Uva, perchè scegliere una strategia di marca

Con Odorizzi (La Grande Bellezza Italiana) il punto sulla campagna

Uva, perchè scegliere una strategia di marca
La prima parte della campagna dell’uva da tavola è partita con risultati incoraggianti per La Grande Bellezza Italiana e i grappoli si presentano sani, di ottima qualità e in volumi elevati. Merito della strategia di marca scelta dall’azienda che prevede una grandissima attenzione ai frutti, la fornitura di una manodopera specializzata, packaging riciclabili e tanta visibilità al punto vendita.
Ce la spiega nei dettagli Leonardo Odorizzi, tra i sei soci fondatori de La Grande Bellezza Italiana.

“Le nostre uve di riferimento sono Vittoria e soprattutto Italia, quest’ultima rispetta il disegno della nostra azienda e possiamo dire di vantarne la paternità”, spiega a IFN.
E continua: “Quest’anno possiamo contare su grappoli buonissimi perché il clima caldo ha esaltato le caratteristiche organolettiche dell’uva senza svilupparne le patologie correlate. Una situazione che ci ha permesso anche di abbattere i trattamenti fitosanitari oltre il 25%, perfettamente in linea con il progetto europeo del Farm to Fork. Per questo possiamo dire che abbiamo un’uva sana e perfettamente sostenibile”.



A favorire la qualità dei grappoli ha contribuito anche il lavoro manuale di acinellatura, svolto nei mesi di maggio e giugno. “Si tratta di una pratica antichissima che affidiamo ad operai specializzati – dice Odorizzi – nonostante l’alto costo della manodopera, si tratta di un investimento fondamentale per il nostro settore”.  E qui rientra un altro dei concetti cardine della strategia di marca de La Grande Bellezza Italiana: “Chi vuole mantenere alte qualità agronomiche, deve fare una scelta precisa sulla manodopera – specifica il socio – sono costi che vanno considerati per evitare di affidarsi a mani inesperte ed ottenere prodotti scadenti”. 

Quindi si a prezzi più alti ma il riscontro in qualità deve essere obbligatorio. “La strategia di marca deve essere supportata dalla qualità come caratteristica stringente – commenta Odorizzi - è questa la ricetta che soddisfa al meglio i consumatori che, impoveriti dai costi delle bollette, hanno sempre meno soldi disponibili e desiderano spenderli bene. Il concetto è: spendo di più ma voglio un prodotto di qualità e senza sprechi”.

E a proposito di sprechi, anche le confezioni possono dare un grande aiuto. L’azienda propone la sua uva da tavola in una confezione a conchiglia realizzata in plastica trasparente riciclabile. “Si vede subito la qualità del prodotto – dice il socio – e la forma del packaging aiuta a proteggere i grappoli evitando gli scarti”. Il prodotto viene proposto anche sfuso in una confezione ‘long-life’ tramite sacchetti in plastica trasparente riciclabili.



L’azienda ha adottato quest’anno anche la strategia del prezzo fisso in alcune catene di distribuzione. “In questo modo il consumatore ci acquista la prima volta e impara a riconoscere il nostro valore e, grazie al prezzo fisso, continua a sceglierci – dice Odorizzi – mentre una variazione continua del prezzo non farebbe altro che bloccare le vendite”. “Siamo soddisfatti di questa strategia – continua – e in 20 giorni di commercializzazione, stiamo già distribuendo più prodotto per punto vendita rispetto ad anno scorso, nonostante i consumi stiano conoscendo un calo generale”.

Infine un ragionamento sui costi di produzione: “Sulle confezioni a conchiglia abbiamo dovuto fare un leggero rincaro per i distributori, anche se il 70% dei costi viene assorbito internamente all’azienda – commenta il socio – stiamo cercando di stringere i denti al massimo e siamo convinti che questa bolla speculativa possa terminare entro la fine dell’anno, quando finirà anche la stagione dell’uva da tavola”.


Uva senza semi, una proposta in crescita
Nella proposta de La Grande Bellezza Italiana si ritrovano anche le varietà senza semi, considerato il crescente interesse da parte del mercato. “Il consumo di queste tipologie d’uva è relativo sia alle zone di consumo che alla strategia dei punti vendita – dice Odorizzi - per esempio a Verona la tendenza di acquisto delle senza semi è maggiore nelle città mentre tende a calare in periferia, mentre le uve più vendute sono sempre quelle più valorizzate al punto vendita tramite esposizioni ad hoc”.
E conclude: “Credo che sia in generale un aspetto culturale, a scegliere le senza semi sono prevalentemente consumatori di città e di ceto medio-alto, considerato che i prezzi di questi frutti sono circa il 30% più alti rispetto all’uva con seme”.

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