Cocomero pontino in crisi, Latina Ortaggi: serve l'Igp

Cocomero pontino in crisi, Latina Ortaggi: serve l'Igp
Sono solo 80 le calorie contenute in una grossa fetta di Cocomero Pontino, ottimo rimedio contro la calura estiva. Nonostante questo, il suo consumo sta segnando il passo a causa della diminuzione dell’export verso il nord Europa e di un probabile aumento di produzione. 

Contro la congiuntura negativa nulla ha potuto fare l’elevata qualità del Cocomero Pontino che contraddistinto dal marchio Pat (Prodotto Agroalimentare Tradizionale), porta in sé i frutti di sessant’anni esperienza di coltivazione. Tra innovazione e tradizione, i coltivatori pontini di portano sul mercato varietà dolcissime, produttive, resistenti agli attacchi di parassiti e sicure dal punto di vista sanitario. Caravan, Zodiac, Melania e Sentinel sono le varietà che, nelle assolate campagne pontine, vanno per la maggiore.

Per cercare di capire cosa stia succedendo e quale siano le prospettive future per questo frutto, che per il nostro Paese, secondo i dati di Cso Italy, vale una produzione annua di mezzo milione di tonnellate a cui, secondo altre stime, la pianura pontina contribuisce per il 50%, l'Associazione Dottori in Scienze Agrarie e Forestali (Adaf) della provincia di Latina ha interpellato Claudio Filosa, presidente della Cooperativa Latina Ortaggi in una interessante intervista che riportiamo integralmente. 

Nel settore della produzione del Cocomero Pontino le crisi di mercato risultano sempre più frequenti. Lei è tra i fautori dell’acquisizione del Marchio Pat e si sta battendo per fargli conseguire il marchio Igp. L’acquisizione di questo attestato potrebbe migliorare il marketing del Cocomero Pontino?  
Il marchio di qualità Igp non è un segno grafico da porre sul prodotto, è invece l’espressione dell’attività di un Consorzio di tutela che con l’aiuto di tutti i produttori e dei fondi comunitari si dovrà occupare di mettere in campo strategie di marketing e di comunicazione che consentiranno una stabilizzazione dei prezzi ed anche un miglior coordinamento della produzione stessa.  



Quali difficoltà ha trovato nel condividere la richiesta del marchio di qualità Igp agli operatori della filiera del Cocomero Pontino. Che cos’è che secondo lei non li convince?
Sono circa 70 le cooperative e 300 le aziende agricole che si dedicano alla coltivazione del Cocomero Pontino. Una produzione, che secondo le stima, e vale circa 100 milioni di euro l’anno. In questo ampio bacino ci sono molti che vorrebbero aderire all’iniziativa, ma prevale la diffidenza verso il nuovo, soprattutto - credo - verso l’eventuale burocratizzazione a cui le aziende dovrebbero poi sottoporsi per certificare l’appartenenza al marchio. Molti mi chiedono se “il gioco valga la candela”, io sono convinto di sì. Lo dimostrano bene i casi del Radicchio di Treviso, della Mela Val di Non, del Pomodoro di Pachino; tutti casi in cui i Consorzi hanno funzionato.  

Qualcuno osserva che le mutate condizioni medie nella composizione delle famiglie italiane ed europee abbiano cambiato le abitudini alimentari, è forse auspicabile che i produttori tentino anche un’innovazione di prodotto. Secondo lei è finito il tempo dei “cocomeri grandi"?
Dopo molti anni in realtà il cambiamento è già in atto. Sia nelle produzioni precoci in serra che in pieno campo, si comincia a produrre importanti quantitativi di cocomeri mini (2-3 kg) e midi (5-8 kg) per rispondere al cambiamento socio-economico che vede l’aumento del numero famiglie con uno o pochi componenti.

La recente offerta di una importante insegna della Gdo di cocomeri al prezzo d 1 centesimo al chilogrammo, sebbene giustificata per essere un “offerta a premio con contributo”, e i molti altri casi di offerte a prezzo ribassato contribuiscono a screditare in generale il prodotto?
Il cocomero secondo molte indagini statistiche è il frutto estivo più consumata dagli italiani ed è forse per questo che molte insegne decidono di attrarre i clienti offrendolo sui volantini a prezzi bassi. Certo, lo scopo non è certo quello di screditare il prodotto… ma purtroppo indicare un prezzo spesso al di sotto del costo di produzione finisce per svilire tutto il mercato. Se avessimo un Consorzio di tutela del marchio del Cocomero Pontino Igp, potrebbe senz’altro farsi promotore di un tavolo di confronto con la Gdo e il Mipaaf per trovare una soluzione anche normativa.

Fonte: Adaf Latina