Udite, udite: le castagne hanno un «Piano di settore»

Il Mipaaf traccia la strada. Ortofrutta Italia: «Urge investire su ricerca e digitalizzazione»

Udite, udite: le castagne hanno un «Piano di settore»
Tanti prodotti ortofrutticoli meriterebbero un piano strategico di settore. E - udite udite - alla fine qualche prodotto ce l'ha pure. Il Mipaaf ha ripreso in mano il vecchio Piano castagne, scaduto nel lontano 2013, e lo ha arricchito indicando criticità, obiettivi ed azioni chiave da sviluppare nei prossimi tre anni per tutelare e valorizzare la produzione nazionale. Il documento di sintesi del programma triennale è stato presentato giovedì scorso, in una riunione tecnica sulle castagne - organizzata dallo stesso ministero - che ha visto la partecipazione delle organizzazioni professionali agricole, dell’Organismo interprofessionale (Oi) Ortofrutta Italia e di rappresentanti delle Regioni e del mondo della ricerca e delle Università. Un primo passo per costruire insieme il futuro della castanicoltura italiana.

L’Italia, come si legge nella premessa della nuova bozza, è tra i principali produttori ed esportatori mondiali del frutto. In particolare, è il secondo esportatore mondiale per valore degli scambi e il terzo per quantità scambiate, dopo la Cina. Tuttavia, la sua importanza sui mercati esteri è sempre più minacciata dalla concorrenza estera. Sul mercato interno, la debolezza strutturale della produzione, caratterizzata da piccole aziende localizzate prevalentemente in montagna e collina, i mutati consumi alimentari e la crescente concorrenza asiatica minacciano la sopravvivenza di un settore che può garantire un’importante fonte di reddito e la tutela ambientale e paesaggistica dei territori". 

I castagneti sono inoltre costantemente minacciati da nuove emergenze fitosanitarie derivanti in massima parte da organismi e microrganismi nocivi provenienti da altre aree geografiche. Il repentino diffondersi delle infestazioni del Cinipide galligeno a tutto il territorio italiano e il conseguente impatto economico ed ambientale sulla castanicoltura hanno costituito al riguardo un chiaro esempio, mentre la recente recrudescenza del marciume bruno del frutto e del Mal dell’Inchiostro indicano i rischi legati ai cambiamenti climatici oltre che a un complesso di fattori ecologici ed ambientali. Il cui impatto nel prossimo futuro è ancora da ben definire. 



Il documento di sintesi del Piano (clicca qui per scaricarlo) delinea, in particolare, otto macro-aree su cui l'Italia andrà ad investire, quali: miglioramento delle tecniche colturali, recupero castagneti e nuovi impianti; tecniche di produzione e ricerca per il miglioramento della castanicoltura da frutto tradizionale; sviluppo di un moderno vivaismo castanicolo; valorizzazione delle cultivar della specie C. Sativa; miglioramento genetico per contrastare patogeni e cambiamenti climatici; difesa; valorizzazione della produzione legnosa e multifunzionalità; creazione di un inventario dei tipi di suoli della castanicoltura italiana, della loro fertilità e del loro grado di degrado.

"Gli obiettivi strategici nella castanicoltura da frutto riguardano la valorizzazione del prodotto sia nella qualità che nella quantità - sottolinea il Mipaaf nel dossier - Una efficiente organizzazione nella divulgazione delle tecniche tradizionali ancor oggi razionali ed efficaci e dei risultati delle sperimentazioni finalizzate alla messa a punto di tecniche innovative. E’ poi necessario prevedere un opportuno sostegno agli operatori, che devono possedere le conoscenze ed i mezzi necessari a incrementare la produttività dei castagneti tradizionali, a recuperare o sostituire quelli abbandonati o non produttivi, a realizzare nuovi impianti, in un’ottica di una castanicoltura sostenibile attenta alle problematiche fitosanitarie e ambientali, all’innovazione e alla multifunzionalità della specie".

Il lavoro del Mipaaf è stato accolto in maniera favorevole da Ortofrutta Italia. “Ci auguriamo che tutti i nostri soci contribuiranno in modo unico e costruttivo all’ulteriore definizione del Piano castagne”, spiega a Italiafruit News Giampaolo Rubinaccio, coordinatore della sezione frutta in guscio dell’Oi. Il quale auspica che il Mipaaf possa istituire anche in una Regione del Centro-Sud Italia (e non solo a Cuneo, come previsto dalla bozza) un Centro per la conservazione e la pre-moltiplicazione del castagno, che abbia la funzione di conservare in purezza le cultivar italiane iscritte al registro nazionale dei fruttiferi, fornendo i materiali di base certificati alla filiera vivaistica italiana.



Riguardo alla situazione del comparto nell'anno del Covid, Rubinaccio spiega come "nel 2020 la scomparsa del mercato dell’Horeca si è sovrapposta alla presenza di calibri medio-piccoli, con un crollo delle quotazioni nonostante l’annata non eccezionale sul piano delle rese produttive. Per il futuro è fondamentale investire sulla ricerca per comprendere come migliorare la shelf life del frutto e le tecniche di difesa dai carpofagi. Occorre poi portare le infrastrutture digitali anche nei luoghi di montagna, così da favorire una castanicoltura 4.0”. 

Ampia soddisfazione sul programma del Mipaaf è stata espressa dall’associazione Copagri, che precisa: “Il documento di sintesi, che andrà a costituire la base del Piano castanicolo, sottolinea con forza la necessità di arginare e contrastare con ogni mezzo scientifico a disposizione le avversità fitosanitarie che stanno mettendo a forte rischio la coltura. Particolare attenzione andrà poi riservata alla promozione e alla tutela della produzione nazionale, al lavoro in materia di meccanizzazione e alla necessaria distinzione tra la filiera da frutto da quella da legno, così da far rientrare quest’ultima nelle linee guida del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in materia di forestazione, cogliendo le indicazioni arrivate dalle Commissioni Agricoltura del Parlamento".

Per la Copagri è infine “molto importante seguire con attenzione le potenzialità racchiuse nei Psr regionali, fondamentali sia per la messa a dimora di nuovi impianti che per sfruttare le grandi potenzialità della meccanizzazione”.

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