No agrofarmaci, no party

Senza prodotti di difesa l'ortofrutta crollerebbe. Ecco gli effetti economici

No agrofarmaci, no party
Gli agrofarmaci sia di sintesi che di origine naturale sono mezzi tecnici indispensabili per proteggere le colture agricole e per garantire il pieno soddisfacimento della richiesta globale di alimenti, assicurando allo stesso tempo elevati standard di sicurezza alimentare e di tutela ambientale. Ma se il mondo fosse senza agrofarmaci, se fossero tutto d'un tratto abbandonati, l'impatto sulle produzioni ortofrutticole italiane sarebbe devastante per l'intera economia. Il nostro settore perderebbe infatti per strada oltre i due terzi del proprio valore della produzione, secondo un nuovo studio condotto da Vsafe - spin-off dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - per Agrofarma, l'associazione nazionale delle imprese di agrofarmaci che fa parte di Federchimica. 

La ricerca si pone l'obiettivo di stimare le conseguenze economiche a cui porterebbe la cessazione improvvisa dell'utilizzo di tutti gli agrofarmaci in 18 tra le filiere agro-alimentari più importanti del nostro Paese, tra cui 11 dell'ortofrutta: mele, uva tavola, pomodori da mensa, pomodori da industria, arance, nocciole, pere, insalate di IV gamma, meloni, carote e pesche (le altre analizzare sono olio d’oliva, uva da vino, mais, grano tenero, grano duro, riso e soia). Emergono risultati molto netti: senza agrofarmaci, il valore alla produzione delle filiere dell'ortofrutta analizzate crollerebbe del 72%, passando da 4,7 a 1,3 miliardi di euro, a causa delle perdite delle rese produttive. 

Nello studio, i ricercatori del Vsafe mettono a confronto due scenari. Il primo, definito "con difesa", riflette le modalità di difesa oggi presenti nell'agricoltura europea: da un lato il regime di produzione integrata e dall'altro quello della produzione biologica. Tale scenario è stato delineato attraverso un’analisi dei dati reperiti da fonti bibliografiche e statistiche. La situazione è stata poi confrontata con un secondo scenario "senza difesa", nel quale si è fatta l'ipotesi di assoluto inutilizzo dei più comuni agrofarmaci consentiti a livello italiano e comunitario, sia di sintesi che naturali, e quindi anche di sostanze comunemente utilizzate in regime di produzione biologica, a base di zolfo e rame, piretro, Spinosad e Bacillus thuringiensis



Gli effetti sul comparto agricolo
Per stimare il calo delle rese, il team di ricerca si è avvalso sia delle competenze di tecnici esperti di patologia vegetale e di tecniche di lotta, sia di informazioni bibliografiche relative a prove pubblicate negli ultimi 10 anni nelle giornate fitopatologiche. L’impatto negativo sulle produzioni che risulterebbe dall’adozione dell’ipotetico scenario “senza difesa” è stato valutato anche in termini economici, a tre livelli: perdita di valore della produzione agricola, eventuale perdita di valore della produzione industriale di prodotti derivati (ad esempio, per l’ortofrutta: succhi di mele, pere, arancia e pesche; confetture di agrumi; trasformati di pomodoro, pesche e carote; insalate pronte) e impatto negativo sul commercio estero, in termini sia di minori esportazioni che si maggiori importazioni per coprire le necessità di consumo.

“Le forti riduzioni delle rese stimate a livello agricolo per effetto dell’eliminazione degli agrofarmaci determinerebbero in primo luogo una drammatica riduzione del valore della produzione agricola: per le 18 filiere considerate si passerebbe da 15,1 a soli 4,4 miliardi di euro, con un crollo complessivo del valore della produzione agricola pari quasi al 71%”, sottolinea lo studio. Tra le filiere dell’ortofrutta, la mela perderebbe 586 milioni di euro (-67%), il pomodoro da mensa 477 milioni (-88%), l’uva da tavola 386 milioni (-71%), il pomodoro da industria 344 milioni (-81%), le insalate di IV gamma 162 milioni (-68%), le arance 316 milioni (-65%), le pere 432 milioni (-86%), le nocciole 176 milioni (-60%), le pesche 206 milioni (-76%), le carote (-77%) ed i meloni (-72%) entrambi 194 milioni.



Gli effetti sull'industria alimentare 
“Prendendo in considerazione solo le attività dell’industria agroalimentare poste a valle e più colpite da questa drastica riduzione produttiva, gli effetti stimati sul fatturato dell’industria alimentare interessata dalle 18 filiere sarebbe pari a più di 20 miliardi di euro – fa sapere Vsafe – Il fatturato, infatti, passerebbe da 25,65 a 5,40 miliardi di euro, con un crollo pari al -79% circa”.

Un forte impatto si determinerebbe sul comparto del pomodoro da industria, il valore stimato dei trasformati di pomodoro valutati ai prezzi franco azienda di trasformazione, è pari a 2,6 miliardi di euro nello scenario “con difesa” ma scende a meno di 0,5 miliardi nell’ipotesi “senza difesa”, a causa della riduzione della materia prima da trasformare. Le insalate di IV gamma vedrebbero ridursi il valore della produzione lavorata di circa 740 milioni di euro. I succhi di pesca e gli altri trasformati a base di pesche segnerebbero invece una riduzione del valore delle vendite, nello scenario “senza difesa”, pari a 99 e 87 milioni di euro rispettivamente. Nel caso dei succhi di pera la stima ha portato ad una quantificazione della perdita pari a 97 milioni di euro, mentre per i succhi di mela il danno stimato sarebbe di circa 70 milioni di euro. Seguono le perdite stimate di fatturato per succhi di arancia e confetture di agrumi (-36 e -9 milioni di euro rispettivamente) e la riduzione della produzione di succhi di carote stimata pari a 31 milioni di euro. 



Gli effetti sul commercio estero e sul made in Italy
Le conseguenze sarebbero ugualmente drammatiche per il commercio estero nazionale. Secondo i calcoli dei ricercatori del Vsafe, le esportazioni dei prodotti collegati alle 18 filiere scenderebbero da 14,81 miliardi a soli 3,96 miliardi di euro (-10,9 miliardi) mentre le importazioni aumenterebbero da 6 a 15,4 miliardi (+9,3 miliardi), determinando quindi un peggioramento della bilancia commerciale di oltre 20 miliardi di euro. Gli impatti maggiori riguardano i settori del vino e dei formaggi Dop (collegati a mais e soia), seguite dalle principali colture vegetali vendute sul mercato del fresco: mele, uva da tavola, pomodoro da mensa, arance, pere, pesche e nocciole.

“Ne conseguirebbe – conclude lo studio – anche un drastico abbassamento della presenza di vero made in Italy nel mondo, un regalo al mondo della contraffazione e dell’Italian sounding. L’impatto complessivo, che si ottiene dalla somma dei tre impatti appena indicati, ammonterebbe a 51,2 miliardi di euro circa: il 21% a livello agricolo, il 40% a livello di industria della trasformazione alimentare e un altro 39% in termini di effetti sugli scambi commerciali”.

Copyright 2021 Italiafruit News