Cimice asiatica, l'efficacia delle reti multifunzionali

Punti di forza e svantaggi di questi mezzi illustrati dal progetto Alien.Stop

Cimice asiatica, l'efficacia delle reti multifunzionali
Tra le soluzioni più utilizzate contro la diffusione della cimice asiatica ci sono sicuramente le reti multifunzionali. Ma quali sono ad oggi i risultati raggiunti?
Del “Progetto reti multifunzionali: verifiche e approfondimenti su pero e kiwi” se ne è parlato nei giorni scorsi nell’ambito del convegno “Cimice asiatica: risultati della ricerca in Emilia-Romagna ed esperienze a confronto”.



“Le reti multifunzionali sono tra le innovazioni tecniche più diffuse dall’avvento della cimice asiatica – ha spiegato Stefano Caruso del Consorzio fitosanitario di Modena - In Emilia Romagna la loro diffusione è passata dai 25 ettari nel 2012 fino ai 1350 ettari del 2021, anche grazie ai contributi Psr-Ocm del progetto “Halys”. Negli impianti monoblocco, che erano quelli più diffusi, sono emersi però alcuni problemi derivati da fonti di infestazioni esterne: tra queste le bordure degli argini, degli edifici e di boschi e siepi, oltre a chiusure non ermetiche e le aperture frequenti delle testate.



“Per questo nel successivo progetto Alien.Stop (2020-2021) abbiamo sviluppato nuove attività per problemi elencati – ha proseguito il ricercatore - in primis abbiamo analizzato le tecniche di monitoraggio e studio dei varchi di entrata della cimice negli impianti multifunzionali monoblocco, a seguire abbiamo operato indagini sul microclima nei principali modelli di rete multifunzionale. Come ulteriore obiettivo abbiamo studiato il timing della chiusura delle reti multifunzionali monoblocco per ridurre i danni da cimice sul pero ed implementare l’allegagione con l’utilizzo di pronubi (osmie). Infine ci siamo occupati dell’impiego delle reti multifunzionali su Actinidia Chinensis”.



Per quanto riguarda le tecniche di monitoraggio sono state individuate le zone ‘a rischio’ di ingresso indesiderato della cimice come argini, boschi e abitazioni; oltre ai metodi per monitorare eventuali presenze della cimice. Nel progetto sono state supportate decisioni anche per interventi con insetticidi integrativi. “Da questo studio abbiamo capito che le trappole sono in grado di indicare il livello di popolazione presente, disegnare l’andamento della stagione ed indicare i punti del frutteto a maggior rischio – ha detto Caruso -  Ci sono però degli effetti collaterali (anche con ferormone sottodosato) che evidenziano incrementi del danno nel raggio di 5 metri. Quindi l’opportunità di impiego in campo è da ponderare sulla base delle caratteristiche aziendali”.

Relativamente alle indagini sul microclima, il progetto è arrivato a tre conclusioni: la prima è che nelle reti antigrandine monoblocco aumentano i rischi di infezioni da maculatura bruna rispetto ai monofila e scoperto. Sono state inoltre trovate differenze significative fra monoblocco e rete antigrandine per microclima e rischio maculatura bruna. Infine il monofila bianco comporta caratteristiche microclimatiche e rischi da maculatura bruna simili allo scoperto.


Per gli studi sul timing di chiusura delle reti multifunzionali monoblocco e antigrandine per ridurre i danni da cimice sul pero, sono stati utilizzati dei pronubi (osmie) a supporto dell’allegagione. “In particolare, negli appezzamenti di Abate e William, abbiamo voluto anticipare la chiusura di un impianto monoblocco prima della fioritura per ridurre gli ingressi degli adulti svernati di cimice – ha specificato Caruso - Mentre per le reti antigrandine abbiamo verificato se l’apertura posticipata di un mese dopo la fioritura potesse migliorare l’allegagione”.
Lo studio è infine giunto a due risultati visibili: l’apertura anticipata pre-fiorale monoblocco induce la riduzione dell’allegazione e le osmie tendono ad abbandonare l’ambiente ‘protetto’ della rete. Inoltre, l’apertura delle reti in post fioritura non influenza negativamente l’allegagione rispetto a quella posticipata di circa tre settimane.



L’ultimo step del progetto ha previsto l’ottimizzazione dell’impiego delle reti per l’Actinidia Chinensis tramite la comparazione tra diverse tipologie di reti: rete antigrandine comparata al monoblocco, rete antigrandine comparata allo scoperto e monoblocco con apertura pre e post-fiorale.
“Abbiamo potuto constatare che le reti monoblocco non sono ermetiche ma riducono le popolazioni delle cimici – ha sottolineato il ricercatore – ma il monitoraggio dell’insetto negli impianti monoblocco non è semplice: le trappole possono fornire un contributo ma gli effetti collaterali ne suggeriscono un eventuale utilizzo circoscritto e ponderato. Inoltre gli impianti monoblocco non sembrano peggiorare i rischi da maculatura bruna rispetto alle semplici reti antigrandine”.
Lo studio ha potuto sottolineare come le reti monofila di colore bianco presentino parametri microclimatici molto simili agli impianti scoperti e che le aperture del monoblocco anticipate in fase pre-fiorale non sono consigliate anche se supportate dall’utilizzo di pronubi-osmie. L’aperture delle reti antigrandine ritardata di tre settimane rispetto alla canonica fase post-fiorale non sembra favorire in maniera significativa l’allegagione dei frutti. “Infine – conclude il ricercatore – possiamo affermare che le protezioni monoblocco sui kiwi presentano una buona efficacia nel controllo della cimice asiatica”.

Copyright 2022 IFN Italiafruit News