«Clima impazzito, ma reagire si può»

Eventi estremi e frutticoltura: un convegno indica la direzione

«Clima impazzito, ma reagire si può»
"Serve un nuovo approccio al modo di fare agricoltura, con stazioni meteo nelle principali aree produttive, modelli previsionali e alert per gestire meglio l'imponderabile e capire in tempo reale l'evoluzione della produzione". Lo ha detto Stefano Vaccari, direttore del Crea, Consiglio per la ricerca e l’economia in agricoltura in occasione del convegno “Cambiamenti climatici e frutticoltura: subirne le conseguenze o gestirle?”, promosso da Confagricoltura Verona in collaborazione con Crédit Agricole, che si è svolto venerdì pomeriggio nella sala convegni di Veronamercato. Ricerca, innovazione varietale e tecnologica sono le parole d'ordine per preparare un futuro più sereno al settore primario.

Non ci sono più le mezze stagioni dice l'oramai abusato "adagio" ma oltre a questo imperversano eventi meteorologici sempre più violenti ed imprevedibili che sempre più spesso mettono ko le produzioni ortofrutticole.


I relatori del convegno di venerdì pomeriggio a Verona

“I cambiamenti climatici stanno spostando i paradigmi e i punti di riferimento – ha detto ancora Vaccari - Le gemme anticipano i tempi, le gelate arrivano in tarda primavera, tornano fitopatie che non si vedevano da vent’anni, come la maculatura bruna delle pere. Stiamo perciò lavorando per produrre nuove varietà di piante che si adattino alle nuove condizioni, senza però cambiare il prodotto, perché anche tra vent’anni i consumatori vorranno i kiwi, le mele, i vini.  Con il genome editing, che non è Ogm perché si rafforzano le piante utilizzando il loro Dna, stiamo ottenendo piante resistenti alle malattie, altre allo stress idrico e altre ancora agli eccessi di calore. Stiamo lavorando anche sull’agricoltura di precisione con sistemi previsionali per la difesa delle colture, di simulazione per ottimizzare le risorse idriche, di previsione delle rese per i seminativi”.

Sul fronte della genomica, in particolare, Crea ha sviluppato in laboratorio, proprio tramite genome editing, meli resistenti alla ticchiolatura, pomodori con tolleranza a stress abiotici e melanzane senza semi. E sono in partenza linee di ricerca su altre specie (fragole, basilico, agrumi, kiwi, pero, pesco ed altre drupacee). 

Il Crea ha dato vita anche a un pomodoro salva-clima che si può coltivare con poca acqua in ambienti aridi, dotato di elevato quantitativo di vitamina C, di beta-carotene e di antiossidanti e una resistenza ai microrganismi e agli agenti patogeni: il tutto nell'ambito di un progetto di ricerca internazionale con l'Università politecnica di Valencia, nell'ambito di Horizon 2020-Bresov.



Raffaele Giaffreda - ricercatore della fondazione Bruno Kessler, ente di ricerca che si occupa tra l’altro di soluzioni tech per consumare meno acqua in agricoltura - ha parlato del progetto Sapience, finalizzato a sperimentare e attivare pratiche virtuose di agricoltura di precisione che, monitorando e mappando l’evoluzione fenologica delle colture, indica in tempo reale all’agricoltore le effettive esigenze di intervento irriguo; e di Waterwise, progetto di gestione sostenibile dell'acqua in agricoltura sviluppato in Trentino che fa riferimento a un mix tra impatto climatico, sistemi previsionali, tecnologie e pratiche per l'efficientamento dei consumi.

“Dobbiamo mettere a punto sistemi di risparmio della risorse – ha precisato Giaffreda – utilizzando sensori che monitorano il contenuto di acqua nelle piante, ma anche reti ad ampia copertura, stazioni meteo, big data. La sensoristica potrà aiutarci anche con le gelate, per capire quando e dove intervenire, oppure nel monitorare le temperature. Tutto questo, però non può ricadere solo sulle spalle degli agricoltori: serve un approccio multidisciplinare coinvolgendo istituzioni, enti di ricerca e altri attori del settore”.



“I cambiamenti climatici, con frutta e orticole falcidiate da eventi sempre più violenti e imprevedibili - ha sottolineato Alberto De Togni, presidente di Confagricoltura Verona - stanno mettendo a dura prova l’agricoltura, che anche quest’anno ha pagato un prezzo altissimo con intere colture decimate da grandine e tempeste, oltre che da gelate tardive e lunghi periodi di siccità. Dobbiamo puntare su strumenti innovativi come app, big data, sensori, immagini satellitari e droni, che potranno rendere le coltivazioni italiane più adatte al clima che cambia". 

"L’agricoltura del futuro - ha concluso De Togni - dovrà passare anche attraverso una gestione più oculata delle risorse idriche e il risparmio energetico, formando una nuova generazione di imprenditori che sia in grado di gestire e maneggiare i nuovi strumenti di precisione”. 


Ma chi deve finanziare l'agricoltura del futuro? Secondo Davide Leonardi, vicedirettore regionale di Crédit Agricole, “sarà importante garantire forme di sostegno dedicate in questo delicato passaggio, che sta avendo un impatto enorme sui bilanci delle aziende agricole” mentre Giordano Emo Capodilista, vicepresidente nazionale di Confagricoltura e Paolo Ferrarese, vicepresidente regionale della confederazione, hanno auspicato più attenzione e sostegno per le imprese agricole e un’accelerazione sulla ricerca, che in Italia e in Europa vede ancora molti pregiudizi nei confronti delle tecniche più innovative.

Sul tema del cambiamento climatico è tornato in questi giorni anche QU Dongyu, direttore Generale della Fao, nel corso del settimo vertice dei Presidenti dei Parlamenti del G20 dedicata a "Sicurezza alimentare e sostenibilità dopo la pandemia". "I sistemi agroalimentari sono vittime e cause dei cambiamenti climatici, devono essere perciò anche una delle soluzioni”, ha affermato.

E ha aggiunto: “La crisi climatica ha effetti diretti sulla produttività agroalimentare e minaccia la capacità di garantire la sicurezza alimentare globale, di sradicare la fame nel mondo e di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità".

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