reddito con continuità ai loro soci ma è pure una pletora disordinata di produttori siciliani di pomodori e di arance, prodotti molto più unici e distintivi delle mele per il made in Italy -  che, viceversa, non hanno un reddito stabile, anzi – spesso - non ce l’hanno proprio.
L’Italia dell’ortofrutta è anche calo dei consumi sulla categoria merceologica più promossa dall’opinione pubblica negli ultimi anni perché manca una strategia di conversione dell’interesse sui prodotti in atti d’acquisto e, oggi, anche assenza di tattica per orientare la riduzione dello spreco dalla becera riduzione degli acquisti a forme più virtuose; il rischio è mortale per prodotti come questi venduti per lo più sfusi, dove si può quindi dosare con facilità la quantità acquistata.
La gestione di questa Italia dell’ortofrutta dalle mille facce e della sua complessità è quindi il problema operativo di domani, per trovare - in una linea strategica comune - diverse tonalità adatte alle diverse voci. La risposta, per l’ortofrutta, non sono i prodotti locali, l’esportazione, i farmers’market o la grande distribuzione, ma un mix ben dosato di queste e altre ricette che, contemporaneamente – da cui multitasking – diano propulsione alle nostre eccellenze e anche alle nostre mediocrità.
Infatti, secondo me, se non manteniamo gran parte dell’assetto dell’attuale ortofrutta migliorandolo, non solo non avremo sviluppo ma neanche quella decrescita che oggi, un po’ populisticamente, molti abbracciano. Perderemo solo il ruolo che oggi abbiamo nello scenario internazionale a vantaggio di altri che, peraltro, non chiedono di meglio, decretando così la fine per i nostri produttori, anche quelli eccellenti.
Su queste basi sottoscrivo le tre richieste alla politica del documento di Coldiretti; sono la condizione di minima per farcela. Senza verità su processi e prodotti, giustizia ed equità nello sviluppo della globalizzazione e legalità, nella gestione delle attività, tutto il resto è vano.
L’Italia che fa l’Italia, cioè l’uso del saper fare italiano per sviluppare la nostra agricoltura, mi piace, così come mi è piaciuto il Presidente Marini, lo dico senza retorica, sia per il documento carico di speranza che ha presentato ma  - soprattutto - per come lo ha presentato. Il coinvolgimento di chi crede in ciò che dice era palpabile nella voce e nelle espressioni e ha dato concretezza a quella “fiducia” che è stata indicata come la “molla” del sistema. Il sindacato che evolve e, per certi versi, stravolge la sua missione è in linea con i tempi e non deve scandalizzare nessuno, semmai deve servire per gettare le basi per nuovi rapporti fra le varie componenti. Per portare a termine con profitto l’adeguamento della nostra agricoltura ai tempi occorre, infatti, l’apporto di tutti in una rinnovata visione di ruoli e strategie. Come farlo in modo sostenibile, anche alla luce di questo documento, rende ancora più interessante e stimolante l'intervista che farò al Presidente Marini il prossimo 6 Dicembre a Milano alla presentazione dello speciale MarK Up dedicato all’ortofrutta.
RDC