Siccità, Nord Italia in grande sofferenza

Desertificazione e fondi del Pnrr, il punto con le telecamere di Report

Siccità, Nord Italia in grande sofferenza
La siccità si fa sentire sempre più forte anche al nord Italia, dove i campi completamente secchi stanno perdendo tutte le loro risorse organiche, diventando così inaccessibili per qualsiasi coltura.
Proprio come succede ai terreni tra Padova e Adige immortalati dalle telecamere di Report per il servizio “Rinascita&Resilienza” andato in onda lunedì sera. 
“Se pensate che queste immagini siano state girate in piena estate, in un caldo e assolato campo agricolo del sud Italia, vi sbagliate di grosso”: con queste parole vengono commentate le immagini dei campi aridi nell’inverno appena trascorso. I terreni sono così chiari da mostrare la perdita totale di sostanza organica, una vera e proprio tragedia per i produttori.



“Sono tre mesi che non piove e non si può assolutamente seminare, siamo a rischio desertificazione” commenta alle telecamere Paolo Minella, agronomo Coldiretti Padova.
Nel servizio viene specificato come le aree del nord Italia siano quelle più in difficoltà ad affrontare la desertificazione, non avendo mai dovuto affrontare prima la siccità.
Il direttore generale del consorzio di bonifica del Delta del Po Giancarlo Mantovani specifica: “Fino a trenta- quaranta anni fa pioveva senza problemi e chi coltivava non aveva bisogno di irrigazione spinta come quella di oggi”.



Ad avvertire sugli effetti della siccità, neanche tanto a lungo termine, è lo stesso Luca Mercalli, presidente società meteorologica italiana: “Con l’aumento del livello dell’Adriatico generato dalla fusione dei ghiacciai e dalla siccità, l’acqua salata sta entrando nella falda idrica e arriva fino a 15/20 chilometri nell’entroterra, rendendo le zone inadatte per l’agricoltura. Fra 50 anni il mare ci entrerà in casa e, nel frattempo, le strategie di adattamento ai cambiamenti climatici rimane nel cassetto dei ministeri”.

“Lo scenario a cui ci troviamo di fronte è apocalittico – avverte il conduttore di Report Sigfrido Ranucci – il Po si è abbassato di 7 metri e ben 125 comuni rischiano di rimanere senza acqua. L’agricoltura è in ginocchio e, per quanto sia in arrivo il finanziamento di 190 milioni di euro del Pnrr, con questi fondi si potranno solo adattare le opere irrigue già esistenti, senza risolvere il problema alla radice”.



La situazione è grave anche a Stellata (Ferrara) dove nelll’alveo del fiume si è creata una vera e propria isola di sabbia e dagli affluenti non arriva acqua, mentre da ottobre 2021 non si è ancora vista la pioggia.
Stessa situazione a Mantova, dove il fiume è allo stesso livello del periodo estivo: “La grande assente di quest’anno è la neve in montagna, che solitamente utilizzavamo per garantire acqua per irrigare” spiega Simone Minelli, consigliere regionale Coldiretti Lombardia. A Reggio Emilia la sabbia del fiume ha istruito le idrovore dell’impianto di Boretto e il rischio è quello di non riuscire ad azionare le pompe per l’acqua destinata ai campi.
La critica sollevata dal servizio è quella di non poter utilizzare i fondi del Pnrr per costruire nuovi invasi, unica risorsa fondamentale per poter garantire acqua negli impianti irrigui già esistenti: “Non è previsto un intervento sul tema della desertificazione e della siccità del bacino padano”.
Il rischio del Pnrr è quello di investire soldi su interventi che andavano già fatti in passato, come specifica anche Meuccio Berselli, direttore dell’autorità di bacino distrettuale del fiume Po.


Salvatore Ragazzi mentre mostra la condotta realizzata dal consorzio di bonifica

E se attendere risposte dagli enti statali e dai consorzi di bonifica rischia di diventare spesso un processo troppo lungo, e c’è anche chi decide di trovare da solo la soluzione. Proprio come ha fatto l’imprenditore agricolo siciliano Salvatore Ragazzi, che ha costruito il proprio impianto di irrigazione derivato dai pozzi. E che denuncia : “L’acqua consortile non sappiamo cosa sia, chissà se c’è mai stata acqua in queste condotte” dice mostrando una impianto del consorzio di bonifica inutilizzato da anni e ormai pieno di terra.


Un primo piano della condotta inutilizzata

Il servizio denuncia come nessuna delle domande presentate dai consorzi di bonifica siciliani sia stata ammessa al bando indetto dal Pnrr, mentre è stata decisamente più virtuosa la Calabria con progetti ammessi per un totale di 259 milioni di euro, di cui al momento sono finanziabili 53 milioni.

Una possibile soluzione a questa situazione è quella proposta da Mercalli: “Bisogna riflettere se investire in nuovi invasi per uso agricolo e potabile. I luoghi adatti per fare nuove dighe non ci sono più, va cambiata la filosofia: non vanno creati grandi impianti ma tanti piccoli invasi locali distribuiti lungo il territorio”.

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